Che l’Associazione nazionale magistrati (Anm) finisca in crisi per colpa delle intercettazioni telefoniche ha del paradossale, ma tant’è. Ma le ultime rivelazioni, quelle che vedono il leader della Lega Salvini al centro di un’orchestrata campagna ostile, sono solo l’ultima goccia di un vaso che da un anno ormai è andato sempre più riempiendosi. E che ora trabocca, riportando di attualità il nodo mai sciolto dei rapporti perversi fra politica e giustizia.



Non è parso vero al ministro Alfonso Bonafede poter uscire dall’angolo in cui lo avevano cacciato le pesanti accuse del Pm antimafia Nino Di Matteo annunciando un’imminente riforma del Consiglio superiore della magistratura (Csm), finito nell’estate scorsa nell’occhio del ciclone dopo altre intercettazioni che scoperchiavano il pentolone dello spartizione degli incarichi giudiziari fra le correnti. Indagine che non solo segnò l’inizio del crepuscolo per il potentissimo Luca Palamara, ma che portò addirittura al pensionamento anticipato del procuratore generale della Corte di Cassazione, Riccardo Fuzio.



Allora il Csm barcollò paurosamente, ma non crollò per un input abbastanza preciso di cui forse il presidente Mattarella con il senno del poi potrebbe anche essersi pentito. Il Capo dello Stato valutò controproducente arrivare allo scioglimento del Csm e al suo rinnovo con lo stesso sistema elettorale tagliato su misura per esaltare il potere delle correnti. Ma quella riforma il Parlamento non l’ha fatta, e i comportamenti delle toghe non sembrano cambiati.

Bonafede riparte da qui, dalla necessità di un sistema elettorale differente. Quale non è chiaro, ma nelle sue dichiarazioni per fortuna non c’è traccia della più bislacca delle idee grilline, il sorteggio. Il guardasigilli promette anche prescrizioni che leghino le nomine agli incarichi direttivi solo al merito, e non all’appartenenza correntizia, oltre alla fine delle “porte girevoli” fra la magistratura e altri incarichi come la politica, per evitare quelle influenze così evidenti fra due mondi che dovrebbero, invece, rimanere rigorosamente separati.



Siamo solo all’inizio della discussione, e già trovare la quadra dentro la maggioranza sarà un’impresa. Dal dibattito parlamentare sulla sfiducia individuale nei suoi confronti Bonafede è uscito dimezzato. Per il Pd e per i renziani il prezzo del no è l’apertura di una fase nuova, decisamente meno giustizialista. Una fase che a naso rischia di essere l’esatto opposto di quel che gli servirebbe per riformare il Csm nella direzione che il ministro vorrebbe. Sarà l’ennesima patata bollente per una maggiorana litigiosa e che fatica a trovare l’intesa praticamente su ogni argomento. Esemplare il vertice di ieri sera sulla scuola, convocato dal premier Conte in orario che definire inusuale è poco, le 23.00.

Nei prossimi mesi è facile prevedere che la giustizia tornerà a essere materia incandescente, anche perché l’opposizione di centrodestra non si accontenterà di una riformetta di facciata sui meccanismi di nomina del Csm. Salvini ha alzato il tiro, chiamando il Quirinale a garante dei processi che lo aspettano, prima scadenza domani, martedì, quando in giunta per le autorizzazioni in Senato si vota sulla richiesta di processo per sequestro di persona avanzata dal Tribunale dei ministri di Palermo per la vicenda del ritardato sbarco dei migranti dalla nave Open Arms dello scorso agosto. 

Dopo una denuncia tanto grave probabilmente Salvini si attendeva un segnale dal Quirinale. Ancora non è venuto, ma potrebbe esserci fra qualche giorno, quando (non c’è ancora una data) Mattarella si recherà a Palazzo dei Marescialli a presiedere un plenum del Csm. Un anno fa il presidente fu durissimo nei toni: “Quanto avvenuto – disse il 21 giugno – ha prodotto conseguenze gravemente negative per il prestigio e per l’autorevolezza non soltanto di questo Consiglio ma anche per il prestigio e l’autorevolezza dell’intero Ordine Giudiziario; la cui credibilità e la cui capacità di riscuotere fiducia sono indispensabili al sistema costituzionale e alla vita della Repubblica”.

Quel monito è rimasto sostanzialmente inascoltato, il prestigio della magistratura è sceso ancora, minando la fiducia che i cittadini devono avere nella giustizia. Difficile che il presidente possa tacere.