Per usare espressioni care al premier italiano Matteo Renzi, i “gufi” che tifano contro di lui e il suo governo possono sperare in una serie di eventi che gli vadano contro.

Ci potrebbe essere la ripresa globale che si inceppa e una nuova recessione che sopravanza, come ha recentemente annunciato il Fondo monetario internazionale. Questo toglierebbe vento alle vele del governo e speranza agli italiani che dopo anni di avvitamento al ribasso nel 2015 sono tornati, per quanto timidamente, a sperare.



Oppure l’eventualità del riaccendersi improvviso della crisi in Libia, che scaricherebbe sulle coste italiane e sulla testa di Renzi i problemi di mezza Africa e di mezzo Medio oriente.

Incombe poi l’esplosione, non impossibile, dell’Arabia Saudita, che farebbe schizzare i prezzi del petrolio e arresterebbe l’economia di mezzo mondo. In maniera quasi più ordinaria ci sono sempre le eventualità di problemi economici della Grecia o la fuoriuscita della Gran Bretagna dall’Unione europea, o anche una crisi finaziario-politica in Cina che farebbe saltare le Borse di tutto il mondo, senza contare possibilità più remote.



Insomma, certo il governo Renzi vola in mezzo a instabilità su tutti i fronti e la congiuntura oggi favorevole di denaro a buon mercato, ripresa globale, bassi prezzi del petrolio, relativo equilibrio in Europa, potrebbe cambiare direzione da un momento all’altro. Ma queste condizioni esterne mutate sarebbero uguali per Renzi o chiunque altro, e l’abilissimo premier potrebbe certo spiegare che queste sono cose al di là della sua possibilità di intervento e se va male per lui per altri sarebbe peggio.

Diverso è per la tornata di elezioni amministrative previste per la prima metà del 2016, dove la capacità di amministrare del Pd, il partito di governo, sarà sottoposta a un test importante. Questo sarà un esame amministrativo ma anche politico, poiché per allora le riforme costituzionali saranno in dirittura d’arrivo e le elezioni politiche quindi molto più vicine. Per allora la situazione internazionale potrebbe andare al peggio, e la grande instabilità esterna accelererebbe la spinta al voto.



In questa tornata elettorale ovviamente l’esame più duro e più politico sono le elezioni del sindaco di Roma.

Qui Renzi ha bisogno di un fedelissimo che sia uomo “di lotta e di governo”, come diceva il Partito comunista italiano una volta. Il fedelissimo è necessario perché un nemico o giù di lì che condivida la città sarebbe un grande fastidio e imbarazzo per Renzi, a questo punto più di quanto sia stato Ignazio Marino.”Di lotta” perché il nuovo sindaco deve essere capace di spezzare definitivamente la rete di corrutele e imbrogli che hanno avvolto la città, e che Marino per la verità sembra avere almeno parzialmente attaccato.

Se questo non avviene, i 5 Stelle conquisteranno il Campidoglio o lo useranno come comodo trampolino per Palazzo Chigi. “Di governo”, infine, perché le buche devono essere riempite, l’auditorium deve avere un programma, l’amministrazione deve potere funzionare in coordinamento con il Vaticano, ritornato con Bergoglio capitale della cristianità e meta di tutti gli uomini con un anelito per una religione di pace.

Anche qui, se ciò non succede, la destra avrà un’occasione per sperare di ricostruirsi e sferrare poi un attacco molto più organizzato al governo nel giro di qualche mese o qualche anno.

La coincidenza dei tre elementi citati però è estremamente complicata, perché serve un uomo con grande esperienza nell’amministrazione della città ma anche al di fuori dei tanti “oscuri” giri romani. Già questo requisito presenta molti problemi. Poi occorre una persona vicina al premier, invece circondato da fiorentini e toscani improponibili a Roma.

Un infedele potrebbe rubare a Renzi il partito a partire da Roma, un incapace potrebbe distruggerglielo. L’uomo giusto invece potrebbe consolidargli la guida del partito e insieme tagliare le gambe e destra e M5s.

La quadratura di questo cerchio sembra impossibile e quindi Renzi potrebbe essere sconfitto in partenza; è questo, forse, che lo ha fatto esitare per tanti mesi prima di spingere anche lui sulle dimissioni di Marino. Ma un uomo giusto, racconta la storia cinese, può fare la differenza.

Secondo la Storia del Tre Regni, che racconta il periodo del terzo secolo dopo Cristo, subito dopo il crollo della dinastia Han, un pretendente al trono Liu Bei era pieno di ambizioni ma privo di generali capaci. Quindi Liu Bei si rivolge a un suo vecchio conoscente, eremita in una montagna, trattato quasi come un lebbroso, Zhuge Liang. Gli parla, si confessa e lo convince a lavorare per lui. Zhuge Liang si convince, si mette al lavoro e assicura per il suo capo un regno e a sé la fama imperitura di grande stratega.

Il problema di Renzi nei prossimi mesi forse è questo: ha bisogno del suo Zhuge Liang a Roma. Senza di lui non perde solo la capitale ma apre una grande ipoteca sul suo futuro politico in generale.

Il problema poi è anche: se Renzi trovasse questo leale Zhuge Liang, si fiderebbe? Visto il carattere del premier, forse no. Con tante trappole allora le elezioni di Roma sono un disastro annunciato, una tragedia per Renzi che solo attende di accadere, e solo un miracolo potrebbe salvarlo. Detto questo, Renzi finora è stato miracolato; e per quanto improbabile è possibili che miracoli continuino ad accadere.