Nei giorni scorsi l’appena promosso governo del professor Mario Monti ha ricevuto alcune critiche che almeno da questa distanza sono apparse bizzarre e inattese. Da destra Paolo Savona il 7 dicembre su Panorama, giornale vicino a Berlusconi, e quindi magari sospettoso della nuova compagine, ha sostenuto che la manovra annunciata da Monti era troppo sbilanciata sulle tasse e poco sui tagli. Gli stessi argomenti erano stati espressi prima, a caldo sul Corriere della Sera del 4 dicembre da Francesco Giavazzi, la cui pagina web della Bocconi racconta anche della sua amicizia con il premier, e Alberto Alesina.

Alesina, Giavazzi e Savona concordano nel dire che la manovra rischia di essere deflazionistica, troppo sulle tasse, comprime la crescita in un momento in cui Italia ed Europa hanno invece bisogno di sviluppo. Gli argomenti sono talmente precisi, da manuale che non c’è dubbio, anche Monti economista li conosceva ma li ha scartati. Il motivo non lo sappiamo, ma azzardiamo a indovinarlo: i tagli alle spese statali e un programma di privatizzazioni avrebbero colpito gli interessi costituiti di gruppi di potere a destra e a sinistra con radici profonde nell’Italia attuale.

Tasse che colpiscono la classe media non smontano il sistema di potere e le consorterie. C’è da difendere orticelli come la Rai o l’Eni di proprietà dello Stato, dove piazzare parenti e amici, o gilde sindacali e professionali che proteggono privilegi grandi e piccoli a dispetto della possibilità di creare nuovi posti di lavoro e un sistema davvero meritocratico. Monti comunque non ha una maggioranza sua, ha bisogno di un sostegno bipartizan per lavorare e quindi ha scelto di venire a patti con le varie richieste che gli arrivano. Si tratta quindi di una scelta politica non tecnica, questa manovra.

La scelta è certo legittima e pratica, dettata dai ricatti incrociati in Parlamento, ma in questo modo come già venti anni fa, il Parlamento sta promuovendo un tecnico a politico senza alcun mandato democratico o elettorale. Di fatto è una rivoluzione costituzionale e prova di una crisi profonda del sistema democratico italiano. Ciò non significa che bisogna tornare indietro, ma è solo un fatto determinato da un altro fatto ancora più importante, che il baricentro della politica italiana si sta spostando in Europa. Monti, è stato scelto da Francia e Germania e le nuove potenti virate impresse dalla coppia franco tedesca all’Europa negli ultimi giorni stanno aprendo una via di unità politica senza ritorno.

Il centro della politica di ogni Paese europeo, con l’unione monetaria e fiscale oggi prospettata, è Bruxelles. Quindi a Roma resteranno competenze locali, come il sindaco di Milano governa la città solo sulla base di politiche più ampie scelte nazionali. Ci sono divisioni di potere e competenze, ma certo il governo di Roma è più importante di quello di Milano. Lo stesso sta accadendo con Bruxelles e Roma. Quindi l’attenzione vera di giornali e politica dovrebbe essere in Europa, altrimenti tutto si limita a cronaca locale, del tutto ininfluente su politiche vere e ampie. La vera politica che conta per tutta l’Italia, e su cui l’Italia dovrebbe dibattere, quindi è europea.

Ma la disattenzione dell’opinione pubblica italiana per le cronache politiche europee va in parallelo con la capacità dell’Italia (o meglio, la sua incapacità) di incidere consciamente e positivamente sulle direzioni politiche del continente tenendo presente gli interessi generali dell’Unione ma anche quelli particolari e locali dell’Italia. Qui la scommessa di Monti e dell’Europa è di trovare comunque un consenso democratico elettorale alla nuova politica della Ue che deve quindi portare più peso sulla commissione europea.

