Nonostante l’evidente avvicinamento di queste ultime settimane grazie a battaglie comuni come quelle sul salario minimo e la sanità, tra il Pd di Elly Schlein e i 5 Stelle di Giuseppe Conte rimangono alcune zone “sensibili” dove le distanze sembrano davvero incolmabili. Tra queste la più calda è sicuramente la Rai. Quando di mezzo ci sono le manovre per piazzare un proprio uomo o una propria donna in posti chiave del mondo televisivo pubblico, sembra non esserci strategia unitaria in grado di resistere.
Il caso è esploso l’altro giorno in Commissione vigilanza, presieduta proprio dalla grillina Barbara Floridia, quando le opposizioni – con grande soddisfazione della maggioranza – si sono letteralmente prese a randellate sul testo finale del nuovo contratto di servizio. Per i 5 Stelle, che hanno votato a favore, si tratta di un documento che ha recepito gran parte delle questioni da loro sollevate, a cominciare dalla tutela degli spazi riservati al giornalismo d’inchiesta. Per Pd, Italia viva, Sinistra e Verdi, che hanno bocciato il testo (Azione invece si è astenuta), si è trattato di respingere ancora una volta l’ennesimo tentativo della maggioranza di centrodestra di assoggettare la Rai ai diktat del governo.
Inutile dire che dopo il voto si è scatenato tra i vari partiti un vero e proprio fuoco incrociato, carico di sospetti e allusioni. Del resto i 5 Stelle sin dal primo momento hanno fatto gioco a sé. Memori delle penalizzazioni subite durante la gestione Draghi, come molti sospettano, hanno stabilito un rapporto diretto con la Meloni, cercando di salvaguardare alcune loro posizioni storiche e di strappare qualche altra casella, come una vice direzione del Tg1. Che dall’altro lato il Pd sia stato in questi mesi il partito più penalizzato dall’arrivo del nuovo Governo, considerato il peso esorbitante esercitato in Rai in questi ultimi anni, è altrettanto certo e non richiede a conferma un elenco di personaggi defenestrati.
Va anche aggiunto che in questi anni chi nel Pd ha monopolizzato il ruolo di referente per i vertici dell’azienda di viale Mazzini poco ha da spartire con la nuova gestione di Elly Schlein. Sono proprio loro (Nicita, Graziano) tutti ex franceschiniani, pronti a flirtare con gli amici renziani. Di conseguenza la segretaria non ha dimostrato in questi mesi di voler assecondare i giochetti del passato, e ha in varie occasioni tolto – senza pensarci due volte – la rappresentanza che queste persone esercitavano a nome del Pd, isolando e lasciando al suo destino chi in azienda millantava il sostegno del principale partito di opposizione. È anche vero che in questi mesi l’emorragia di volti noti ha letteralmente cambiato il quadro dei principali conduttori dei programmi informativi, da Fazio alla Annunziata, da Mannoni a Serena Bortone, tutti in varia misura legati al Pd.
Ci sono di mezzo le prossime europee? Sicuramente i partiti si preparano a condurre le prossime elezioni in un contesto dove ciascuno andrà da solo e si troverà di fatto contro tutti gli altri, per cui si cercano disperatamente aree di confort e spazi di visibilità. Ecco perché la Rai è un campo neutrale dove ognuno gioca una propria partita.
Quello che è certo è che le opposizioni non hanno fretta a stringere accordi, e soprattutto Pd e 5 Stelle non hanno interesse a cannibalizzare i rispettivi elettorati, cercando ognuno di rafforzarsi all’interno del proprio perimetro di riferimento.
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