C’è qualche possibilità che l’Italia, come l’abbiamo conosciuta dalla fine della Seconda guerra mondiale in poi, sopravviva all’attuale crisi? Non credo. Del resto l’Italia come unità politica è un’invenzione del 19° secolo. Prima esisteva come coacervo di piccoli stati molto ricchi e altrettanto bellicosi, durante il Rinascimento, o come centro dell’impero romano, e da duemila anni come più o meno caotico spazio geografico intorno al soglio di Pietro. Prima del 1945 l’Italia unita era, di fatto, un’estensione e la cornice ideale del piedimontano regno sabaudo. Quindi l’Italia potrebbe trasformarsi di nuovo nella sua entità politica e, dopo l’enorme crisi che la sta travolgendo, è probabile che ciò accada. Infatti, ci sono due possibilità sole sul tavolo, ed entrambe portano a un cambiamento radicale degli assetti profondi del paese.

Dopo il 17 giugno, la data delle elezioni greche, i tedeschi decideranno se tenere la Grecia dentro la zona euro o meno. Se non ce la tengono è facile che rapidamente anche l’Italia venga espulsa dall’euro, quindi l’inflazione, i debiti, la fuga di capitali, la disoccupazione, le violente proteste sociali trasformeranno presto lo stato in una nuova Argentina o peggio. Se i tedeschi tengono la Grecia dentro l’Euro, anche l’Italia è salva, ma come i greci anche gli italiani saranno messi in sicurezza. Cioè tedeschi e gli altri europei vorranno essere garantiti che gli italiani pagheranno i loro debiti e quindi una parte più o meno grande dei poteri politici di Roma dovranno essere devoluti a Bruxelles.

È chiaro, infatti, che il governo Monti non è riuscito, non ha voluto, non ha potuto fare quello che era stato chiamato a fare: tagliare radicalmente le spese e ridurre drasticamente il debito decurtando le spese della politica, dagli stipendi dei parlamentari in giù, e privatizzando l’ingente patrimonio statale. Quindi, a sei mesi dall’insediamento del governo l’Italia è oggi in concreto nelle stesse condizioni di un anno fa ai tempi del governo Berlusconi, perché sì qualcosa è stato fatto, il paese è più presentabile, ma intanto la crisi europea si è approfondita, i rischi sono aumentati. Perciò i risultati di questi sei mesi sono stati appena sufficienti a riportare l’Italia dove era qualche tempo fa. Allora nell’ipotesi 1 (Italia fuori dall’euro) i disordini porteranno via tutto il vecchio sistema di potere del paese, portando sugli altari Grillo o un personaggio più radicale di lui, perché la folla aizzata divora spesso i suoi stessi aizzatori.

Nell’ipotesi 2 (l’Italia resta nell’euro ma Bruxelles prende le redini) il sistema di potere sarà sconvolto, perché non è possibile che un parlamentare italiano prenda più di uno tedesco, potrà al massimo prendere la metà di un tedesco. Si faranno le privatizzazioni e la burocrazia sarà enormemente ridotta. Certo l’ipotesi 2 è meglio della 1, perché nella 2 c’è la speranza che qualcosa rimanga del vecchio ordine, mentre nella 1 è facile pensare a una specie di tabula rasa. Però non è facile avere la 2, perché la devoluzione dei poteri deve essere più o meno consensuale, non è possibile pensare che Bruxelles mandi un governatore militare che occupi Roma.

Per ottenere la 2 invece della 1 non c’è molto tempo, in realtà poche settimane. Il 28 giugno ci sarà il vertice europeo che dovrà decidere sull’euro e dopo le Borse andranno in vacanza, un periodo in cui pochi movimenti possono creare grande volatilità nei mercati. Fu la Borsa di agosto che eliminò Berlusconi l’anno scorso.