L’Italia sarà capace di coordinare politica sua ed europea? Monti ne sarà capace? Monti ha quindi il triplo compito di fare una politica in Italia, ristrutturando il Paese, presentarla in Europa e vincere consensi in Italia ed Europa in questo senso, perché alla fine dovrà vincere prima o poi un’elezione altrimenti il debito di democrazia in Italia ed Europa potrebbe diventare intollerabile. Si tratta di un salto mortale triplo, difficile in condizioni normali figuriamoci in momenti straordinari come questi. Tale compito avrebbe potuto avere tempi più lunghi, ma le scelte di Monti, più politiche che tecniche, abbiamo visto, abbreviano forse i tempi.

Il compito, infatti, è ben più che tecnico: si tratta di dare un senso nuovo all’Italia e all’Europa insieme agli altri membri della UE, e in questo senso ristrutturare le sue istituzioni quindi l’Italia dovrebbe riuscire a fare quadrato raccogliendo tutte le forze a disposizione. Qui, piaccia o non piaccia, in realtà oggi c’è un solo uomo che ha esperienza in tal senso in Italia, Romano Prodi, vincitore di elezioni, ex presidente del consiglio ed ex presidente della UE. Anche perché c’è anche un orizzonte politico internazionale davvero più preoccupante in cui questo nuovo processo politico in Europa e in Italia sta avvenendo. In Europa e in America c’è la tentazione di esportare le proprie tensioni sociali, che stanno emergendo per le pesanti ristrutturazioni economiche nelle due aree, in Medio Oriente.

Una o più guerre in Medio Oriente o in Iran o conflitti interni molto forti in vari paesi petroliferi potrebbero distrarre le opinioni pubbliche in Europea o Usa e potrebbero fare schizzare il prezzo del petrolio e delle materie prime cosa che aiuterebbe l’ondata di inflazione necessaria per ridurre il gap attuale tra massa monetaria e ricchezza reale. La cosa non è nuova, è accaduta già negli anni ’70. C’è molto nervosismo per questa prospettiva nel mondo. La Cina, per esempio, guarda con orrore a quello che sta succedendo oggi in Medio Oriente ed è estremamente ostile a ogni cambiamento in corso. Per questo ha sostenuto Gheddafi in Libia e si oppone a interventi in Siria o sanzioni in Iran.

Inoltre in Cina pensano, giustamente, che se va avanti questo incendio medio orientale prima o poi tocca anche a loro. Quello che dice in questi giorni il premier russo Vladimir  Putin accusando il segretario di stato Usa Hillary Clinton per i disordini attuali in Russia va in due sensi. È un dito puntato contro l’occidente che antipatizza con il leader russo ma è anche un segnale alla Cina anche suggerisce: state attenti, loro che vi imbrogliano e vi sobillano. In questo nuovo grande gioco, più o meno consciamente l’Europa di Merkel e Sarkozy e l’Italia di Monti sono immersi, e l’Italia, di nuovo, dovrebbe giocare su molti fronti: verso l’asse franco tedesco, verso gli Usa ma anche verso i nuovi e vecchi governi medio orientali, verso la Russia e la Cina.

Oppure può scegliere di rimettersi completamente all’asse Merkozy, ma comunque facendo valere suoi interessi in cambio. In tutto ciò ci sono altissime probabilità che l’Europa e l’Italia si bruci le dita. Inoltre, il giro di inflazione e ristrutturazione pesante in Europa e in Italia è inevitabile ormai.  Questo porterà a grandi proteste sociali e forse anche a vampate di ritorno di terrorismo artigianale specialmente in Italia con una tradizione in tale senso. A ciò l’Italia deve prepararsi, ma anche questo a livello europeo, perché la politica vera è lì. Per tutto questo, che potrebbe scoppiare tra qualche mese o anche settimana, Monti sarà l’uomo giusto dopo avere subito ceduto ai piccoli ricatti di bottega in economia, suo campo di elezione? Cosa farà, quanto debole o energico riuscirà a essere il suo polso in un ambito internazionale dove le pressioni saranno ancora più forti e la sua autorevolezza minore? In ogni caso avrà bisogno di ogni aiuto possibile.