I numeri sono impressionanti, scandalosi, danno l’idea della gravità e dell’urgenza. Dietro a quei numeri ci sono storie vere, donne che ogni giorno subiscono violenza: in tutto il mondo, si stima che circa il 35% delle donne sia vittima sessuale e non almeno una volta nella vita. Palermo ha giustamente sbattuto in prima pagina i colpevoli della mattanza su una ragazza diciannovenne, ma non è l’ultima vicenda di mostri che ci deve impegnare a dialogare con le istituzioni e le comunità locali per estirpare la violenza sulle donne come fatto socialmente e culturalmente accettato.
Il Ministro Valditara pensi a introdurre già nelle scuole primarie l’educazione al rispetto delle donne e non a portare nelle aule testimoni che hanno subito violenza. Per i colpevoli ci vogliono pene dure ed esemplari e non pietà e percorsi severi di rieducazione. Invocare il Codice rosso, che ha fallito il suo ruolo, sembra un’ilarità insopportabile. Bisogna creare “case sicure” dove le donne vittime di violenza possano essere accolte, protette e ricevere tutto l’aiuto di cui hanno bisogno perché è un elemento fondamentale.
Tra le novità principali del Decreto lavoro è previsto che le donne inserite in percorsi di fuoriuscita dalla violenza siano esentate dagli obblighi di attivazione sociale e lavorativa previsti per accedere all’Assegno di inclusione, come quello di accettare un lavoro entro gli 80 km, in caso di contratto a tempo determinato, o su tutto il territorio italiano nel caso di contratto a tempo indeterminato, pena la perdita del contributo. Finalmente è riconosciuta la possibilità di costituire nucleo familiare a sé stante, anche ai fini del calcolo dell’Isee. In altre parole, alle donne supportate dai Centri antiviolenza e dalle Case rifugio viene riconosciuta la loro effettiva situazione economico-patrimoniale, scollegandola a quella dell’autore di violenza, anche in assenza di un provvedimento giudiziario o del decreto di separazione dall’autore di violenza.
L’Assegno di inclusione avrà un importo di 500 euro al mese, a cui si aggiungono 280 euro mensili di contributo per l’affitto. Si tratta di cifre che possono aumentare nel caso in cui tutti i componenti della famiglia abbiano più di 67 anni o se siano presenti persone con grave disabilità. Si tratta, però, di criteri che limitano ancora in parte l’accesso a tutte le donne: la misura è prevista solo quelle con figli minori, quindi in caso non ne abbiano non hanno comunque accesso al sussidio, mentre la platea dovrebbe essere estesa. Inoltre, si parla di cifre ancora molto basse, per un massimo 6.000 euro all’anno, perché la misura va da 40 euro a 500 euro al mese. Se pensiamo all’ inflazione o ai costi di affitto case, sono ancora troppo pochi. Poi non va dimenticato che servirebbe estendere l’inclusione delle donne vittime di violenza anche per altri servizi di welfare come i criteri di accesso alle graduatorie per gli asili nido, per i loro figli. Lo stesso vale per altre misure locali.
Il reddito di libertà istituito nel 2020, se reso strutturale e finanziato adeguatamente, può colmare tale lacuna. Al momento, però, non è sufficiente: prevede 400 euro al mese, ma finora le risorse sono servite per aiutare 2.700 donne in 4 anni, mentre i dati Istat indicano che le donne che avrebbero bisogno, perché in condizioni di vulnerabilità socioeconomica, sono 21mila.
Vi è un’importante iniziativa a cui partecipare: è aperta la call for papers per la conferenza Implementing the Istanbul Convention. The role of the educational and academic system, la prima conferenza paneuropea dedicata all’attuazione della Convenzione di Istanbul, che si terrà presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca nei giorni di venerdì 27 e sabato 28 ottobre 2023. La conferenza è organizzata dall’Open Council of Europe Academic Networks (Ocean) e dalla rete accademica Unire (Università In REte contro la violenza di genere), con lo scopo di evidenziare il ruolo decisivo giocato dal sistema educativo e dall’istruzione superiore nell’attuazione della Convenzione di Istanbul, grazie alla creazione di reti transnazionali e di collaborazione tra chi lavora nel mondo accademico.
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