L’incontro tra i capi dei due maggiori partiti d’Italia Matteo Renzi (Pd) e Silvio Berlusconi (Forza Italia) potrebbe essere semplicemente un atto dovuto in un sistema democratico: i due si incontrano per scambiarsi idee e finisce qui.

Solo che forse, per la situazione politica attuale nel paese e per il carattere e le ambizioni dei due uomini, le cose potrebbero essere molto diverse, come del resto trapela anche in tante cronache italiane in queste ore.

Renzi e Berlusconi si sono incontrati per stabilire le regole del gioco, cioè le linee della riforma elettorale con cui votare e delle riforme istituzionali da far marciare dopo il voto. Questa agenda ha molti problemi politici e tecnici, ma forse è anche l’unica praticabile oggi in Italia. Solo , come vedremo, dovrà essere accompagnata da un grande progetto cultural-politico, altrimenti potrebbe far esplodere tutto.

Come è stato giustamente rilevato su queste pagine, i due stanno mettendo insieme riforme istituzionali (quindi costituzionali) e governabilità. Le due esigenze andrebbero separate.

Le riforme costituzionali dovrebbero avere un ampio supporto popolare e quindi, come fu per la Costituente dopo la seconda guerra mondiale, essere approvate da un parlamento eletto con rappresentanza proporzionale. Le esigenze di governare invece dovrebbero portare all’ipotesi di “una legge che favorisca il bipolarismo, la governabilità ed elimini il potere di ricatto dei partiti più piccoli” (Renzi), verso cui le parti si stanno dirigendo. Verrebbe quasi da aggingere: con la speranza di cancellare con un colpo di penna la variante Grillo e i suoi Cinque Stelle, quasi fossero una versione italiana dell’ultradestra Marine Le Pen.

La forzatura quindi di decidere le nuove regole è tutta politica. Può essere di fatto un colpo di mano para istituzionale, visto che sulla carta i due rappresentano più del 50 per cento dei suffragi; non bello, perché una metà dell’Italia ne sarebbe esclusa, ma forse necessario per uscire dallo stallo politico in cui il paese galleggia da anni.

I due potrebbero spaventarsi alla prospettiva di avere metà del paese contro e ritirarsi, oppure spingersi avanti convinti che in questo frangente solo così si possa governare. Ciò poi andrebbe a soddisfare anche le loro ambizioni personali, uno dei grandi motori della politica.

La spinta in avanti ha dei pericoli, ma anche necessità proprie. Il pericolo maggiore è l’attesa eliminazione parlamentare di Grillo. Questi non è Le Pen, rappresenta una voce che, per quanto stonata e spesso puerile, è sempre più legittima, come dimostra la recente adesione di Vattimo, un filosofo dell’establishment italiano, ai Grillini.

Il rischio di avere un partito così con il 20-25% dei suffragi fuori dal Parlamento − o lì fortemente sotto rappresentato −, rischia di portare l’opposizione e il confronto politico in piazza, e quindi fuori dalla mediazione delle istituzioni democratiche.

Altro rischio è se il voto politico sarà disgiunto dalla data delle europee; e lo sarà, poiché il dichiarato programma d i fare le riforme proietta il voto politico al 2015. Il risultato delle europee comunque esprimerà un giudizio, probabilmente negativo, sull’operato del governo. Tale percezione sarebbe rafforzata se pochi andranno alle urne, poiché Grillo e i suoi potranno dire che il paese è a tutto tondo contro la vecchia classe politica.

Il premier Enrico Letta andrebbe quindi al semestre di presidenza italiano come un’anatra molto zoppa, ma magari sarebbe rafforzato dall’arena internazionale, visto che lui, a differenza di Berlusconi e Renzi, sa l’inglese e ha familiarità con le platee internazionali. Se invece il governo uscisse vincente dalle europee, ciò sarebbe un colpo quasi alla tempia per le ambizioni di Renzi o Berlusconi.

C’è poi un altro fattore da considerare.  Ammesso che la nuova legge elettorale prenda davvero corpo, molti deputati sono più che restii a cambiare le regole elettorali, consci di non essere rieletti, e che una volta cambiata la legge perderanno un ottimo stipendio. In Italia questo potrebbe non essere l’ultimo dei problemi. I due devono quindi convincere una maggioranza di prossimi disoccupati a dimettersi per permettere a Berlusconi o Renzi di governare… In teoria è possibile superare tutti questi ostacoli. Nel vecchio mercato della politica i capi dei partiti hanno molte leve per forzare i subordinati alla disciplina. È poi possibile che una anche minoranza si imponga e riesca a governare voci importanti di un paese, e il sacrificio dei grillini di oggi non sarebbe senza precedenti.

Lo stallo perdurante da anni spinge oggettivamente, al di là delle ambizioni di alcuno, a una forzatura istituzionale contro larghe fasce del paese, e tale forzatura in altri tempi, e con altri metodi, sarebbe considerato un golpe. In ciò si conferma quello che avevamo previsto su queste pagine mesi fa. Golpe o rivoluzioni non sono belli, ma la storia della politica mondiale ne è costellata e quindi c’è poco da scandalizzarsi se oggi ce n’è uno in Italia.

Il problema grave però è un altro. Se anche il golpe avrà successo poi si dovrà fare una grande politica di riforme significative, altrimenti i vincitori saranno nuovamente travolti dalle piazze. Una forzatura c’era stata con il governo Monti. La sua presa del potere si è verificata, ma è fallita perché Monti non ha potuto/voluto imporre subito grandi idee di sviluppo politico.

Allo stesso modo, e forse peggio, Renzi e Berlusconi rischiano di essere travolti se impongono grandi riforme della legge elettorale non accompagnate da un’ipotesi forte di rilancio culturale ed economico del paese. Per l’economia, l’unica strada che vediamo percorribile è il lancio del porto di Taranto come snodo di traffici tra Europa e Oriente. Solo se agganciata fattivamente a un nuovo ideale di Europa anche l’Italia può ripartire. Su questo tema c’era un appello firmato nei mesi scorsi da Paolo Savona.

Forse queste ipotesi politiche non funzionano, sono sbagliate; che Renzi e Berlusconi ne propongano altre, ma devono esserci, perché altrimenti la loro forzatura istituzionale potrebbe essere travolta da una rivoluzione. Oppure si ritirino, non forzino nulla, e si vada al voto con il proporzionale. O infine Renzi e Berlusconi si sacrifichino per far governare Letta fino a fine anno. Ma il rischio peggiore per il paese è andare verso il semi-golpe per poi rimanere senza una grande politica.