Il filosofo francese Bernard-Henri Lévy ha pubblicato sulle pagine del quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung una riflessione sulla violenza nelle banlieue di tutta Francia. Da giorni, infatti, nella maggiori città, ma soprattutto alle porte di Parigi, numerosi manifestanti nel corso della notte manifestano con violenza, incendi e danni il loro disappunto per la morte del giovane Nahel, il 17enne ucciso dalla polizia ad un posto di blocco. Una notizia che ha fatto il giro del mondo, e che è diventata una sorta di pretesto per far scattare la violenza nelle banlieue francesi, intente a denunciare anche un certo atteggiamento delle autorità nei loro confronti, oltre alle condizioni svantaggiate in cui si trovano a vivere.



Il filosofo: “La violenza delle banlieue non va giustificata, ma capita”

Secondo il filosofo francese, la violenza delle banlieue, “per quanto terribile e ingiustificata sia stata la morte del giovane Nahel”, non può essere in alcun modo scusata perché, a conti fatti, diventa “un incubo per tutti“. Ma di contro, “allo stesso tempo dobbiamo resistere all’altro vento della follia, quello che soffia dall’estrema destra“, ovvero “colore che [dicono] che la chiusura delle frontiere e lo stop a tutta l’immigrazione sono l’unica risposta a tutto” perché si tratta di un pensiero altrettanto sbagliato.



Continuando il ragionamento sulla violenza nelle banlieue, infatti, il filosofo spiega che “come dopo un attacco islamista, è importante rifiutare le generalizzazioni e le mescolanza di singoli gruppi” sottolineando che “i giovani autori di violenza e le loto vittime vivono negli stessi quartieri”, ma nonostante questo “si trovano in posizioni opposte”. Davanti alle possibili minacce sottolinea l’importanza di “prepararsi ai disordini”, ma guardando al futuro, quando le violenze nelle banlieue si saranno spente, sogna di “creare un nuovo momento di unità nazionale“. Chiudendo, infine, sulle rivendicazioni dei sobborghi francesi sostiene che “non è vero che la Repubblica non ha fatto nulla per oltre 40 anni per migliorane la vita”, ma di contro sottolinea che ora “dobbiamo fare di più, molto di più, e dobbiamo prestare attenzione alla ripresa del dialogo tra giovani e polizia. L’eterna questione della disoccupazione di massa deve essere risolta e superata” arrivando a “rinnovare il legame sociale in modo che le banlieue smettano finalmente di essere zone maledette della Repubblica dove le bande fanno da padrone”.

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