E all’improvviso si scoprì che il gigante aveva i piedi d’argilla. Accade su un tema delicatissimo, la scuola, che tocca milioni di italiani, fra studenti, famiglie e insegnanti. Accade che un presidente del Consiglio descritto come al vertice degli indici di popolarità balbetti accanto a una titolare del dicastero dell’Istruzione che manifesta una totale assenza di controllo della situazione, sproloquiando intorno al ritorno in classe a settembre sul qual ci sono poche idee, e pure confuse.



Sulla scuola Giuseppe Conte si gioca molto di quel consenso che ha tesaurizzato nelle settimane del lockdown, e che però è sembrato già entrare in crisi su altri temi chiave post emergenza. Un crollo sul versante comunicativo che va a coincidere con una capacità di governare sempre più latitante.

Il caos di indicazioni sulla scuola è almeno il terzo episodio clamoroso di appannamento dalla doppia valenza, comunicativa e sostanziale. È accaduto lo stesso con gli Stati generali, di cui è passata l’immagine di una sterile sfilata di categorie con il cappello in mano davanti a un governo senza idee. E a margine della stessa consultazione il passo falso sul taglio dell’Iva, smentito e depotenziato da tutti gli attori in campo, dagli alleati del Pd al ministero dell’Economia.



Nei corridoi dei palazzi romani si comincia a sussurrare che Conte stia conoscendo una parabola sempre più somigliante a quella di Matteo Renzi: al principio suscitare grandi entusiasmi qualunque cosa si dica, da un certo punto in avanti finire nell’occhio del ciclone delle critiche persino in occasione di decisioni condivisibili. Per Conte il punto di svolta potrebbe essere stato la fine dell’emergenza da coronavirus, e l’avvio della fase di ripresa post-Covid.

È presto per dire se il tesoretto di consensi personali verrà rapidamente consumato, come accadde per il fondatore di Italia Viva ai tempi in cui sedeva a Palazzo Chigi. Ma di fronte al premier in carica sembrano aprirsi due scenari entrambi sfavorevoli, a cui dovrà tentare di opporsi per non finire disarcionato.



Del primo si hanno le avvisaglie in Senato, con la lenta transumanza di grillini delusi verso la Lega. I numeri certi della maggioranza sono sempre più a rischio: ancora una manciata di partenze, e il governo rischia di doversi reggere grazie a qualche voto pescato di volta in volta nella nebulosa del gruppo misto e grazie all’apporto di un paio di senatori a vita, come Monti e la Cattaneo. Il timore degli uomini più avvezzi a maneggiare i numeri è che vi possa essere un forcing nelle prossime due settimane, perché se si dovesse aprire una crisi di governo sino al 10 luglio circa ci sarebbe la teorica possibilità di precipitare verso lo scioglimento delle Camere e l’abbinamento fra elezioni politiche e regionali il 20 settembre.

È uno scenario poco probabile, ma non impossibile, visto che prima delle regionali Berlusconi non potrebbe andare in soccorso al governo: verrebbe ipso facto sbarcato da tutte le giunte, e i suoi non lo seguirebbero.

Lo scenario è destinato a cambiare quando la micro finestra elettorale di settembre si chiuderà. Allora i rischi per Conte potrebbero cominciare a venire dall’interno della sua maggioranza, dove potrebbe prevalere chi intende disarcionarlo, per sostituirlo con un altro premier (Franceschini, ad esempio), e magari con un “soccorso azzurro” (ufficiale o mascherato da responsabili), in linea con una riproposizione di una maggioranza “Ursula”, chiamata a compiere scelte dolorose come il via libera al Mes.

E per maggioranza “Ursula” si intende uno schieramento filoeuropeista, come quello che ha portato al sì dell’Europarlamento alla Von der Leyen un anno fa, con i voti (per quanto riguarda l’Italia) di Pd, M5s e, appunto, Forza Italia. Certo, per i grillini votare insieme ai berlusconiani è formula indigesta, meglio sarebbe l’apporto di una pattuglia di responsabili.

Questo secondo scenario è per Conte talmente insidioso che da giorni i retroscena dei giornali traboccano di indiscrezioni su contatti diretti fra il premier e il Cavaliere: prima di innalzare bandiera bianca, il premier è intenzionato a gestire lui questa fase in cui il suo governo o si rafforza con uno deciso scatto in avanti, oppure rischia di colare a picco al primo scoglio serio.