Caro direttore,

mai come ora le travagliate vicende politiche italiane sono qui in Cina oggetto di studio e riflessione da parte degli analisti e in genere di tutti quelli che osservano con attenzione il mondo occidentale. Nei giorni scorsi il presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi, dalle colonne de Il Foglio, ha lanciato un duro attacco: è in atto un golpe morale nel Paese, ha detto. Sotto accusa è il tentativo di delegittimazione del suo lavoro e del suo ruolo da parte della magistratura attraverso l’ultimo scandalo che lo colpisce per il cosiddetto “caso Ruby”.



Al di là di come andrà la sua vicenda giudiziaria di certo Berlusconi, specie da questo ultimo episodio, ne esce ferito e quindi sul golpe morale ha ragione. Ma c’è un problema più generale che riguarda la sua gestione del potere e che rende il golpe morale possibile, e anzi probabile. Per governare in società moderna ed essere legittimati al governo oltre ai voti occorre anche stabilire una “guida spirituale-morale” (una egemonia culturale avrebbe detto il grande pensatore italiano Antonio Gramsci), ma Berlusconi non ce l’ha.



In Italia, nel dopoguerra, prima e ancora che cercare di vincere le elezioni la sinistra aveva tentato di ottenere una egemonia culturale nel Paese. In parte vi era riuscita ma essa non era completa e pervasiva, poiché la maggior parte del paese era (ed è) cattolica.

Oggi le due identità culturali del paese continuano a esistere, ma sono contrarie o estranee a Berlusconi che con i suoi comportamenti sembra fare una propaganda attiva del libertinaggio. Essa è un’idea opposta a quella cattolica, di “destra”, che lo sostiene.  È un’idea più vicina alla sinistra che lo contesta. In questo Berlusconi è schiacciato, con nemici sia a destra, ostile alla sua condotta pubblica del privato, che a sinistra, ostile alle sue politiche e per questo pronta a cavalcare i suoi scandali personali.



In realtà, non è il comportamento in sé lo scandalo, ma la mancanza di un progetto culturale profondo per l’Italia. Tale progetto non può essere il misto shakerato dell’untuosità dei suoi più stretti collaboratori, più le monellerie sculettanti e controllate dei varietà e le nozioni dei quiz che riempiono le sue televisioni. Né possono essere gli attacchi lancia in resta e personalizzati di quotidiani come Libero o Il Giornale contro il nemico di turno.

Negli anni ’90, quando Berlusconi scese in campo, l’astuzia profonda del suo programma politico era l’abbozzo di un programma culturale. Toglieva gli ultimi eredi di Mussolini, gli ex o post fascisti, dal ghetto dove erano stati chiusi per cinquant’anni, e assumeva la guida dell’ampio fronte conservatore senza coloriture spiritual-religiose. Così si compattava un fronte politico, quello dei conservatori, e si spaccava un fronte di ispirazione religiosa, quello della ex Democrazia cristiana, che poteva dividersi in destra, con Berlusconi, e sinistra, con gli altri.

Dopo ciò poco è stato fatto. L’ex presidente del Senato Marcello Pera ha sviluppato un’amicizia filosofica con Ratzinger, prima cardinale e poi papa, contro l’idea del relativismo culturale; altri hanno provato a sviluppare un dialogo ideale con i neo conservatori americani. Ma sono rimasti temi isolati dal resto del dibattito politico, a destra e sinistra. Il quasi ventennio di berlusconismo appare marcato invece da un’aria di festa di carnevale dove le donne sono tutte superdotate e seminude, gli uomini sono tutti furbi e danarosi, e il resto dell’umanità è fatta da fessi e racchie.

La guida morale (o l’egemonia culturale) del paese è però rimasta ad altri: a settori cattolici che lo hanno appoggiato ma dall’esterno, non organici alla visione carnevalesca; o alla sinistra che, privata dopo il crollo del Muro di Berlino dell’ideale socialista, del comunismo ha conservato il cinismo strumentale e la lotta per il potere fine a se stesso.

Anche così però, armata solo di machiavellismo fine a se stesso, la sinistra ha strumenti culturali alla lunga più forti del carnevale, la cui potenza distruttiva e creativa è inerente alla sua brevità, pochi giorni, una breve stagione, dopodiché bisogna tornare a zappare. Allo stesso tempo i settori cattolici, che pure capiscono la necessità del carnevale, sanno che questo – come si dice in Italia – può essere solo una vacanza prima della lunga quaresima.

Quindi con una guida morale debolissima il golpe morale diventa inevitabile. Il fatto che sia arrivato solo oggi in realtà prova solo quanto sia e sia stata debole l’opposizione morale e culturale a Berlusconi. La debolezza altrui è stata la grande forza di Berlusconi e forse potrebbe essere anche oggi la sua occasione contro il golpe morale, purché riesca a stabilire un’egemonia culturale, cosa che però, come l’ex comunista direttore del Foglio Giuliano Ferrara sa bene, è tutt’altro che facile o veloce da costruire.