In questo frangente Monti ha fallito, non importa perché o per come, i partiti alle sue spalle sono peggio, cercano di salvare se stessi e non il paese. È allora facile pensare che la deriva sia che l’Italia seguirà la Grecia nell’inferno di un caos sociale e politico, speculare alla confusione della sponda sud del Mediterraneo. Però l’Italia non è la Grecia o la Spagna e caos in Italia significa la quasi certezza di una crisi economica peggiore del 2008, che allora fu accesa dal fallimento della Lehman. 

L’Italia è ben più importante della Lehman. Tale caos, con la conseguente onda di ritorno devastante sull’economia Usa, minerebbe le possibilità di rielezione di Barak Obama in America e ipotecherebbe ulteriormente le già fragili fortune politiche di Angela Merkel in Germania. Del resto lo spettro di Grillo, forse ciò che oggi è più simile a un movimento fascistoide del passato, non inquieta solo i perbenisti italiani, ma anche tanti all’estero. Inoltre il caos economico e politico in sud Europa creerebbero spazi prima impensabili per nuove competizioni geopolitiche.

La Russia potrebbe correre in soccorso della Grecia e creare davvero un asse della fede ortodossa che abbracci Atene e risalga verso Belgrado, attestandosi, come mai le era riuscito di fare, nel cuore del Mediterraneo. L’Arabia Saudita o suoi satelliti del Qatar potrebbero aiutare la Spagna in cambio della trasformazione dei grattacieli deserti in minareti e porrebbero quindi le basi per una “re”-conquista della Spagna cattolica in Spagna in una penisola di nuovo musulmana.

Il tutto speziato magari anche da interventi della rampante economia cinese. Quest’ultima teme il caos più della peste, ma pensa anche che nel caos occorre intervenire presto per tentare un’opera di stabilizzazione. Tali prospettive non convengono a Obama o alla Merkel e nemmeno a Francia o Gran Bretagna, quindi un intervento immediato, politico, di europei e americani sui frangili greci, spagnoli e italiani è possibile. Ma specie oltre Atlantico c’è chi spera che una crisi economica faccia perdere le elezioni a Obama.

Qui c’è poi anche un angolo cinese, con le conseguenze forse più gravi a livello globale. L’America colpita da una crisi economica europea di ritorno, senza Obama e senza soluzioni facili o a breve termine, potrebbe essere tentata a trovare scorciatoie, guerre che ripianino i debiti. Esse potrebbero essere calde contro l’Iran o più o meno fredde contro il nuovo sfidante strategico, la Cina. Uno scontro, ma anche un approfondimento dell’attrito Usa-Cina, Usa-Iran sarebbe poi anche utile ai due possibili beneficiari del caos europeo, Russia e Arabia Saudita, che avrebbero mano più libera in Europa o in Medio Oriente. 

Washington dovrebbe quindi scegliere se lasciare l’Asia alla Cina e riconquistare Europa e Medio Oriente o viceversa. Combattere su tutti i fronti sarebbe molto difficile. In tale orizzonte, per evitare conseguenze funeste a livello locale e globale, sarebbe essenziale un forte impegno italiano. Monti e i partiti nei prossimi giorni, nelle prossime ore, lo daranno? Senza di questo, i franco-anglo-tedeschi con gli Usa imporranno un piano quasi militare di riordino delle finanze italiche avocando a Bruxelles tanti poteri oggi di Roma? Cercheranno qualcun altro, oltre Monti, come proprio proconsole sulla sponda nord del Mediterraneo? Sarà Grillo o altri? 

Inoltre, certo governare Greci e Italiani non è facile, ma questo è un problema di medio-lungo termine, mentre è il breve che oggi scappa di mano. In ogni caso la vecchia Italia con le sue esoteriche alchimie di piccoli poteri, è finita. Gli italiani, o meglio quelli che presto saranno gli eredi degli uomini e donne che fino ad oggi si chiamano “italiani”, dovrebbero forse già pensare al prossimo, incalzante futuro.