“Bisogna chiedersi da dove arrivano le notizie: se arrivano da agenzie stampa dei paesi occidentali, è chiaro ed evidente che accuseranno sempre la Cina”. Così afferma l’ex ambasciatore italiano in Cina, Alberto Bradanini, in questa intervista al Sussidiario. La notizia in questione è stata diffusa da alcuni ricercatori dell’Università di Harvard negli Stati Uniti, che hanno analizzato i dati di alcuni satelliti. Dalle foto si deduce che i parcheggi degli ospedali di Wuhan già a partire dallo scorso agosto erano intasati di vetture. Il 10 ottobre, ad esempio, davanti al Tianyuou Hospital c’era il 67% in più di auto rispetto allo stesso giorno dell’anno precedente. E in altri ospedali addirittura ad agosto si arrivava al 90% di veicoli in più. Chiaro: uno non va in ospedale se non sta male. Non solo: il controllo del traffico su internet dimostra che in quello stesso periodo si è verificato un picco di ricerche delle parole legate ai sintomi tipici del coronavirus, come tosse, difficoltà respiratoria, diarrea.
Queste prove, secondo lei, stanno a significare che l’epidemia era esplosa a Wuhan già in estate ed è stata tenuta segreta?
A mio avviso, siamo di fronte a una scoperta come tante altre sul virus, ad esempio quando si disse che alcuni soldati americani ai Giochi militari mondiali di Wuhan si erano ammalati di una strana polmonite, definita l’antenata del virus. Altra considerazione da farsi è chiedersi: queste notizie da dove vengono? Vengono dalla parte avversa alla Cina, hanno natura politica. Le informazioni vengono create da chi ha il predominio dell’informazione e chi ce l’ha oggi in tutto il mondo al 95%? Reuters, Associated Press e France-Presse, tre agenzie di paesi occidentali avversi alla Cina. Se l’informazione viene da queste fonti, voltiamo pagina.
Difficile voltare pagina davanti a quello che stiamo vivendo. Qui si cerca di capire cosa ha provocato la peggiore epidemia degli ultimi cento anni, non crede?
È possibile che la Cina nasconda qualcosa, ha sicuramente ritardato l’annuncio di questo virus di alcune settimane. Lo ha fatto perché temeva contraccolpi sull’economia, il sistema burocratico cinese è molto centralizzato e dalla provincia al vertice hanno avuto paura di dichiarare lo stato endemico. E ci sono altre ragioni ancora. Ma il sistema cinese, proprio perché verticalizzato, ha reagito molto bene, anche se in maniera draconiana: sono stati tenuti sotto chiave 12 milioni di abitanti a Wuhan.
Per cui quale atteggiamento consiglia davanti a queste notizie?
Non chiudiamo gli occhi, dobbiamo avere l’oggettività necessaria per riuscire a capire quello che succede intorno a noi, perché non dobbiamo essere né anti-americani né anti-cinesi, ma a favore della verità.
Cosa pensa delle accuse americane all’Oms troppo influenzata dalla Cina?
L’Oms subisce l’influenza di chi finanzia, come succede in tutte le organizzazioni delle Nazioni Unite. E gli Stati Uniti sono il paese che ha più influenze internazionali, anche se adesso si sono dichiarati fuori, ma sicuramente il prossimo presidente annuncerà il ritorno, magari firmando il nuovo contributo. Chi finanzia controlla, ma non vuol dire decidere cosa si fa o non si fa. Tra l’altro all’Oms lavorano più americani che studiosi di altri paesi. E sanno benissimo quello che succede all’interno. Siamo davanti a una manovra politica americana, paese che ha la pretesa di dominare il mondo con 330 milioni di abitanti contro 7 miliardi.
Si dice che il virus sia stato prodotto in laboratorio. Secondo lei?
I cinesi non lo hanno fatto deliberatamente, è capitato a loro, potrebbe capitare a tutti noi.
Però gli ultimi tre virus sono arrivati tutti dalla Cina. Solo una coincidenza?
Ebola è arrivato dal Medio Oriente, l’Hiv dall’America, la spagnola dall’America: ognuno ha negli armadi scheletri involontari. I cinesi, piuttosto, andrebbero incoraggiati se mai l’Oms dovesse fare qualcosa in questo senso.
(Paolo Vites)