Caro direttore,

La democrazia, o la politica (anche dittatoriale), ha bisogno di una premessa etica: che chi è al potere pensi pure al suo interesse personale (la ricerca del suo potere è infatti una molla senza cui nessun leader farebbe il leader), ma anche un bene pubblico. Se i gruppi di potere si mettono d’accordo solo nello spartire il denaro dei cittadini minori e non pensano al bene comune, si torna a una forma di neo-feudalesimo.
Questa sembra situazione in Italia con Lega di Bossi. La vicenda per cui Bossi appare implicato, di uso privato di fondi del partito, se confermata, mostra che il leader leghista innalzava la bandiera anti meridionale, contro “Roma ladrona”, ma peccava di coerenza. 

Tale vicenda diventa però quasi solo lo specchio estremo di quello che avviene tra i politici italiani incapaci di fare le riforme necessarie al paese. Mario Monti è stato chiamato a farle al posto loro, ma le forze politiche sembrano impedirglielo ora che il pericolo estremo è solo un attimo più lontano, nel timore di perdere voti.
Intanto però la crisi non è finita, non si è nemmeno placata, è solo mitigata un po’ la sua furia. I mercati mondiali chiedono sicurezza politica a lungo termine, perché le riforme di Monti necessitano tempo, e temono che Monti sia solo una specie di estate di San Martino, una breve parentesi di caldo prima del ritorno di un gelido inverno.

Visto l’assetto costituzionale dell’Italia, i partiti dovrebbero muoversi per approvare le riforme necessarie, quasi come una nuova costituente che affronti i tanti problemi sistemici, non solo di finanza pubblica, del Paese. Però, vista la guerra per bande che imperversa nel Paese sembra improbabile che ciò avvenga. Né le elezioni del prossimo anno sembrano dare una prospettiva chiara di cosa vogliano fare i partiti.

D’altro canto, la Germania vuole contribuire a fissare le regole del gioco, ma non vuole dare il potere a Bruxelles di muoversi verso una più significativa unità politica, né, vista la sua storia, vuole prendersi le responsabilità di guidare l’Europa davvero.
Per un investitore, straniero ma anche italiano, quindi l’Italia non ha prospettive a medio e lungo termine, e il governo Monti pare sempre più solo un tampone temporaneo, perché di più non può essere.

Quindi?

L’incapacità dei partiti di agire e gli ostacoli creati al governo dei tecnici di muoversi crea una paralisi intollerabile per il Paese e mette l’Italia davanti alla prospettiva di un colpo di stato.
Infatti, o si dà potere e tempo a Monti di fare le riforme necessarie, o è il caso che le facciano i partiti. Nella terza ipotesi il sistema Italia crolla in una nuova spirale di crescita folle degli interessi con il rischio di un colpo di stato compiuto da forze interne o straniere. 

Già Monti è stato imposto di fatto da fuori, ma si è trattata di una soluzione “morbida”. Altre soluzioni potrebbero non esserlo altrettanto. Che il mondo decida in tale senso o meno, è un problema reale. 
Sembra incredibile, ma è così: il mondo può permettersi il lusso di un’Italia che innesta una nuova crisi dell’euro e poi del sistema finanziario mondiale? 

Pensiamoci un attimo, l’ordine economico italiano è più importante e delicato per il mondo in questo momento del programma nucleare iraniano o dei missili balistici del Nord Corea. E se gli israeliani bombardano Teheran per la bomba, ci si può aspettare paracadutisti più o meno virtuali a Montecitorio.

Il fascismo, come raccontano gli storici, nasceva da un problema di caos oggettivo, e di sbandamento delle istituzioni. Allora c’era il re oggi c’è la Germania, la Francia o gli Usa. Se l’Italia fosse stata meno grande in termini di Pil sarebbe già fallita come la Grecia e l’Argentina e nessuno avrebbe versato una lacrima.