Il governo di Matteo Renzi sta sterzando e lo sta facendo, visto dalla Cina, dalla parte giusta. Ha lasciato da parte l’impervia, per molti versi incomprensibile e certo non impellente riforma istituzionale, e ha preso di petto la scottante riforma del lavoro, richiesta con urgente drammaticità da Bruxelles. Quindi ora ha messo da parte le sciocchezze fotogeniche della gioventù allo sbaraglio e ha preso un uomo solido, Paolo Gentiloni, per il posto oggi più delicato per lui, quello di ministro degli Esteri.

Infatti è chiaro che le riforme del lavoro non avranno un effetto “bacchetta magica” sull’economia e questa è solo la prima delle tante riforme istituzionali che toccano al Paese. E’ allora fondamentale comunicare e spiegare all’estero cosa sta succedendo in Italia e cosa vuole fare il paese.

Ciò non può essere fatto dal premier con un sms o con due frasi estemporanee, a effetto, tradotte più o meno male ad un vertice internazionale. Deve essere fatto con una politica estera vera, che finora non è ancora cominciata.

La sfida di Gentiloni è quindi enorme. Dopo mesi di fantasia più o meno allo sbaraglio, che hanno tradito le speranze iniziali su Renzi, si tratta di convincere l’opinione pubblica internazionale e le cancellerie del mondo che l’Italia fa sul serio.

Questo messaggio è fondamentale perché la riforma del lavoro non sarà l’ultima né la definitiva che farà decisamente ripartire il paese. Troppi e troppo grandi sono le sfide del Paese, per cui ci vuole tempo e per avere tempo si deve dare un’impressione di determinazione e serietà, cosa che dopo i primi entusiasmi Renzi personalmente non è riuscito a fare.

Quindi chapeau a Renzi che si corregge in corsa, operazione difficilissima. Oltre a una comunicazione sull’Italia però bisogna far ripartire una politica estera a 360 gradi e qui ci sono delle mine enormi.

La prima è quella indiana. La polemica sui marò sta avvelenando le relazioni con questa superpotenza emergente che ha già fatto sapere che non parteciperà all’Expo di Milano del prossimo anno. Un’expo sul cibo e sull’agricoltura senza il più grande paese con problemi di cibo e sviluppo agricolo nasce zoppo.

Inoltre, l’Italia avrebbe bisogno di crescere insieme all’India, uno dei mercati potenzialmente più grandi al mondo. Non solo. La polemica indiana appare al mondo inadeguata e di cattivo gusto: nessun altro paese si è affogato in polemiche internazionali di questo genere per vicende analoghe.

La seconda sfida è la Cina. Ci sono stati piccoli, simbolici interventi finanziari, ma in realtà il grande investimento strategico, nel porto di Taranto, quello che avrebbe potuto cambiare la faccia dell’Europa, è naufragato, perché a 15 anni dalla firma del contratto i lavori di adattamento delle strutture esistenti non sono ancora cominciati!

Questo è un messaggio che fa venire i brividi lungo la schiena di mille stranieri che in teoria sarebbero interessati a venire in Italia per crescere nel paese e non solo per mordi e fuggi, o a svuotare aziende italiane.

Oggi la Cina di Xi Jinping ha lanciato in grande stile la nuova via della seta che, come la vecchia, dovrebbe finire in Italia. Roma per caso è interessata? Se non lo è, la Cina può bypassare l’Italia senza accorgersene e passare da mille altre parti più attive.

Ultimo, ma più importante di tutti, è il fronte americano. Qui il banco di prova è la vicenda russa con l’Ucraina. L’Italia forse ha certo bisogno del petrolio russo e più ancora vuole prevenire la disintegrazione della Russia, che potrebbe essere messa in moto da una crisi finanziaria per le sanzioni. Inoltre, la Russia ha certo interessi legittimi da rispettare.

E queste sono considerazioni comunque legittime per l’Italia. Come si può dialogare con un paese che in un momento di difficoltà muove i carri armati? È come se nel mezzo di una trattativa commerciale qualcuno tirasse fuori una pistola e la mettesse sul tavolo. Saltano tutte le regole del gioco e cambiano anche le posizioni del dialogo.

L’Italia, membro della Nato, non può pensare con il vecchio detto “Francia o Spagna purché se magna”, anche perché, come è poi successo nella storia, sia Spagna che Francia si sono mangiati l’Italia e gli italiani. Ma certo, l’Italia può contribuire con una duttilità tutta sua nel trovare una mediazione e un compromesso che servono oggi a tutti.

Riuscirà Gentiloni a tenere la barra dritta su tutto mentre Renzi governerà? Il nuovo ministro lo dovrà dimostrare, ma per ora almeno Renzi ha passato l’esame.