Almeno il 90% della popolazione entra in contatto col virus di Epstein Bar (EBV) almeno una volta nel corso della sua vita. Stiamo parlando della banalissima mononucleosi, meglio nota anche come ‘malattia del bacio’, che solitamente non necessita nemmeno di alcun trattamento farmacologico, retrocendo autonomamente una volta esaurito il suo decorso. Da tempo però si stanno sempre più evidenziando su alcuni individui correlazioni con lo sviluppo della sclerosi multipla. E un recente studio avrebbe aggiunto un tassello in più nella ricerca della causa scatenante.
Come riporta il The Guardian, infatti, un gruppo di ricercatori del Karolinska Institutet in Svezia ha pubblicato una ricerca su Science Advances in base alla quale alcuni soggetti avrebbero anticorpi contro il virus di Epstein Bar che andrebbero ad attaccare erroneamente una proteina nel cervello e nel midollo spinale causando danni, scatenando così la sclerosi multipla. Se dunque fino ad alcuni anni fa si sapeva ancora poco riguardo questo legame, ora la ricerca è riuscita a fare un passo aggiuntivo nella circoscrizione del fenomeno.
Virus Epstein Bar resta latente nel corpo e può scatenare la sclerosi multipla
“La SM è una malattia incredibilmente complessa, ma il nostro studio fornisce un pezzo importante del puzzle e potrebbe spiegare perché alcune persone la sviluppano”, afferma Olivia Thomas, ricercatrice post-dottorato presso il Dipartimento di Neuroscienze Cliniche, Karolinska Institutet e co-prima autrice dello studio in oggetto. Tutto partirebbe dal fatto che il virus di Epstein Bar, dopo aver infettato le persone in età infantile, potrebbe restare latente nell’organismo senza sviluppare sintomi, scatenando la reazione degli anticorpi che però devierebbero la loro azione danneggiando il sistema nervoso.
“Sebbene queste risposte anticorpali non siano sempre necessarie per lo sviluppo della malattia, possono essere coinvolte nella malattia in fino a un quarto dei pazienti con SM”, ha affermato sempre Olivia Thomas. “Ciò dimostra anche l’elevata variazione tra i pazienti, evidenziando la necessità di terapie personalizzate. Le attuali terapie sono efficaci nel ridurre le ricadute nella SM, ma sfortunatamente nessuna può impedire la progressione della malattia”.