A guardare la stampa italiana in questi giorni sembra che il paese si stia apprestando all’apocalisse.
Il resto del mondo è preoccupato della crisi in Egitto, dove i militari hanno arrestato il presidente eletto, e amico dei famigerati “fratelli islamici” Morsi; quindi c’è la crisi in Siria, dilaniata ormai da una guerra fratricida; c’è la tensione più o meno latente tra la Cina e il Giappone sulle isole Senkaku; c’è l’America dove la crisi non ha smesso di mordere ma che ormai pensa a quando fra quattro, cinque anni, smetterà di importare petrolio grazie al suo shale gas; c’è infine la Germania che il 22 settembre andrà alle urne e deciderà delle sorti dell’Europa.
In Italia questi problemi paiono distanti, e tutti sono concentrati, allarmati quasi al parossismo per quello che succederà quando la Corte di Cassazione dovrà emettere la sentenza su Silvio Berlusconi.
Eugenio Scalfari, leader emerito del più potente giornale-partito d’Italia, La Repubblica, domenica dava sì il catalogo, quasi come quello di Leporello – riforma della legge elettorale, del finanziamento dei partiti, della Costituzione e snellimento massiccio della politica e della burocrazia -, Ma poi ammetteva nella coda, che tutto questo si impernia sul fatto che Berlusconi non farà cadere il governo in caso di sua (probabile) condanna.
Scalfari avvertiva che se il Cavaliere si facesse prendere la mano e facesse cadere il governo poi sarebbe peggio per lui, perché i tanti altri conti politici e giudiziari precipiterebbero. Né sarebbe meglio per il suo luogotenente al governo, Angelino Alfano, su cui grava il sospetto che abbia colpevolmente coperto l’espulsione dall’Italia in Kazakhstan della moglie e figlioletta di un dissidente kazako, Alma Shalabayeva. Meglio condannati e stampella del governo che fuori dalle poltrone e sotto il fuoco di fila, spiegava Scalfari.
Ma sarà poi vero? O è solo una minaccia, una speranza? Perché tutte le alchimie politiche sembrano precarie. Grillo grida che vuole andare al più presto alle urne, e quindi si unirebbe a Berlusconi in una crisi di governo. Sarà vero o è un gioco anche questo? Chi vuole vederlo questo gioco?
D’altro canto invece un gioco diverso appare più scoperto. La minaccia del presidente Napolitano di dimettersi in caso di crisi aperta da Berlusconi e schiudere la possibilità della presidenza di Stefano Rodotà (ultra nemico di Berlusconi) oggi è più difficile per i tempi. Un tale scenario dovrebbe chiudersi poco dopo le elezioni tedesche ed evitando un vortice finanziario intorno alla fragilissima Borsa italiana nel rischiosissimo mese di agosto.
Cioè, in realtà il senso dell’Apocalisse deriva dal fatto che, al di là degli appelli alla calma, c’è un altro scenario concreto. È possibile che dopo una sua condanna Berlusconi possa far saltare il governo pagando danni limitati e avviandosi al rischio di una nuova trattativa di governo o a elezioni anticipate in autunno dove spera in una rimonta per il suo effetto immagine.
È un azzardo, certo, ma potrebbe essere meno pericoloso per il Cavaliere della certezza di essere strizzato come un limone dopo la condanna. La situazione per lui infatti dopo la sentenza non migliorerebbe, anzi. Quindi forse il suo calcolo potrebbe essere quello di giocarsi il tutto per tutto nel torrido agosto.
Per questo molti speravano almeno in soluzioni intermedie, come un rinvio che potesse portare il giudizio a Berlusconi a dopo le decisive elezioni tedesche, a dopo che i partiti di governo abbiano trovato una quadra contro il tartaro alle porte, nella persona di Beppe Grillo. Questi infatti avrà perso un po’ del suo smalto, ma potrebbe sempre riprenderselo di fronte allo sfacelo totale e quindi rimane pericolosissimo. Senza parlare dell’umiliazione generale della politica con la prospettiva di un astensionismo al 50%.
Senza parlare del rischio più grande: la spaccatura verticale dei democratici in pro o contro Renzi. A leggere le cronache, sembra che metà del Pd tema Renzi più di Berlusconi o di Grillo. Questa disfida, come i duelli che prima di una grande battaglia avvenivano tra i generali del periodo dei Tre Regni in Cina (III-IV secolo dopo Cristo), potrebbe far franare il Paese e il governo anche senza l’intervento di Berlusconi. Perché poi tanto odio per Renzi? Boh.
Del resto dalla distanza non capiamo quali sono le divisioni politiche di sostanza tra alcuno dei partiti in lizza. In sostanza, il catalogo di Scalfari comprende cose che erano ampiamente nell’agenda di Grillo e sono condivise, certamente, anche da Berlusconi e suoi.
Certo, ci sono problemi enormi di fiducia: chi si fida che gli “sfasciatori del sistema” di ieri riparino e riformino il sistema oggi? In questo senso il 50% di astensioni dice che la maggioranza degli italiani davvero non si fida di nessuno. E per Grillo gli elettori si fidano che lui il sistema lo riesca a sfasciare, sì, ma cominciano a credere che poi non lo saprà rimontare.
La via vera allora sarebbe che i partiti tradizionali provassero a volere smontare il vecchio sistema (cosa che ancora non hanno cominciato a fare, visto che le riforme sono solo ampiamente nelle carte e i loro scranni sono sempre popolati da gente con interessi profondi nella conservazione del sistema e non da uomini nuovi). In competizione Grillo provi che abbia idea di come realisticamente cambiare il Paese, circondandosi di gente di valore e buon senso, e non di (ci perdonino) volenterosi scriteriati che non sanno trovare il Parlamento a Roma.
Questo non succederà, perché lo diciamo da tre anni e finora non è successo. Questo è il più grave peso per l’Italia. Avrà ragione Fortis che su queste pagine spiegava che i numeri italiani se letti attentamente provano come la situazione economica stia migliorando o non sia peggiore di altri paesi. Ma è l’atmosfera politica che rimane caoticamente instabile o al meglio incomprensibile a chi dall’esterno vorrebbe scelte chiare, quindi è questo caos che pesa più di ogni cosa sull’economia.
In questo caos, allora, il battito d’ali della farfalla Berlusconi, condannata o meno, può far precipitare le cose o mantenerle in equilibrio altamente instabile. Un rinvio sarebbe una manna… ma forse non servirebbe nemmeno perché poi Renzi o i suoi nemici potrebbero fare scivolare tutto i primi di agosto.
Così l’apocalisse italiana sembra già cominciata con i suoi segni del cielo che uno dopo l’altro annunciano l’ora del giudizio, non per un uomo, ma per un paese. C’è tempo per fermarsi, fare passi indietro. Il primo sarebbe non condannare Berlusconi, il secondo evitare la rissa nel Pd i primi di agosto. Tra poche ore vedremo se i partiti e le istituzioni avranno il buon senso di farlo.