È pronto ad arrivare sul mercato italiano il nuovissimo farmaco monoclonale di Sanofi che si presenta come un’alternativa a tutto tondo per combattere il virus sinciziale che ogni anno colpisce migliaia di bambini causando – nei casi peggiori – bronchioliti e polmoniti potenzialmente letali: un’ottima notizia, insomma, specialmente con la riapertura delle scuole e l’avanzare della stagione fredda caratterizzata dai classici virus respiratori; ma che apre anche ad alcuni dubbi sulla strategia messa in atto dall’azienda francese che – sul nostro territorio – ha tentato in ogni modo di fare cassa alle spalle dello Stato.



Per capire meglio di cosa stiamo parlando è bene fare un passo indietro e ricordare che del farmaco di Sanofi contro il virus sinciziale (che non può essere definito un vaccino) se ne parla già almeno dallo scorso febbraio quando l’azienda francese ottenne – su sua precisa richiesta – dall’Aifa l’inserimento nella cosiddetta Fascia C dei farmaci che include tutti quei composti non coperti dal Sistema sanitario nazionale e a carico dell’acquirente finale: una scelta legittima e che – da protocollo – è stata accettata dall’Aifa.



La strategia di Sanofi: si punta ad incassare 100 milioni grazie al farmaco per il virus sinciziale

Facendo ancora un altro passetto indietro, quando un farmaco qualsiasi entra sul mercato italiano le aziende possono decidere – differentemente da quanto fatto da Sanofi – di accordare la vendita a carico dello stato: in questo caso però si rientra in un circolo eterno di fondi e ritardi che spesso lasciano la case produttrici a bocca asciutta per diversi mesi prima di riuscire a sbloccare dei fondi ed è proprio qui che ‘casca l’asino’ della scelta strategica fatta dall’azienda francese per il suo farmaco contro il virus sinciziale.



Saltando il tassello delle trattative con Aifa – infatti – Sanofi ha avuto carta bianca per definire il prezzo di vendita e nel frattempo (rivela il Fatto Quotidiano) si è mossa nell’ombra per prendere accordi con le varie Regioni che ne facevano richiesta: attualmente una dose del farmaco francese viaggia tra i 220 e i 250 euro a dose e sono molti gli esperti a dirsi certi che in un’ipotetica trattativa con l’Agenzia del farmaco il prezzo sarebbe sceso notevolmente; ma tutto questo per l’azienda francese si tradurrà in qualcosa come 100 milioni di euro di guadagni nel caso (fortuito, dato il costo proibitivo) in cui tutti e 370mila nuovi nati lo scorso anno chiedessero l’immunizzazione.