Nel pubblicare questa lettera del nostro amico cinese Lao Xi, vorremmo precisare che non ci sentiamo di condividere un giudizio così “bipolare”: di qua i buoni, di là i cattivi, di qua gli eletti e di là i reprobi, senza il minimo beneficio del dubbio. Forse perché è un giudizio che viene da lontano, ma noi che siamo qui, vediamo anche in questa storia un impasto di eroismi e di viltà. Possiamo imprigionare il commissario Giampietroni  nel primo e Schettino nel secondo, ma come scrive Luca Doninelli, tutti noi siamo, in ogni istante, sia Schettino che Giampietroni. Forse in Cina questo non vale, i colpevoli vengono individuati all’istante e fucilati senza remora. Noi  però continuiamo a condannare ogni giustizia sommaria, anche mediatica. E ci auguriamo che questa tragedia non venga utilizzata da sciacalli e avvoltoi per attaccare l’Italia.

Da fuori sembra la versione domestica, italiana del disastro del Titanic, il grande transatlantico affondato in mezzo all’oceano a simbolo dell’imminente grande guerra mondiale che avrebbe distrutto il vecchio ordine europeo.

Così come la fine dell’Europa fu anticipata da quella enorme tragedia, per l’Italia, e l’economia mondiale per tanti versi appesa al filo della traballante economia italiana, oggi si tratta di qualcosa di più modesto. È roba più prosaica, una tragedia che sconfina in farsa: il naufragio al Giglio della Costa Concordia.

Nel 1912 ad affondare l’immensa nave fu un iceberg quasi invisibile e i compartimenti stagni che poi si scoprirono insufficienti. Ieri – all’italiana – sembra sia stata una bravata del comandante che, come in una commedia del grande attore italiano Alberto Sordi, poi se l’è data a gambe.

Dalla Cina, ma anche da fuori dall’Italia in generale, si segue sbigottiti la vicenda di Costa-Concordia. In Cina il comandante sarebbe già stato fucilato. Che questo non sia successo e che non lo sarà nel prossimo futuro, che non chieda scusa, perdono, ma accampi difese pusillanimi, è significativo di quanto il suo atto sia il simbolo dell’Italia di oggi, un Paese che non riesce a concentrare le forze ed avere il senso di responsabilità necessario ad affrontare i cambiamenti impellenti.

In questo senso la fucilazione cinese non serve tanto a punire il colpevole ma comunicare al mondo che un senso dell’ordine è stato ristabilito, che i colpevoli sono stati colpiti, le responsabilità assegnate e che tutto riprenderà come prima e meglio di prima. I simboli, i segni sono estremamente importanti, visto che una delle istituzioni più antiche della terra, la Chiesa, comunica spesso attraverso segni e segnali.

Se in Italia non si fucilano (virtualmente se non fisicamente) gli Schettino, il comandante disertore della Costa Concordia, e non si promuovono i De Falco, il comandante della guardia costiera che intimava a Schettino di tornare alla nave inchiodandolo alle sue responsabilità, l’Italia non può salvarsi.

Manca il principio di responsabilità, quindi è il trionfo dell’irresponsabilità: ma allora, perché chiunque dovrebbe dare all’Italia soldi e comprare il suo debito? Questo alla fine è il messaggio nemmeno troppo sottile che sta passando intorno alle incertezze, le tergiversazioni, i sofismi che si affastellano intorno alle cronache della Costa Concordia.

Delle due l’una, infatti. Le registrazioni pubblicate sui giornali sono vere? Allora che le autorità intervengano in maniera esemplare, proprio perché il mondo ha bisogno di un esempio dall’Italia. Sono false? Allora che ai giornali sia imposto di tacere, si fermino le chiacchiere e si cerchino i veri colpevoli. Ma lo stillicidio delle rivelazioni su Schettino e la manifesta impotenza delle autorità generano un senso non credibile di impotenza e irresponsabilità.

È comprensibile la difesa d’ufficio dell’armatore di Costa Crociere. Lì c’è una delicata questione assicurativa in ballo. In sostanza se la responsabilità è del comandante le assicurazioni non pagano; viceversa se ci sono altre responsabilità invece le assicurazioni devono tirare fuori più soldi. Ma risparmiare qualcosa all’armatore non dovrebbe significare mandare a fondo l’Italia.

Eppure dalla distanza, quando non si ha grande padronanza dei dettagli, sembra proprio questo il messaggio: gli interessi «particulari» trionfano su quelli generali che una battaglia miserabile intorno alle responsabilità di Schettino stiano affondando l’Italia.

Il contribuente tedesco, francese, scandinavo che dovrebbe finanziare l’eurobond per mettere in sicurezza l’Europa e l’Italia come può pensare di pagare il debito italiano, dando fiducia alla capacità italiana di riprendersi quando vede la farsa di Schettino? Schettino è infatti, secondo la stampa mondiale, fuggito nel momento del bisogno, si è rifiutato di rientrare davanti a un ordine diretto, e nelle sue risposte appariva privo di senso della realtà, come se fosse ubriaco o drogato.

Schettino è come la classe politica italiana che nel momento del bisogno ha disertato lasciando la responsabilità del governo a De Falco-Monti, ma anche dopo la diserzione si affanna ad assolversi; vuole il comando di una futura Costa Concordia da mandare contro le rocce?

Perché davanti ai tanti sacrifici richiesti agli italiani i politici si ostinano a difendere i loro tanti privilegi? Perché non si riesce a trovare un accordo per ridurre a un decimo il numero dei parlamentari italiani portandoli in proporzione con quelli americani?

La politica italiana sembra come la storia di Schettino, che non si può tenere agli arresti perché tanto non può affondare un’altra nave, ma in questa difesa si perde di vista il senso più grande: il segnale di responsabilità da inviare al mondo quando ci sono centinaia di miliardi da mandare all’asta nelle prossime settimane. Il successo di questa vendita dipende dalla fiducia che si ha per l’Italia, dalla fiducia nel suo senso di responsabilità.

Invece tutto appare una farsa e gli italiani dimenticano che, come si raccontava nella commedia all’Italia quando era seria, che le farse alla fine si trasformano in tragedie talmente grandi che la narrazione tragica non riesce a interpretare.