È agghiacciante quanto si legge nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere 13 agenti di Polizia penitenziaria del Beccaria (mentre altri 8, tra cui l’ex comandante dell’Istituto, sono stati sospesi dal servizio). Gli indagati sono in tutto 25, circa la metà degli agenti in servizio. Spedizioni punitive nei confronti di un ragazzo che aveva cercato di resistere a molestie sessuali di un agente, calci, e cinghiate ad un altro giovane che era stato previamente ammanettato e denudato, sputi e insulti a sfondo razzista a carico di un altro giovane ancora. “Un sistema consolidato di violenze reiterate, vessazioni, punizioni corporali ed umiliazioni”, recita il provvedimento emesso dal Gip di Milano. Certo esiste la presunzione di innocenza nel nostro sistema giuridico e i reati contestati agli indagati (tortura, maltrattamenti, lesioni, falso ideologico, tentata violenza sessuale) andranno provati, ma il Gip che ha emesso l’ordinanza riferisce di numerose testimonianze e di filmati.
La sopraffazione e la violenza in carcere è naturalmente un fenomeno sempre riprovevole, ma è ancor più detestabile se le vittime sono dei ragazzi.
Il procedimento penale minorile prevede che le norme del codice siano “applicate in modo adeguato alla personalità e alle esigenze educative del minorenne” (art. 1 codice minorile). Ed in questa direzione si muovono i giudici, gli esperti e gli assistenti sociali del Tribunale dei minorenni di Milano, che pur tra difficoltà organizzative enormi e carenze di organico decennali è riconosciuto come uno dei migliori uffici giudiziari del nostro Paese. Lavorano con passione e dedizione encomiabili con l’obiettivo di recuperare i ragazzi in difficoltà, fino a che si è ancora in tempo e prima che vengano risucchiati da contesti criminali da cui poi è difficile allontanarli. Ecco, tutto questo lavoro rischia di andare in fumo se i luoghi dove i giovani devono imparare a diventare uomini si trasformano in veri e propri lager.
Ma le istituzioni e la politica hanno trascurato in questi anni il Tribunale dei minorenni e tutto l’apparato che lo sostiene. I magistrati sono troppo pochi e così anche sono rilevanti le scoperture di organico tra cancellieri, educatori ed assistenti sociali. Il PNRR ha negato al Tribunale dei minorenni i rinforzi dell’ufficio del processo (personale assunto a tempo determinato destinato appunto a quasi tutti gli altri uffici giudiziari) e il processo telematico è in grave ritardo rispetto al Tribunale ordinario. E anche le comunità di accoglienza e gli IPM (le carceri per minori) soffrono per il sovraffollamento e per carenze di personale come e se non più delle case di reclusione dei maggiorenni.
Solo un anno fa don Gino Rigoldi, in occasione della fuga di sette ragazzi dal Beccaria, ricordava che i lavori di ristrutturazione dell’istituto erano durati oltre tre lustri e che il direttore mancava da 20 anni. Finalmente poi un dirigente è arrivato. Dalle intercettazioni che hanno portato all’arresto dei 13 poliziotti si apprende che “il nuovo direttore del Beccaria sta facendo sul serio e vuol prendere provvedimenti”. Insomma, non ci voleva molto a capire che era necessario nominare il dirigente per migliorare la situazione.
Ma è tutto il sistema carcerario italiano in sofferenza. Il tasso di affollamento degli istituti di detenzione lombardi calcolato sui posti ufficiali (e non su quelli disponibili) è del 147% in Lombardia. E dall’inizio dell’anno ci sono stati già 30 suicidi a fronte dei 70 che si sono tolti la vita in tutto il 2023.
Bisogna correre ai ripari. Occorrono misure urgenti per decongestionare le carceri e ridurre il sovraffollamento. E serve farlo in fretta. L’indulto potrebbe essere una soluzione.
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