I cinesi amano i contratti brevi e stretti fra persone che si conoscono e che hanno reciproca fiducia. Prima c’è la fiducia poi c’è il contratto, che quindi è una specie di pro memoria per entrambi dell’accordo raggiunto.
I cinesi odiano i contratti lunghi e raramente li stringono con persone sconosciute, mai con persone di cui non si fidano. L’idea è infatti che per quanto lungo e puntiglioso, un contratto può essere sempre “bucato”, fatto franare su questo o quel dettaglio se una o entrambi le parti contraenti decidono di forzare la mano o non andare avanti.
Tale idea era presente anche nella tradizione giuridica romana che divide tra spirito e lettera della legge, ben consci che c’è sempre qualcuno che cerca di usare la lettera della legge contro il suo spirito. Questo edificio, base di ogni Stato, si regge non su regole scolpite nella pietra ma su una cultura condivisa dalle parti, dal pubblico che circonda le parti e da un’entità giudicante che, in caso di conflitto, lo dirime con il consenso di una parte e del pubblico.
È tutto questo che sembra mancare oggi in Italia, e vista da lontano, è questa la base profonda e urgente della crisi attuale di quel Paese.
Giusta o sbagliata che fosse, eccessiva o equa che sia stata, la vicenda di Mani Pulite, all’inizio degli anni 90 nasceva da una visione collettiva, condivisa delle regole, dall’esistenza di uno spirito comune del contratto sociale. Quando una piccola folla si riunì davanti all’Hotel Raphael di Roma per lanciare monetine contro Craxi, era uno spettacolo indecoroso, la premessa di un linciaggio. Ma il consenso che aveva l’azione dei magistrati, l’indignazione comune erano il segno dell’esistenza del contratto sociale.
Con il senno di poi forse fu quel linciaggio contro Craxi che iniziò a rompere il contratto sociale. Molti volevano ricostruire il contratto sociale e non fare linciaggi da strada, altri volevano giustizia sommaria e cambiamenti radicali e non aggiustamenti dell’esistente. In questa separazione di ideali nacquero le idee forti che animano l’Italia al momento, che estremizzando, o meglio guardando alla situazione a partire dagli estremi, potremmo definire così: da una parte i catari dall’altra i filistei.
Di fronte alla folla di scandali che addensa in questi giorni lo Stato sta franando nelle sue fondamenta profonde. Ci sono consigli comunali sciolti per mafia al sud, al centro ci sono i soldi pubblici di una regione con tasse in crescita spesi in orgette e festini, e al nord Zambetti (chi è costui?) che compra voti dalla ’ndrangheta e con quelli si fa eleggere.
C’è l’antipolitica (di Beppe Grillo) che è ancora politica e si afferma con un gesto, la traversata dello Stretto di Messina, non con un ragionamento a provare la sua vocazione autentica verso un modello dittatoriale, sia Mussolini o Mao, altri tirannici nuotatori. Italia dei Valori, Vendola, e Lega lo rincorrono affannati di essere lasciati indietro.
Intanto Berlusconi è bruciato e il suo Pdl è allo sbando, mentre il vincitore in pectore, il Pd, è minato insieme da Renzi e da una mancanza di slancio costruttivo di Bersani quando il ragionevole Casini è appunto solo questo, ragionevole, senza spinte ideali autentiche e senza spessori forti. In questa frana non c’è scandalo pubblico o allarme di massa. L’opinione pubblica è divisa in tre.
Ci sono i filistei, che dicono: siamo tutti uguali, rubiamo tutti, la politica è un furto; ci sono poi i catari che invece dividono il mondo in buoni e cattivi e forse i loro rappresentanti più forti, autentici sono gli uomini della procura di Palermo che hanno sfidato l’autorità del presidente della Repubblica, il simbolo dell’Italia, su una questione di 20 anni fa. Sono nemici giurati: i filistei vorrebbero una crociata contro i catari, e i catari vorrebbero il rogo per i filistei.
In mezzo ci sono tutti gli italiani che sostengono il governo di Mario Monti, quelli che cercano di mandare avanti la baracca evitando gli scogli di catari e filistei, al di là di catari e filistei. Lì sembra esserci la maggioranza dell’Italia, al di là dei giudizi su questo o quel provvedimento. Se la storia italiana può dire qualcosa è che tale situazione è simile a quella del dopoguerra, da una parte gli apologeti del passato regime, dall’altra gli uomini del ripulisti radicale. La natura dei due gruppi allora era diversa, erano tempi diversi, ma erano comunque opposti estremismi che volevano strappare l’Italia. Trionfò un grande centro che per decenni isolò e tenne a bada quegli opposti estremi. Forse questa è la natura dell’Italia, e forse già oggi uomini del centro di Casini pensano a questo.
Però non si tratta soltanto della posizione del proprio scranno in parlamento, né di silente dedizione al lavoro e all’ingrata missione di salvare il Paese. Questo serve, è importante, ma non è tutto. Occorre costruire un nuovo progetto ideale. Già tempo fa avevo detto che ciò poteva essere il progetto concreto di Taranto. Forse alla luce dello sfascio totale di questi giorni ciò non basta.
Deve esserci una presa di distanza decisa dagli opposti estremismi, essa può essere autentica solo se davvero equidistante ed equa. Deve riconoscere anche il legittimo diritto di esistere, come posizione ideale, a catari e filistei, anche se non devono essere chiamati a governare anzi devono essere esclusi dalle leve del potere.
Questo si può sviluppare solo sulla base di un progetto autentico di crescita e di proiezione dell’Italia. Anche qui non c’è niente da inventare, ma solo da rileggere nei libri di storia. L’Italia è cresciuta solo quando è stata il centro del Mediterraneo, grande bacino di scambi tra Oriente e Occidente. Senza di questo, che non può che nascere dall’esperienza di Monti, i rischi posti da catari e filistei sono enormi, di distruggere l’Italia e quindi l’Europa, e da lì tutto il resto.
Se passa l’idea filistea che tutto è concesso per tenere il potere, unico senso della politica, quindi pur di vincere compro dai mafiosi, tasso la povera gente e svaligio le casse pubbliche, allora ci possono essere solo due risultati. Uno, lo stato depredato dai potenti di turno si sgonfia, si secca e rapidamente finisce di consunzione come la Libia di Gheddafi. Due, si suscita una rivolta catarina che distrugge il Paese.
Se viceversa passa l’idea catarina di un ripulisti totale si va verso una dittatura, del Grillo nuotatore o chi per lui. Questa poi ha anche due conseguenze. Uno, se il regime catarino rimane duro e puro, ci sarebbe una rivolta anti-tiranno con restaurazione filistea. Due, il tiranno stesso potrebbe trasformarsi in filisteo e saccheggiare il Paese per sé.
In ogni caso, se vincessero catari o filistei rapidamente l’Italia sarebbe spiritualmente colonizzata dalla Libia, trasformandosi in una specie di stato gheddafiano.
Il montismo, al di là dei suoi problemi, allora deve vincere. Può farlo però? Deve trovare una spinta ideale che oggi non ha, i partiti che lo hanno votato dovrebbero fare i padri nobili e prestare le loro organizzazioni a questa causa. Berlusconi potrebbe dare l’esempio e riprendersi una dignità che ha perso, il Pd potrebbe superare i piccoli battibecchi.
Occorre però una idealità e quelli che con termine vecchio erano chiamati ideologi forti. Senza di questo rischia di esserci poco o nulla. Con questo il centro può marginalizzare gli estremismi paralleli. Senza saranno invece le due ali che invaderanno lo spazio del centro rischiando di distruggere l’ormai debolissima Italia.