La commissione dell’Organizzazione mondiale dalla sanità (Oms) ha preso tempo per decidere se considerare il nuovo Coronavirus un’emergenza globale. La decisione è difficile e ha conseguenze devastanti, sia nel caso di sottovalutazione sia di sopravvalutazione. Gli interventi da attuare per impedire a questo focolaio di espandersi sono quelli della storia della sanità pubblica del passato, quelli raccontati dal Manzoni nei Promessi Sposi: isolamento dei malati, quarantena dei contatti, blocco degli spostamenti.



Credo che tutti ricordino il caso della pandemia da virus dell’influenza A/H1N1 con polemiche che hanno investito la stessa Oms e le istituzioni, tacciate di aver ecceduto negli interventi per interessi nascosti quando la situazione si è poi dimostrata meno pericolosa del previsto. La situazione impaurisce proprio per un effetto-paradosso, richiama tutta una filmografia horror che da anni riporta nell’immaginario collettivo scenari catastrofici.



Pur nella tristezza legata alle morti e alle sofferenze, ritengo che oggi rispetto al passato questa situazione sia da guardare in positivo, ovvero nella capacità di aver individuato il classico “ago in un pagliaio”, cioè un piccolo focolaio che credo potremo controllare come è successo con la Sars nel 2002-2003 e grazie alle esperienze maturate sul campo quando sono state affrontate le passate emergenze, la Sars appunto, ma anche l’aviaria e il virus A/H1N1. Nel secolo scorso abbiamo subito l’influenza spagnola, l’asiatica, la Hong Kong, non potendo far altro che subirne gli effetti.



La raccomandazione per la popolazione è quella di non cadere in psicosi ingiustificate: un orientale che starnutisca in Italia sta sicuramente subendo la “nostra” influenza! È possibile, peraltro, che casi importati arrivino nel nostro paese, ma il ministero della Sanità è attrezzato per far fronte a questa situazione.

La partita oggi si gioca in Cina, che questa volta sembra stia collaborando per cercare di bloccare sul nascere la diffusione di questo virus.

La preoccupazione che abbiamo è di ulteriori mutazioni nell’adattamento all’uomo di questo virus, che ben conosciamo ed è diffuso tra molte specie animali. Ma co sono buone ragioni per restare ottimisti.