La tragica legge delle crisi economiche è che portano sommovimenti sociali e cambiamenti politici. E così, la violenta dimostrazione di Roma (che fortunatamente ieri non ha visto il bis in Val di Susa) pare solo la prima fase di un processo che potrebbe evolversi molto rapidamente con il precipitare dei problemi finanziari italiani.
Non sembra esserci scampo: o l’Italia applica in fretta le misure restrittive imposte dall’Europa, e ciò significa alcuni anni di tagli drastici e ristrutturazioni profonde allo stato sociale; oppure cerca di ottenere degli sconti, prendendo scorciatoie. In questo caso la sofferenza sociale potrebbe avere un impatto meno brusco, ma più lungo. In entrambi i casi milioni di italiani più o meno repentinamente dovranno ridurre il loro tenore di vita, cosa che accetteranno più o meno facilmente a seconda del comportamento della loro classe politica.
Questa deve essere radicalmente rinnovata, al governo e all’opposizione. Infatti, nel suo complesso, è stata in questi ultimi anni incapace di affrontare la crisi che avanzava in maniera chiara e ineludibile. Questo però non può passare più per l’autocandidatura di questo o quell’imprenditore che assuma toni più o meno messianici. Una partita di questo tipo è già stata giocata da Silvio Berlusconi, e in misura minore da Romano Prodi; dopo di loro il ritorno a questo modello sarebbe solo la ribollita della ribollita.
Per l’Italia occorrono strategie per il futuro, non ricconi convertiti alla politica, e poi i leader adatti a quelle strategie. Cioè bisogna prima capire di che futuro ha bisogno l’Italia e poi chi la può guidare. Per questo ci vogliono degli stati generali, ma chi li può credibilmente promuovere e organizzare? Occorrerebbe davvero qualcuno abbastanza al di là della mischia, ma profondamente radicato nel paese.
Questi sono stati i tratti caratteristici dei due grandi rinnovamenti della classe dirigente italiana avvenuti nel passato. Dopo il fascismo fu abbastanza semplice, perché una classe dirigente ben radicata nel paese, prima in esilio, ritornò in Italia ed eliminò il passato, quasi come se non fosse mai accaduto.
Il raggiungimento del potere da parte di Berlusconi avvenne in maniera diversa. Non c’era una classe dirigente che scaldava i motori in esilio. Lui, fino a quel momento seconda linea di un gruppo dirigente socialista, organizzò un gruppetto di persone della sua azienda che andarono in giro per l’Italia a scovare nuovi politici, un po’ come si fa con le nuove voci dei concorsi canori di mezzo mondo. Arrivarono così personaggi inediti, anche proiettati dalla sfida di un nuovo progetto per l’Italia, a cui unire la Lega, demolitrice del vecchio sistema. Prodi, senza un’azienda alle spalle, provò a fare qualcosa di simile, ma in realtà fu rapito (o forse si fece rapire?) da apparati di partito dell’ex Pci. Un rapimento che, probabilmente, ispirò a sua volta anche i berlusconiani, che recuperarono ex socialisti ed ex democristiani, per cui alla fine il rinnovamento si fermò a metà.
Oggi da dove si potrebbero iniziare perciò gli stati generali della nuova Italia? Le tante discussioni sulla rifondazione della Dc sottolineano l’importanza della tradizione cattolica nel paese e il giudizio storico positivo sui decenni democristiani, quindi certamente questa è una base. Ma non ha senso pensare alla fede cattolica come una base ideologica: ciò tornerebbe a dividere il paese, che se pure profondamente cattolico, per buona metà non ama indossare la propria fede sul petto. Occorrerebbe quindi una forza cattolica, seria, con i piedi per terra e con il bene del paese nel cuore, al di sopra della mischia, che si faccia promotrice di nuovi stati generali dell’Italia raccogliendo gli uomini capaci, intellettualmente onesti, con potenzialità e buona volontà, al di là di fedi e ideologie.
La storia della Cina prova che sono i circoli di opinione e gli intellettuali che possono avere questa funzione di detonatore. Furono circoli di intellettuali all’estero che sostennero e promossero Sun Yat-sen, l’organizzatore della rivoluzione del 1911 che rovesciò l’impero. Furono circoli intellettuali all’Università di Pechino che consolidarono le idee e misero insieme il primo gruppo dirigente del partito comunista cinese.
Dalla distanza in questo ultimo paio di anni, da Pechino io vedo che un’opera simile di fermento necessario ai bisogni attuali viene solo da IlSussidiario.net che cerca di mantenersi oltre destra e sinistra, nel senso che cerca di trovare quello che porta avanti il dibattito, trova soluzioni, e non si affossa nella contrapposizione. È una grande sfida per un giornale così giovane, ma se IlSussidiario.net non l’accetta sarà il paese a soffrirne, e poi, visto che oggi l’Italia è la miccia della prossima crisi economica mondiale, anche il mondo ne pagherebbe le conseguenze.