Da lontano sembra che la riforma al Senato stia per passare, il taglio della burocrazia anche, il cuneo fiscale pure. La tv ha mostrato l’asta delle auto blu e la fatica di lasciare senza posto migliaia di amministratori delle inutili province.

Non è certo ancora chiaro se l’Italia del neo premier Matteo Renzi ce la farà; esistono dubbi che i conti davvero riescano poi a quadrare in modo da soddisfare i partner europei e il mondo. Ma lo sforzo c’è tutto, specie se lo si confronta con l’inattivismo dei suoi due predecessori, Mario Monti ed Enrico Letta, meno guasconi, con più aplomb e molto più pronti a denunciare lacci e laccioli che ne impedivano lo sforzo di riforma.



Sarà un fuoco di carta, un teatrino che si rivelerà senza scopo? Lo vedremo tra qualche mese, quando il combustibile della carta sarà esaurito. Eppure, in una paralisi di buio, anche un fuoco di carta è un segno di speranza.

In Italia Renzi trascina i sondaggi mettendo anche i rivoluzionari di Grillo sulla difensiva. Anche la gelida e scettica cancelliera di ferro tedesca Angela Merkel pare sia rimasta divertita e bene impressionata dal politico fiorentino, che ha promesso con una gestualità ben studiata di spaccare le montagne.



Ciò detto, forse Renzi ha fatto la sua prima vera scivolata. L’incontro con il presidente Barack Obama pare non sia andato benissimo, contrariamente a quanto molta stampa ha scritto. Questo elemento oggi certo non lo disarciona, ma dovrebbe essere un campanello di allarme per un premier che già molto prima della sua investitura a Palazzo Chigi ha cercato il rapporto americano, conscio che in Europa, ma ancor più in Italia, esso conta nella delicata ingegneria di pesi e contrappesi del potere. Ciò è tanto più importante perché la visita di Obama in Italia era forse uno dei motivi che ha anche spinto Renzi a rovesciare Letta in tutta fretta: per non dargli un’altra occasione di consolidare il rapporto personale con il presidente americano.



Renzi è infatti scivolato sulla questione dell’acquisto degli F35, dicendo a Obama, in sostanza: quasi quasi ne compro meno… mmh perché fai questa faccia? Va bene, li compro lo stesso, se insisti, però mi fai arrivare investimenti e soldi per un controvalore del costo degli aerei? Poi anche su Putin pare che Renzi abbia pattinato, dicendo: beh, in fondo non ha tutti i torti, che vogliamo togliergli la Crimea, che è sua da sempre? E poi come facciamo? quelli ci danno gas, hanno un esercito serio…

Questa rappresentazione della cronaca dell’incontro è senz’altro non puntuale e imprecisa, ed è poco più che un artificio letterario per rendere a uso e consumo di noi gente comune le discrasie e la mancanza di feeling che pare ci siano stati nello spazio rarefatto e fortemente rituale di un incontro di stato tra Obama e Renzi. Quello che forse è stato percepito è il ritorno alla storica inaffidabilità politica italiana, che non è una novità, ma non per questo smette di essere spiacevolmente recepita oltre Atlantico.

L’inaffidabilità ha certo due aspetti simili, ma profondamente diversi. Essa può essere infedeltà e lealtà oppure ancora fedeltà e slealtà, e tra le varie posizioni c’è un mondo di differenza.

In Cina alla fine degli anni 90 l’imprenditore Rupert Murdoch cercava affannosamente di spingere per entrare nel mercato dei media cinesi, ma Pechino diffidava dell’uomo che solo pochi anni prima aveva tuonato contro la dittatura comunista.

In questo frangente una casa editrice di Murdoch stava pubblicando le memorie di Chris Patten, ultimo governatore britannico di Hong Kong e fiero avversario di Pechino durante il suo mandato. Pechino non gradiva il libro, Murdoch lo seppe e cancellò il contratto. Patten pubblicò da un’altra parte e Pechino si fece un’idea del carattere di Murdoch.

Si trattava di un uomo che, in due parole, era fedele ma sleale. Cioè pur di ottenere i suoi vantaggi commerciali veniva meno a impegni presi (con Patten in quel caso). Come oggi tradiva Patten domani avrebbe tradito chiunque per uno spicchio di convenienza, quindi come si faceva a collaborare con lui in uno spazio delicato e importante per la Cina come i media?

Qui è importante invece la lealtà anche a costo dell’infedeltà, perché nel partito comunista cinese oggi vale la regola che il capo può sbagliare e il sottoposto leale deve dirglielo, nella visione del bene alto del paese, anche a rischio di soffrire per la propria franchezza.

Forse non è un tratto culturale unico della Cina e forse è un tratto profondo che caratterizza sistemi seri e strutturati moderni. Qui c’è sempre più bisogno non di cieca fedeltà alla lettera dell’ordine, ma di profonda lealtà allo spirito dell’accordo. Quindi, quando nasce un conflitto tra lettera e spirito dell’accordo, deve essere lo spirito a vincere sulla lettera.

Allora i pattinamenti di Renzi su due questioni fondamentali per gli Usa (con o senza Obama) come gli F35 o Putin potrebbero far temere slealtà al di là della fedeltà di facciata, che oggi vale per l’America e domani vale per chiunque altro.

L’Italia ha una storia di leader fedeli ma sleali, nel paese però ci sono anche tanti leader infedeli ma leali. Renzi cosa sarà? Oppure si è trattata di impreparazione profonda, dovuta anche al fatto di avere un ministro degli Esteri e uno della Difesa molto alle prime armi e con molta poca cognizione di mondo, e allora si tratterebbe di cambiarle.

In ogni caso pare una scivolata. Ora bisognerà vedere se Renzi riprenderà l’equilibrio o, se come capita a tanti pattinatori, dopo uno scivolone se ne fa un altro, e poi un altro… fino a cadere.