Se Forza Italia e la destra cercavano un nuovo leader in questi giorni sembrano averlo trovato. Mentre Berlusconi è sospeso da molte attività dalla condanna in corso, Renato Brunetta, capogruppo alla Camera di FI, in pochi giorni ha costretto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e la presidente della Camera Laura Boldrini a risposte importanti.

In una polemica sul tetto ai salari pubblici imposto dal premier Matteo Renzi, Brunetta ha contestato gli emolumenti al capo dello stato, il quale ha risposto che essi sono entro i limiti.

Ma più importante e significativa è stata la polemica con il presidente della Camera Laura Boldrini sulla questione molto più complicata e delicata della lettera del ministro dell’economia Pier Carlo Padoan all’Unione europea, nella quale il governo italiano ha chiesto una deroga all’imposizione Ue del pareggio di bilancio per l’Italia quest’anno.

Brunetta in quest’occasione ha messo in dubbio il ruolo super partes della Boldrini e sollevato un dubbio ancora più importante sui contenuti della lettera, che dovrebbe fornire gli argomenti in base a cui la Ue concederà o meno la deroga. Brunetta ha detto che in sostanza la lettera è vuota. Renzi allora chiederebbe la deroga dicendo: io sono l’ultima spiaggia dell’Italia, dateci la deroga o saltiamo e poi salta la Ue.

L’argomento di per sé pare, in effetti, credibile, ma dietro ci sono dubbi contabili più solidi. Secondo molti economisti la manovra del governo, che opera dei tagli ma distribuisce aumenti ai salari più bassi alla vigilia del voto europeo del 25 maggio, è priva di coperture credibili.

L’operazione si regge su un calcolo precario che scommette sugli attuali tassi di interesse bassi nell’eurozona, più il dollaro basso, il prezzo del petrolio basso e la crisi di mercati emergenti che scaccia capitali verso l’America e l’Europa. Tutto questo, più l’inizio di ripresa in corso, attira capitali in Europa e in Italia a poco costo e basso rischio. Ma se uno degli elementi saltasse gli interessi salirebbero, e così il costo della servitù dell’enorme debito pubblico italiano.

La tattica di Renzi è audace, probabilmente secondo l’antica idea che “fortuna audaces iuvat”. E forse questa è l’unica strada dell’Italia oggi. Né Brunetta la contesta in principio, sapendo di essere affratellato a questo governo da un destino che per tanti motivi impone ora di restare lontani dalle elezioni.

Così Brunetta sembra aver trovato, in questi giorni, una formula “di lotta e di governo”, come avrebbe detto il Partito comunista italiano d’altri tempi. La formula non è ignota altrove. Durante la guerra antigiapponese il partito comunista cinese (Pcc) e quello nazionalista (Kmt) erano alleati contro un comune nemico, gli imperialisti giapponesi appunto.

Ma l’alleanza non impediva la competizione e il conflitto tra chi controllava la maggior parte del paese (il Kmt) e chi era in minoranza (il Pcc). In quel caso la partita doppia favorì la minoranza. Alla fine il Pcc emerse molto più forte dalla guerra in cui Kmt e giapponesi si ruppero le corna.

Brunetta sta applicando la stessa tattica nella situazione italiana? Renzi gioca una partita con l’Europa, ma il suo nemico principale sono i grillini che tifano per il disastro completo. A FI serve che il governo funzioni tanto da mettere in ritirata Grillo, ma che poi Renzi sia logorato e indebolito dallo sforzo di governo.

Oggi Brunetta sembra efficiente in questo sforzo che tiene Renzi con le mani legate. Se il governo contesta troppo FI, apre il fianco a Grillo, che ha sempre protestato per questa alleanza; se subisce appare succube. Per Renzi la salvezza sarebbe che FI apparisse scalmanata, una versione di destra dei grillini, cosa che spaventerebbe il centro dei votanti e soprattutto l’Europa, di fatto padrona-garante dell’enorme debito pubblico italiano. Se invece FI si mantiene fredda, efficiente, e con Berlusconi solo in trasparenza, potrebbe apparire come l’interlocutore ragionevole e affidabile rispetto a un Renzi guascone e forse gradasso.

In questo senso il cammino fino alle elezioni sarebbe solo un esercizio: dopo il voto e con la presidenza italiana, il gioco tra FI e Renzi potrebbe diventare un tiro al bersaglio, sei mesi in cui Renzi inesperto scivola a livello internazionale mentre viene rosolato sul fronte interno.

Ciò non vuol dire che Renzi è senza punti di forza. È al governo, ci resterà per i prossimi mesi e può prendere una serie di misure sagge che lo rafforzino e proiettino l’Italia oltre la palude attuale. Ha il vantaggio di avere il comando, cosa che usura chi non ce l’ha, come disse un famoso politico italiano. Renzi ha provato il suo coraggio, ora deve provare davanti al paese e all’Europa la sua visione di lungo termine, la sua grande strategia. Se non ce l’ha, la potrebbe cercare e farsela dare. Senza qualcosa di solido è però più difficile: il comando infatti non è senza rischi, e Brunetta sta dando la prova di aver fatto ritrovare a FI un suo nuovo equilibrio. La partita, per il premier, si è complicata.