La politica qui in Cina è un gioco di ombre, di finte, di misteri, di silenzi, di apparenti dimenticanze, di interpretazioni particolari e sviamenti per secondi, terzi, quarti… fini. Ciò può essere perché è ufficialmente segreta, non aperta al pubblico o allo scrutinio della stampa indipendente; e lo è oggi così come lo è stata per i venti secoli della storia imperiale.

Questo il motivo sostanziale per cui è difficile capirla, ma in Italia no. Lì tutto è aperto, tutti parlano con tutti e quindi tutto dovrebbe essere, se non trasparente, almeno più chiaro. Eppure dalla distanza non pare così. Comunque nel buio cinese direzioni di marcia politiche generali (anche se non i dettagli) sono chiare, in Italia invece non si capisce alcunché, a dispetto della tanta luce. Questo sarà forse anche perché acceca più la troppa luce del buio, che non è mai totale.

Il caso e la posizione del neo capo del partito della sinistra Matteo Renzi, per esempio, sono emblematici. L’informatissimo Stefano Folli, forse il più acuto analista della politica italiana, ha detto nei giorni scorsi che si sarebbe venuto di fatto a creare un patto di stabilità forte tra Renzi, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il premier Enrico Letta. Tale patto dovrebbe traghettare l’Italia oltre il 2014 e verso elezioni anticipate da tenersi nel 2015 o forse anche più in là.

Il patto, sostenuto da una parte della destra, guidata da Angelino Alfano e scissa ufficialmente dal leader Silvio Berlusconi, potrebbe fare le riforme tanto necessarie al paese.

Molti in Italia sostengono questa tesi, e, poiché ci vivono e parlano con i protagonisti, sapranno tutto molto meglio di chi invece è lontano. Inoltre tali notizie potrebbero ingenerare un circolo virtuoso di stabilità che aiuta ancora di più l’atmosfera generale. Ma dalla distanza pensiamo che le cose non possano essere così per ragioni di logica politica generale. Quindi questo errore potrebbe generarne altri, perché se non si vede con esattezza dov’è la palla nel biliardo quando si tira l’altra biglia, comunque la si tiri, con l’effetto a destra, sinistra, in alto, in basso, al centro, si rischia di sbagliare.

La logica, quindi. Renzi oggi è padrone del partito, ma non del governo. Se non prende il governo nel 2014, prima del semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea (nella seconda metà del 2014), si troverà in un posizione difficile nel 2015. Se infatti Letta fa bene nel semestre, il merito sarà suo. Letta accoglierà presidenti e premier di tutto il mondo come capo della più grande entità economica del pianeta, la Ue. Questi capi di Stato o di governo avranno un’impressione buona o cattiva di lui che avrà poco e nulla a che fare con Renzi, il cui ruolo vero sarà per di più incomprensibile all’estero.

A quel punto, a gennaio del 2015, se Renzi sarà stato leale come portatore d’acqua del premier, ci saranno due possibilità. 1) Se Letta avrà fatto bene, cosa che potrebbe essere, perché è un ruolo in gran parte di immagine e Letta è un grande cerimoniere, l’attuale premier sarà oggettivamente l’eroe dell’Italia in Italia e nel mondo. 2) Se Letta avrà fatto male Renzi non potrà esimersi dal condividere le responsabilità, come capo del maggiore partito di sostegno al premier.

In altri termini, a quel punto un Renzi leale rischia di essere morto a causa di Letta presidente europeo per sei mesi. Inoltre c’è una storia di leader del Pd divorati e sputati dal partito, gente come Occhetto, Veltroni, Rutelli… Renzi potrebbe essere l’ultimo della serie.

Diversamente, Renzi potrebbe decidere di non essere leale in quel semestre, ma forse sarebbe peggio. In Italia e nel mondo apparirebbe come il grande destabilizzatore del paese, in quel momento sotto grandissimo scrutinio. Allora, comunque vada per la politica italiana e per Renzi, sarebbe l’ultimo dei politici senza scrupoli in una lunga tradizione di politici italiani senza scrupoli. Quindi, premier o meno, partirebbe con il piede sbagliato in politica internazionale, che sempre più condiziona le politiche interne, specie in paesi medi e deboli come l’Italia.

Per non trovarsi in questo pasticcio, o anche solo rischiare di trovarcisi, Renzi deve andare alle elezioni prima del semestre. Lui o gli altri forse oggi non se ne rendono conto, ma ci sono logiche oggettive talmente forti che prima o poi appaiono chiare, ed è bene averle chiare con grande anticipo, perché solo l’anticipo può evitare il danno generale.

Ci sono quindi ragioni interne molto pratiche di conflitto. Renzi ha il partito ma non ha i parlamentari del partito, che sono stati per lo più suoi avversari. Ora, come accade ovunque, molti tenteranno di saltare sul carro del vincitore, ma non potranno essere tutti accolti, perché Renzi non potrà circondarsi solo di uomini non suoi e lasciare i suoi in seconda linea. Ciò perché questo in politica non si fa, e poi perché rischierebbe di alienarsi i suoi, che gli sono fedeli, e avere il “sostegno” di “traditori” che potranno essergli domani infedeli così come oggi sono infedeli al vecchio apparato.

