L’Italia che il premier cinese Li Keqiang troverà durante la sua prossima visita in Italia dovrà rispondere a un semplice quesito: quanto questo governo di Matteo Renzi durerà effettivamente?
Li, che guida la Cina con un governo forse fin troppo forte, arriverà a Roma dopo due tappe in paesi con governi comunque molto stabili, Russia e Germania.
Qui si stanno siglando accordi economici e politici importanti. In Russia la Cina è interessata alle materie prime, in Germania all’industria. Entrambe possono offrire grandi opportunità di sinergie con la Cina.
Per quanto attiene la politica la Cina è preoccupata che il conflitto in Ucraina crei un crescente isolamento della Russia, cosa che in passato ha spinto il paese a colpi di coda bizzarri. Con la Germania poi condivide questa preoccupazione sulla Russia e ha interesse a coordinare le politiche in modo da evitare che la situazione sfugga di mano.
Con l’Italia non ci sono agende politiche forti da discutere, tanto più che da mesi l’Italia non ha un ministro degli esteri e la diplomazia ormai si muove in maniera forse autocefala. Per quanto riguarda l’economia, in teoria ci sono molti punti di interesse, ma chi garantisce che questo governo sia in grado di mantenere le sue promesse? Il porto di Taranto, che doveva essere il punto di arrivo della moderna “via della seta”, è stato abbandonato per ritardi di oltre dieci anni delle autorità italiane; altri progetti infrastrutturali rischiano una simile incertezza.
Gli investimenti finanziari cinesi in aziende italiane possono essere interessanti, ma sono in effetti strategici? E in che misura le potrebbero diventare se manca un orizzonte politico chiaro?
In Italia circolano nuove voci di elezioni anticipate ed elezioni del presidente della Repubblica. Le elezioni anticipate, secondo le voci, hanno una logica di potere e strutturale. I tre capi dei maggiori partiti, Renzi, Silvio Berlusconi e Beppe Grillo non hanno infatti il controllo dei loro gruppi parlamentari.
Nuove elezioni, con nuove liste, chiunque vinca, riporterebbero i parlamentari alla fedeltà ai rispettivi capi. Questa nuova disciplina sarebbe la premessa per far votare le riforme istituzionali che oggi paiono incagliate e che, secondo Renzi, erano il Pin per far ripartire il telefono-Italia.
Le elezioni del presidente potrebbero essere prima o dopo quelle parlamentari, a seconda dei patti (a noi ignoti) tra almeno due dei grandi capi in lizza, Renzi e Berlusconi.
Queste doppie elezioni, parlamentari o presidenziali, dovrebbero avvenire all’inizio dell’anno prossimo… o forse no, perché tra qualche mese le volatili alchimie e tattiche politiche italiane saranno ancora mutate.
Ma con questo altissimo grado di incertezza, dove non si sa nemmeno se si andrà o meno a votare e per cosa, come si fanno a prendere accordi economici e politici di lungo termine?
Inoltre il panorama politico negli ultimi due mesi è mutato. Renzi, che solo poco prima sembrava il salvatore della patria, oggi è un bersaglio continuo di attacchi della stampa, come quasi lo fu Berlusconi. Tali attacchi potrebbero non avere effetto sul voto. La gente potrebbe per mille motivi votare ancora per Renzi e ciò riporterebbe al panorama già noto, come lo fu per Berlusconi, di un governo sotto assedio dei grandi giornali, italiani ed esteri, tutti all’opposizione.
Sarebbe ciò la prova di una spaccatura profonda della società italiana con effetti moltiplicatori sull’economia che per mille motivi non sta decollando. Né si sa se il job act, oggi in discussione, più lo sforamento di bilancio, quasi certo a questo punto, potranno comunque avere un effetto — e quale — sull’economia nazionale.
Il panorama internazionale è infatti incerto come e peggio di quello italiano. Le sanzioni alla Russia sono un colpo duro per Mosca, ma non lasciano gli europei incolumi; il Medio Oriente è in fiamme senza sapere come e quando queste fiamme saranno domate dopo 14 anni di tentativi falliti. La ripresa americana è meno brillante di quanto si sperasse e la Cina, punita dalle dimostrazioni di Hong Kong, dalle drastiche riforme interne e dal quadro internazionale non tornerà presto ad aumenti del tasso di crescita del Prodotto interno lordo a due cifre, anche se il totale sarà sempre enorme.
In tale situazione l’Italia potrebbe essere un anello debole di una catena comunque fragile. Questa fragilità paradossalmente è stata la maggiore forza di ricatto dell’Italia fino ad oggi, ma se le fragilità globali si moltiplicano l’Italia perde la sua unicità: perché si dovrebbe tamponare qui quando le falle sono dappertutto e potenzialmente più grandi?
Forse questo è il più grande rischio che in prospettiva corre il paese, e ciò grava su Renzi o altri, col premier cinese o chiunque.