Nella giornata di ieri in quel di Milano – nella sede dell’Università Bicocca – sono stati presentati i risultati di uno studio sulla violenza contro le donne, condotto nell’ambito del progetto ‘U.O.Mo – Uomini, Orientamento e Monitoraggio’ con la partecipazione della Regione Lombardia e degli Ats milanesi: il punto di partenza sono tutte le segnalazioni pervenute al Centro di orientamento e monitoraggio che raccoglie le varie richieste di presa in carico degli uomini autori di violenza contro le donne. Il dato di partenza – sicuramente significativo e per nulla positivo – è che tra luglio 2021 e marzo dello scorso anno sono state presentate ai CeOM 178 domande di accesso da parte di autori di violenza o uomini a rischio di commetterne; con più del 60% riferito solamente agli ultimi due anni.



Nel documento presentato a Milano – che non è ancora stato pubblicato, ma è citato sia da Avvenire che da Il Giorno – si tratteggia anche l’identikit degli uomini violenti, stimando che più del 50% sono italiani e non sembrano appartenere a nessun ceto sociale particolarmente svantaggiato o avvantaggiato; con una buona eterogeneità anche per quanto riguarda la loro professione. Significativo – invece – che si stia abbassando sempre di più l’età degli uomini che compiono violenza contro le donne, spostando l’asticella dalla fascia d’età tra i 44 e i 54 anni a quella immediatamente precedente (31-40, pari al 40% dai casi), così come aumentano sempre di più i violentatori appena maggiorenni.



Violenza contro le donne, lo studio: “2 uomini su 3 non si sentono responsabili e incolpano le vittime”

Ancora più interessante è la seconda parte dello studio sulla violenza contro le donne che ha preso in esame – spiega sempre Avvenire – le 99 richieste di accesso volontario presentate dagli uomini violenti (e non, come tutte le altre, da tribunali, assistenti sociali e così via) scoprendo che la maggior parte accede ai percorsi di redenzione e – per così dire – ‘cura’ solamente per evitare processi o condanne: secondo lo studio sono circa 2 su 3 gli uomini spinti dai loro avvocati, così come il 70% del campione di 99 richieste aveva già un procedimento penale per violenza contro le donne attivo in un qualche tribunale milanese.



Un dato – spiega ad Avvenire Francesca Garbarino, vicepresidente del Centro italiano per la mediazione penale – che apre le porte alla strumentalizzazione dei percorsi anti-violenza rischiando addirittura di renderli del tutto inefficaci per lo scopo per cui sono stati pensati: “Ci sono uomini – spiegano – che accettano di seguire il percorso per evitare il carcere [e] si tratta di persone che spesso non hanno nemmeno la consapevolezza di commettere una violenza” arrivando – in altri casi – addirittura a dare la colpa alle donne vittime.