Questi parlamentari, o molti di loro, sanno quindi che non saranno ricandidati ed eletti alle prossime elezioni e non vogliono elezioni anticipate che li “rottamino”. Hanno invece tutto l’interesse a rottamare Renzi con l’unica arma a loro disposizione oggi: il logoramento, cosa in cui il semestre italiano giocherebbe molto. Difficile che Renzi non intuisca o non conosca bene questa situazione. Perciò ha una ragione in più per temere il logoramento e tentare di evitarlo.

Né Renzi deve e può farsi logorare, per qualunque ragione alta o bassa che sia. Eletto dalla stragrande maggioranza del suo partito, ha un mandato fortissimo e aspettative legittime di andare a governare. Se fermasse la sua corsa al governo e accettasse di farsi logorare tradirebbe i suoi votanti e ogni spirito democratico che vuole vedere un leader eletto alla prova del governo per poi confermarlo o meno al voto successivo.

Questa è logica, ma come spesso accade con gli edifici teorici essi possono franare perché si è mancato di vedere un punto fondamentale che invalida la logica, perciò occorre confrontarsi con i fatti.

I fatti recenti ci pare però che stavolta confermino la logica e la rafforzino. Questi ragionamenti freddi di palazzo non comprendono il disagio sociale crescente, il fenomeno dei forconi che Berlusconi e Grillo, oggi all’opposizione, vorrebbero cavalcare (o stanno già cavalcando) anche se con qualche attenzione.

I forconi sono un fenomeno nuovo. Ci sono studenti, pochi operai, e molti piccoli imprenditori, bottegai che si sentono a rischio e che vanno a dimostrare magari anche in Jaguar, come raccontano le cronache. È un fenomeno in realtà internazionale. Le camicie rosse thailandesi, leali all’ex premier Thaksin Shinawatra e ostili alla corte del re, non sono operai né sottoproletari in affitto. Sono una classe emergente che cerca di difendere la sua ascesa contro i vecchi poteri forti di un’aristocrazia di sangue e di denaro tradizionalista, monarchica e ostile all’emergenza di concorrenti. Anche loro spesso arrivano ai raduni di protesta alla guida di super Suv Toyota.

Se i forconi italiani saranno cavalcati per mesi da Berlusconi e Grillo, questi possono fare saltare qualunque governo, qualunque assetto, e Renzi con esso. Renzi (ma forse a questo punto anche le forze responsabili e di stabilità del paese) dovrebbe giocare d’anticipo: arrivare a un redde rationem elettorale prima possibile.

Qui però si ritorna al nodo che avevamo visto la settimana scorsa. Occorre una riforma della legge elettorale in senso maggioritario chiaro, perché votare con la riforma elettorale di fatto imposta dalla Corte costituzionale con la sentenza sul porcellum (l’attuale legge elettorale) non darebbe chiari vincitori e rischierebbe di frantumare ulteriormente la situazione.

Una politica italiana frantumata rischierebbe di far saltare il banco europeo. La situazione economica in Francia (secondo paese dell’eurozona) è grave e una crisi italiana potrebbe innescarne una francese e quindi europea. In Francia, secondo alcuni economisti, la situazione economica potrebbe essere anche peggiore di quella italiana, dove esiste un’industria forte e vitale (alcuni imprenditori oggi sono con i forconi) a fronte di un apparato statale inefficiente. Maè difficile che la Francia, con uno Stato forte ed efficiente, esploda per prima. Diverso però se lo Stato italiano affonda nella melma.

La domanda diventa: in Italia una legge maggioritaria chiarificatrice è possibile con i forconi in piazza e tanti in parlamento, a cominciare da Grillo, che rischiano di sparire con tale legge?

Forse è qui che si deve saldare un’intesa profonda tra Napolitano, Letta, Renzi e Alfano: trovare rapidamente una formula di legge maggioritaria che accontenti tutti e porti presto l’Italia a un voto chiarificatore. Questo forse indicava Folli.

In ciò l’agitare dei forconi non aiuta, perché tutte le forze di stabilità possono temere di essere infilzate dai loro denti e quindi la tentazione di ciascuno dei partner può essere non quella di serrare i ranghi, ma fuggire.

Qui ahimè si vede un incrocio infernale di logiche di palazzo, proteste di piazza e crisi economica e sociale che rischia di scivolare in rivoluzione o in colpo di Stato, qualunque sia la coloritura moderna che prenderà la rivoluzione o il golpe. Ciò, purtroppo, lo avevamo previsto due anni fa, e allora avevamo detto che per evitare rivoluzione o golpe c’erano pochissimi anni, forse addirittura mesi. In forza anche di questo, oseremmo oggi dire che adesso, per evitare un golpe o una rivoluzione, c’è ancora meno tempo, forse pochi mesi, forse addirittura settimane se i forconi continueranno a protestare sotto Natale.

A questo punto spereremmo molto di sbagliarci, e saremmo felici di tale errore o di essere smentiti da un colpo di reni e di responsabilità del parlamento che vari presto le riforme necessarie.