L’attacco di domenica contro Berlusconi sembra il coronamento di una lunga saga, l’episodio di violenza che conclude il derby dei tifosi dagli animi esasperati, tutti violentemente pronti e l’un contro l’altro armati. Dietro, dispersa in meandri sconosciuti e dimenticati, c’è la politica.

Per avere una conferma di questo basta guardare ai quotidiani italiani degli ultimi giorni, erano pieni di alchimie numerico elettorali tutte tese contro Berlusconi. Casini dice: mettiamoci con la sinistra di Bersani, e quest’ultimo risponde: benvenuti, così abbiamo i numeri per essere il primo partito d’Italia, e pensa alla somma delle percentuali che potrebbe tradursi in deputatini di piombo nella conta del parlamento. Fini anche batte i pugni sul tavolo e spiega, dati alla mano, che senza i suoi non c’è maggioranza ed è bene che Berlusconi ci faccia e si faccia i conti.

In realtà in questa contabilità elettorale è completamente sparita la ragione per cui un elettore, il mattoncino di base vero della democrazia, dovrebbe votare per l’uno o per l’altro. La politica sembra una specie di campionato di calcio dove gli elettori, come i tifosi, scelgono la propria squadra e non si spostano da quella. Anzi guai a cambiare idea perché si diventa traditori a tifare un po’ per la Juve un po’ per l’Inter, a votare un po’ per Berlusconi un po’ per Bersani.

Eppure, per quanto i politici ci possano provare a trasformare la politica in un derby, le regole sono e devono rimanere diverse dal calcio. Gli elettori devono potere scegliere tra diverse piattaforme ideali e diverse promesse politiche; esse potranno poi tradire o mantenere le promesse e in base a questo gli elettori sceglieranno.

Quindi, se Bersani e Casini si vogliono alleare dovrebbero spiegare agli italiani per prima cosa perché, per fare cosa, cosa vogliono per il paese, cosa promettono e offrono, rispetto a Berlusconi o ad altri. Io sono lontano dall’Italia e ho non poche difficoltà a seguire la politica romana, ma queste cose non le ho viste e non le ho capite. Né però le hanno viste o capite gli amici italiani sentiti per telefono da qui.

Certo è l’era della post politica, senza gli scontri definitivi e viscerali e della contrapposizione ideologica dei decenni scorsi. Ma in realtà chi non si accorge che la politica ancora e sempre ha bisogno di contenuti e promesse più o meno solide, perde il senso della politica stessa.

Berlusconi, al di là dei sui non pochi e non piccoli difetti, rappresenta e porta avanti un programma politico chiaro: più libertà di impresa, più spazio ai piccoli imprenditori, meno peso dello stato, meno tasse, ma senza arrivare alla deregolamentazione assoluta. Potrà mantenere o meno le sue promesse elettorali, la sua ricetta potrà o meno essere utile per l’Italia, ma è su questo che i suoi oppositori dovrebbero inseguirlo.

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Ciò al di là dei suoi guai giudiziari, perché attaccarlo come corrotto senza alternative alla sua proposta politica inevitabilmente presta il fianco a critiche e sospetti: non potendo opporsi alla sua politica si cerca scuse per prenderlo alle spalle.

 

Berlusconi mette in ridicolo l’Italia all’estero, è inseguito da procedimenti giudiziari ma nonostante tutto rimane popolarissimo. È una misura del degrado dell’Italia? Di quanto si sia berlusconizzata? Forse, ma forse è la misura profonda di quanto in Italia non ci sia un’alternativa a Berlusconi. Forse è la prova di quanto sia debole l’opposizione, perché questa opposizione non riesce a sconfiggere nemmeno un premier così controverso e discusso come Berlusconi!

 

In realtà, ed è ovvio dalla distanza, Berlusconi in Italia non ha nemici ed è il peggior nemico di se stesso. Dovrebbe curarsi dalla irrequietezza che lo perseguita, stare lontano dalla politica estera, dove scivola come su una pista di pattinaggio, dovrebbe sapere che il silenzio spesso è d’oro perché è la tomba più vera di ogni accusa, e dovrebbe guarire dal sogno del ’68 secondo cui il privato è politico, e dividere drasticamente le vicende pubbliche dalle faccende di casa sua. Sono ricette facili, dipendono solo dalla volontà di un uomo.

 

Per l’opposizione invece la strada è più lunga e difficile: bisogna capire cosa vuole fare, oltre a odiare Berlusconi: vuole più tasse o meno tasse? Vuole le imprese piccole o quelle grandi? Vuole la pletora di impiegati statali o meno? Eccetera. Su tutto questo in realtà c’è buio, che è peggio che avere una posizione di minoranza.

 

In realtà l’Italia avrebbe bisogno di uno scatto di reni, dovrebbe capire cosa fare in questo nuovo mondo dove l’asse principale si è spostato dall’Atlantico al Pacifico, dove l’Europa è una storia infinita, nel senso di senza fine, mentre gli Usa si stanno concretamente alleando con la Cina.

 

Cosa deve significare tutto questo in termini di politica interna? Cioè l’Italia quali riforme interne deve adottare per agganciarsi a questi cambiamenti planetari? In realtà chi risponderà a queste domande, di destra o sinistra, nord o sud, est o ovest, potrà vincere la bambolina della politica italiana. In mancanza di questo, stando così le cose, con o senza alchimie di numeri, al centro di tutto resterà sempre Berlusconi.