Le attese della fase 2 di un intero paese svaniscono al tramonto. Al massimo quella descritta dal premier nell’ennesima diretta tv in ora di punta è una fase uno e mezzo, con infiniti problemi da risolvere, rinviati o accantonati. Ci ha messo mezz’ora buona Giuseppe Conte ad arrivare agli annunci veri, quelli inerenti alle riaperture. Li ha fatto precedere da un’infinita sfilza di puntualizzazioni compiaciute sulle cose fatte, spesso recitate in prima persona. Cose già risapute, ma che servivano a indorare la pillola.



Quando è arrivato al dunque, ha deluso i più. Dal 4 maggio le porte della ripresa saranno appena socchiuse: ripartono la manifattura, le costruzioni e il commercio all’ingrosso. Per il resto ci sarà da aspettare ancora, spesso più di quanto non si potesse immaginare.

Dal 18 maggio riapriranno bar e ristoranti, ma solo per cibo da asporto, così come i musei, ma le messe no. Permessi solo i funerali, con il limite di 15 congiunti presenti. La prima reazione polemica è quella della Cei, durissima: “I vescovi italiani – hanno scritto in una nota – non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto”. E la ministra per la Famiglia, la renziana Bonetti, si è subito accodata, parlando di decisione incomprensibile e da cambiare. Idem il Pd, con Delrio. Così a tarda sera Palazzo Chigi annuncia che ci sarà un ripensamento.



Di fatto per i cittadini cambia poco: si comincia a ritornare a lavorare, ma nulla è stato spiegato intorno alla prosecuzione dello smart working per chi può farlo. Non una parola poi sul punto più dolente sul tavolo degli esperti, la riorganizzazione del trasporto pubblico, che nelle grandi città rischia di diventare esplosivo.

Si potrà andare a trovare i parenti, ma non gli amici. E si potrà farlo solo nell’ambito della Regione in cui si risiede, non la vecchia mamma al paesello. Scuole chiuse almeno sino a settembre, con buona pace dei problemi delle famiglie con figli piccoli, che avranno difficoltà con il ritorno al lavoro.



Non una parole poi sulla app “Immuni”, che sembrava la chiave di volta della possibilità di riacquistare libertà di movimento. Non si capisce se sia stata accantonata per sempre, di fronte ai nodi giuridici emersi, oppure no.

L’impossibilità del premier di dare una risposta ai tifosi del calcio sulla possibilità o meno di ripresa del campionato fotografa in modo impietoso un governo apparso in stato confusionale, incapace di trasmettere l’idea di avere in mente come gestire il riavvio del paese. Su Palazzo Chigi sono piovute le critiche dei sindaci (De Caro, presidente Anci, ammette che si aspettavano di più), dei governatori, della Confindustria del neopresidente Bonomi, già sul piede di guerra.

E se dentro la maggioranza è evidente la delusione dei renziani, dalle opposizioni arrivano bocciature a raffica all’approccio di Conte. Scontate per Salvini e Meloni, un po’ meno per Forza Italia, indiziata numero uno di un sottile gioco di sponda con il premier. Se il vice di Berlusconi, Tajani, dice che a Palazzo Chigi la confusione regna sovrana, difficile immaginare “soccorsi azzurri” in questa fase.

Dopo una domenica passata a cullarsi sugli allori del sondaggio del Corriere della Sera che dava la popolarità di Conte e del governo ai massimi, e quella della Lega ai minimi, il risveglio potrebbe essere molto duro per la squadra del premier. L’impressione trasmessa in tv è che non si sia fatto abbastanza nelle settimane passate per preparare adeguatamente alla fase 2. L’esecutivo sembra finito stretto in una morsa fra l’esigenza di riaccendere il motore produttivo del paese (per usare la definizione dello stesso Conte) e la cautela logica dei medici e degli scienziati. La sensazione che gli altri paesi, nostri concorrenti, siano più avanti di noi.

Peccato che lo spazio fra le indicazioni tecniche e quelle dell’economia sia esattamente ciò che si chiama politica. Quello in cui chi è chiamato a responsabilità di governo deve assumersi le proprie responsabilità. Scaricarle non è sempre possibile. Prima o poi questo gioco è destinato a finire. E si possono creare scenari diversi da quelli che hanno provocato tanta delusione.

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