Il suo cognome potrebbe essere il nome di un filosofo cinese. Ren-zi, il maestro, zi, umanitario, ren; colui che dovrebbe riportare in Italia la virtù confuciana del ren, la compassione verso il prossimo. I nomi però possono essere un destino: al diritto, quando il nome si rispetta; o al rovescio, come quando si chiama Leone uno che in realtà è un coniglio.
Così non è chiaro quanta umanità e compassione potrà avere e avrà il sindaco di Firenze, ora capo del partito di maggioranza quasi assoluta in Parlamento. Ren-zi è in lotta contro il tempo per arrivare a Palazzo Chigi prima dell’inizio del semestre italiano, cioè prima di giugno prossimo. Se non ce la farà per allora, tutto potrebbe diventare molto più difficile nella sua carriera di primo ministro in pectore.
Il primo, enorme ostacolo da affrontare è quello della legge elettorale. La vecchia è stata abolita, non si sa ancora bene in che misura, la Corte costituzionale lo spiegherà tra qualche giorno, ma per la nuova occorre un accordo con almeno una parte della destra. Renzi vorrebbe un doppio turno tipo quello dei sindaci, e Alfano potrebbe essere d’accordo. Ma ci sarà il tempo in un Parlamento dove tutto funziona a grandissima fatica? Inoltre molti dei deputati e senatori potrebbero non essere nemmeno candidati e quindi non hanno interesse a vedersi accorciare prematuramente la carriera.
Così i tempi si fanno molto risicati. La finestra potrebbe essere quella di andare al voto politico in contemporanea alle elezioni europee, intorno al 24 maggio, la data in cui nel 1918 gli italiani fermarono gli invasori austriaci sul Piave. La prima tornata, del doppio turno eventualmente approvato, dovrebbe essere il 10 maggio, quindi scontando una quarantina di giorni di campagna elettorale, le camere dovrebbero sciogliersi a fine marzo, il che significa che ci sono poco più di tre mesi per approvare una nuova legge elettorale che non si è riusciti a fare in più di tre legislature. Si farà? Forse; sarebbe quasi come quel miracolo che il generale Diaz fece sul Piave 96 anni prima.
Ma c’è anche un’altra minaccia che incombe su Ren-zi. Il doppio turno è un artificio per eliminare per legge, di fatto, il terzo incomodo della politica italiana, Beppe Grillo. Questi rischierebbe di essere schiacciato da accordi aperti o meno tra i due grandi partiti di destra e sinistra in caso di doppio turno.
Forse anche per questo Grillo ha sollevato un problema giuridico potenzialmente atomico. Dice: se la legge elettorale è incostituzionale, anche il Parlamento eletto è incostituzionale. Quindi come fa un Parlamento incostituzionale a cambiare una legge elettorale?
Specie poi se la legge di fatto punisce un partito che ha ottenuto il 25% dei suffragi e che rischia di sparire con un doppio turno? Ci vuole tutta la fantasia politica possibile per dirimere questo garbuglio. Grillo potrebbe essere escluso con un colpo di penna? O avrà bisogno di un qualche compenso politico? Un “inciucino” piccolo-piccolo per lui? O lui farà saltare il banco?
Ancora: Matteo Ren-zi rischia di andare alle elezioni e prendersi tutto, il governo per cinque anni, e passi, ma anche scegliere il prossimo presidente della Repubblica. Infatti, in caso di riforma elettorale e vittoria piena di Ren-zi, finirebbe la straordinarietà politica italiana e, a quel punto, Napolitano 89enne potrebbe essere spinto più o meno educatamente fuori dal suo secondo mandato. Il neo eletto alla segreteria del Pd potrebbe farsi allora il suo presidente. La destra accetterebbe questo, oltre alla penitenza di cinque anni di opposizione? Oppure contratterebbe un nome condiviso?
In tempi normali tutto questo sarebbe un compito impossibile, ma nell’Italia dei miracoli, che sta vedendo una Caporetto, come quella che nel 1917 travolse l’Italia del generale Cadorna, forse Ren-zi potrebbe essere l’uomo del destino, colui che fa quadrare tutti i cerchi. Che lo sia davvero lo vedremo forse già da oggi. Per rispettare la tabella di marcia, Ren-zi non potrà avere compassione e mettere tutti sotto pressione. Se salta la riforma elettorale e poi salta il voto politico, il sindaco di Firenze dovrà farsi un anno di purgatorio dietro il premier Enrico Letta, Alfano, Berlusconi, Grillo. Potrebbe anche non sopravvivere a tanto. Per questo deve arrivare al governo in giugno.
Certo, allora arriverebbero i problemi veri. Ci sono le riforme da fare, tra cui il saggissimo Lucio Caracciolo sottolinea quella che riguarda la burocrazia. Colonna di forza quando lo Sstato stava franando e, quando l’apparato deve essere riformato, la burocrazia è il più grande ostacolo, come stanno mettendo in evidenza le cronache cinesi di questi giorni, che raccontano della guerra che il presidente Xi Jinping ha scatenato contro lo strapotere della sua burocrazia.
Il nuovo segretario del Pd dovrà affrontare una doppia sfida una volta al potere: combattere una burocrazia che vuole difendere se stessa e lanciare le riforme per trasformare il paese. Cioè se tutto va bene, davanti a Ren-zi e all’Italia, ci sarà un anno di montagne da scalare una più grande dell’altra, il tutto con il rischio di precipitare ad ogni passo. Di certo per ora c’è pochissimo, solo un fatto: da ora fino alle elezioni, il paese è senza governo.
Letta, già prima debole, ora è debolissimo, con un’ombra tanto grande alle spalle. In queste condizioni la scelta razionale sarebbe quindi affrettarsi per andare al voto, e dare al più presto la palla al maestro umanitario per vedere come la gioca. Ma nel paese del catenaccio, della super attenzione al proprio particulare, molti giocheranno contro di lui.