Forse la situazione italiana è a una svolta? Dopo il vertice Renzi-Berlusconi la coppia pare essersi finalmente imbarcata in un programma deciso di riforme, che dovrebbe portare rapidamente a un cambio della legge elettorale e, successivamente, anche all’abolizione del Senato. Quest’ultima riforma dovrebbe limitare le spese della politica – uno schiaffo alla miseria rispetto ai crescenti sacrifici richiesti alla gente comune – e snellire le procedure parlamentari per i passaggi delle leggi.



Se queste riforme procederanno di buon passo e ad esse se ne aggiungeranno altre, effettivamente si darebbe l’impressione che un grande cambiamento è in corso e a quel punto, forse, i tempi delle elezioni potrebbero allontanarsi.

In realtà la situazione rimane molto instabile e i sentimenti sono roventi, come ha dimostrato la protesta dei grillini al Parlamento dei giorni scorsi, violenta forse quasi come le escandescenze di certi deputati in camicia nera circa un secolo fa. Per questo i conti di oggi potrebbero essere rovesciati domani, ma ad oggi lo scenario parrebbe essere il seguente.



Renzi spinge per riforme istituzionali importanti e in tal modo riesce a recuperare voti che oggi starebbero affluendo verso i grillini. Per Renzi è un rischio, perché la popolarità di oggi potrebbe rapidamente evaporare tra un anno, ma forse è un rischio che il sindaco può correre se appunto riesce a realizzare in pochi mesi cambiamenti importanti.

Oltre a questo Renzi potrebbe volere anche cambiamenti di potere sostanziali. Dopo l’approvazione della riforma elettorale, Giorgio Napolitano potrebbe dimettersi da presidente e quindi Renzi e Berlusconi potrebbero scegliere il loro presidente. Contemporaneamente il nuovo ruolo di capo del Pd darebbe a Renzi poteri simili a quelli che aveva il segretario della Dc dei tempi andati. Allora era il segretario Dc a comandare e il presidente del Consiglio era una specie di spiccia-faccende.



Con questa nuova gerarchia di poteri, Renzi potrebbe quindi “accontentarsi” di lasciare Enrico Letta a palazzo Chigi finché le riforme non sono a posto e l’onda della protesta non sarà rientrata.

Forse proprio la violenza della protesta grillina della settimana scorsa prova che questo piano di Renzi potrebbe funzionare. In tal modo Renzi potrebbe far quadrare il cerchio anche tra i suoi parlamentari: essi voterebbero riforme che tolgono loro posti e potere, ma in cambio potrebbero continuare a restare deputati o senatori ancora per molti mesi. In questo caso le elezioni europee del 24 maggio potrebbero essere solo una prova dell’efficacia del nuovo asse Renzi-Berlusconi e potrebbero far capire a che punto è M5S, la vera forza eversiva in Italia. Oggi qualcuno teme che essi siano il primo partito d’Italia. Se tale timore sarà smentito dalle urne, Renzi sarà a buon punto e potrà meglio tarare i suoi passi successivi.

Naturalmente per evitare l’assedio dei forconi nelle piazze o dei grillini nel palazzo, Renzi deve cambiare sul serio, altrimenti i fragili equilibri su cui si regge la politica di questi giorni franerebbero, con o senza nuovo presidente della Repubblica. Se il voto del 24 maggio diventasse invece un plebiscito contro il governo e il parlamento attuale, Renzi rimpiangerebbe di non essere andato al voto politico insieme alle europee.

Oggi quindi Grillo rischia di essere davvero eroso dalle riforme di Renzi, e deve decidere cosa fare, se scommettere nell’impotenza del Parlamento o nella sua forza di cambiare il movimento. Se Grillo pensa che Renzi possa riuscire, allora dovrebbe farsi più istituzionale, mostrare di essere uomo di governo che si oppone a un altro uomo di governo − magari reclutando un gruppo di uomini di peso per prepararsi a governare sul serio −. Se invece Grillo pensa che Renzi fallirà, allora potrebbe semplicemente continuare a pestare sull’acceleratore della protesta feroce.

In questo perciò occorre scontare anche le super-macchinazioni tattiche della politica italiana. Tra qualche settimana Renzi potrebbe pensare di non farcela a spingere sulle riforme, e allora, piuttosto che rischiare, decidere di andare alle politiche il 24 maggio. Si naviga a vista insomma, ma forse adesso almeno un filo di orizzonte sembra cominciare ad apparire.