Renzi è riuscito in un capolavoro politico al contrario: ha risuscitato il centrodestra, sdoganato l’alleanza con M5s e aperto il canale Grillo-Zingaretti
Ci sono dei leader che anche se inanellano una sconfitta dietro l’altra sono considerati comunque molto bravi.
“È il ritorno della politica”, “è uno che ne capisce”, “l’unico stratega di cui dispone la politica italiana” sono i giudizi, assai moderati, espressi in questi giorni da illustri politologi dopo la sortita di Matteo Renzi. In passato stessa sorte era toccata a Mario Segni, o – esempio forse più calzante – a Massimo D’Alema.
Questi uomini politici piuttosto che essere valutati per gli effettivi risultati ottenuti, sono considerati dei “piccoli Napoleone”, in grado di ribaltare le battaglie con l’astuzia e il periglio. Anche se in realtà non ci sono mai riusciti. Godono per questo motivo del sostegno incondizionato di schiere di fedeli che seguono il loro leader in ogni avventura, e sono pronti a cambiare opinione solo per il fatto che il loro capo lo ha testé fatto.
Esemplare la vicenda di queste ore, dove in pochi minuti migliaia di tweet e fiumi di dichiarazioni spesi contro ogni ipotesi di accordo tra il Pd e il Movimento 5 Stelle sono stati velocemente archiviati per lasciare il posto a prese di posizione di stima per il loro leader che, unico politico in vita che capisce qualcosa di strategia e di tattica, ha indicato con un tweet di 15 parole che era giunto il momento di “strambare”, fare cioè direttamente rotta verso un accordo con gli odiati nemici.
Essi non ammetteranno mai che il loro leader ha preso un’altra cantonata, e nel giro di un paio di giorni si è dovuto rimangiare ogni velleità da protagonista e rimettere nel cassetto l’ipotesi di farsi un nuovo partito.
Il primo disastro lo ha causato in casa del centro-destra. Salvini con tenacia aveva per mesi cercato di mettersi alle spalle l’alleanza con Berlusconi e archiviare una volta per tutte la stagione dei Brunetta e dei Gianni Letta. È bastato che il giovane senatore fiorentino cominciasse a chiamare ad uno ad uno i parlamentari di Forza Italia, promettendo loro mari e monti in cambio del passaggio al nascente partito, per spingere il Cavaliere – furioso, secondo i bene informati – a stringere con Salvini un patto di ferro e a sostenerlo nello scontro parlamentare che si prefigura nei prossimi giorni. Ottimo risultato, davvero, aver così resuscitato con una sola mossa il centro-destra!
Il secondo disastro lo ha prodotto in casa sua. L’aver così repentinamente sdoganato il tema di un accordo con i 5 Stelle ha ottenuto il risultato di far arrabbiare una parte del suo ex giglio magico, sempre meno disposto a fare la figura delle pecorelle. Ma ha anche tolto ogni alibi a chi dentro il Pd l’accordo con i 5 Stelle voleva farlo da tempo, e la cosa come sappiamo non riguarda solo gli amici di Franceschini.
Corre voce che ieri notte Renzi si sia trovato a contare quanti gli fossero realmente fedeli e si sia reso conto che al momento non gli restano neanche una trentina di parlamentari. È in fuga il gruppo di Lotti e Guerini, che tutto sommato hanno visto in questi mesi riconosciuta la loro rappresentanza. Non hanno nessuna intenzione di seguire Renzi sulla linea della rottura neanche i senatori e deputati del gruppo Giachetti-Ascani, che se proprio bisogna rompere preferirebbero non doverlo fare per un governo con Di Maio e compagnia bella.
Ed eccoci al terzo ed ultimo disastro. Anche tra i 5 Stelle l’idea di trattare con l’ex premier non è stata proprio presa bene, e la questione come sappiamo è stata avocata direttamente dai garanti, come ha tenuto a precisare Grillo in persona. Così è stato deciso che se andava stabilita una linea di contatto con il Pd questa doveva essere direttamente con il segretario Zingaretti. A cui è stato già detto che ogni accordo è possibile, ma a condizione di una totale esclusione di Renzi e dei suoi. Che a quel punto potrebbe solo ingoiare il rospo, visto le cose dette in questi giorni.
Molti diranno che il giovane era nel giusto ma è stato incompreso ancora una volta. Altri sosterranno che Renzi si è immolato per difendere la democrazia in pericolo. C’è chi è pronto a scommettere che senza la sua sortita Salvini era già in campagna elettorale. Più semplicemente essi dovrebbero prendere atto che seguono come tifosi un leader sconfitto, testardamente alla ricerca di una rivincita impossibile.