L’accordo Pd-M5s sui giudici della Corte costituzionale potrebbe cambiare lo scenario politico italiano.
Uno dei punti di forza dell’attuale equilibrio politico è la divisione a tre dello schieramento politico, una destra dominata da Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, un centro con il Pd, e una “sinistra” con il M5s di Beppe Grillo. Si tratta di una geometria insolita nelle tradizioni parlamentari, ma con un precedente in Italia impersonato dalla Dc.
La Dc e una manciata di alleati minori restarono al potere per oltre 40 anni grazie alla loro centralità e al veto al governo dei due partiti di opposizione, Pci e Msi. In qualche modo la situazione attuale sembra essersi riproposta, come abbiamo scritto più volte su queste pagine. La differenza è che allora il Pci e il Msi, sostenitori di ideologie totalitarie, avevano contro ragioni forti per non ottenere dei ministri. Oggi, in teoria, né la destra né la sinistra appoggiano di principio forze totalitarie, anche se sia Salvini che Grillo hanno spesso toni e pronunciamenti che lasciano presumere derive dittatoriali.
Inoltre, Salvini rappresenta sempre più di frequente l’eredità storica di quei rigurgiti fascistoidi per il terrorismo e l’immigrazione da Medio Oriente e Africa che in Francia si sono coagulati intorno a Marine Le Pen. Grillo invece rimane più un mistero. Non è più solo e semplicemente voto di protesta, perché per protesta vera il 50 per cento degli italiani alle ultime elezioni non è andato proprio a votare. Quindi Grillo ha fallito nel convincere i tanti non votanti di essere una forza davvero alternativa di governo.
Qui forse ci sono altri elementi da prendere in considerazione, certi sviluppi della comunicazione e forse anche collaudate tattiche della vecchia Dc e di Berlusconi.
Queste due forze potrebbero agire una contro e l’altra a favore del governo.
I cambiamenti nella comunicazione hanno radici nell’arrivo al potere di Berlusconi. Il Cavaliere vinse a mani basse negli anni 90 anche perché negli anni 80 aveva rivoluzionato il messaggio e anche la sua comunicazione: esso doveva passare attraverso la televisione (e non più solo i giornali), che semplificava e banalizzava il messaggio giornalistico.
Gli approfondimenti della vecchia, equilibrata Rai democristiana lasciarono il passo alle ragazze di Non è la Rai su Canale 5 e dintorni. Questo appiattì il dibattito e lo girò da un’altra parte, cambiando la politica italiana. Le battute cominciarono a sostituire ie ragionamenti. Grillo è anche figlio di questa storia. I giornali si dividevano, quelli a larga diffusione pendevano a sinistra, mentre la destra parlava con idee bizzarre e forti su Il Giornale o Libero, quasi volutamente antesignani di Repubblica.
Solo che all’inizio del 2000 in Italia gli strumenti di comunicazione cambiarono di nuovo. Dove la tv aveva soppiantato i vecchi giornali, i nuovi media — internet, la tv satellitare di Sky — cominciarono a soppiantare i canali tradizionali, Rai e Mediaset insieme.
Sia Berlusconi che gran parte della sinistra si persero questo passaggio. Inoltre tra gli anni 80 e 90 era emerso un nuovo fenomeno della sinistra. Per quasi quarant’anni il punto di riferimento della sinistra italiana era stata l’Unità, il giornale ufficiale del Pci. Dagli anni 80 cominciò sempre di più a essere Repubblica, che nel bene o nel male si trascinò nel suo “vortice” anche Corriere e Stampa, da dove passò Paolo Mieli ex caporedattore di Repubblica appunto.
Contemporaneamente all’arrivo dei nuovi media, Repubblica diventava sempre più “istituzionale”, come il Corriere o la Stampa, non voce della sinistra. Invece nuova protesta radicale di sinistra, ma anche di destra, si coagulava intorno a un giornale nato nel 2009, il Fatto Quotidiano. Il Fatto riempiva uno spazio lasciato libero sia a destra che a sinistra, al di là delle vecchie distinzioni quasi ottocentesche.
Grillo e il Fatto si intesero dal primo minuto. Il M5s quindi aveva la piattaforma di un giornale e intercettava i nuovi media, sfuggiti alla destra, e solo parzialmente captati dalla sinistra, attraverso alcune intuizioni, non sistematiche, di Renzi. Cioè mentre Grillo ha messo in moto una complessa piattaforma di nuovi media, Renzi si è affidato solo a Twitter e Facebook. Inoltre Renzi non aveva i contenuti forti della carta stampata, visto che fino a ieri non aveva media che lo appoggiassero, mentre Grillo ha dietro di sé il Fatto.
I giornali “normali”, Repubblica in testa, hanno appoggiato la sinistra ma non Renzi personalmente, e quando lo hanno fatto non hanno avuto tutta la forza e l’impatto del Fatto.
Queste sono forse le grandi tendenze di fondo. Su queste forse si è innescata un’antica astuzia tattica democristiana. Quando l’abbraccio dei socialisti con la Dc si faceva troppo forte, negli anni 80, una parte della Dc flirtava con il Pci per togliere spazio al suo alleato Psi. Quando Berlusconi voleva sbarazzarsi del governo Prodi trovò sponda tra i rifondatori comunisti, che fecero cadere il governo.
Così, oggi che Renzi è minacciato dalla sinistra del suo partito, forse aiuta in qualche modo M5s perché questi sentano la minaccia alle spalle? Se fosse così Renzi sarebbe un tattico sopraffino, sullo stile dei vecchi Dc. Ma può anche darsi che sia il contrario: le proteste della sinistra Pd contro Renzi portano voti a M5s, così come le intemperanze di Salvini alla fine spingono molti verso il prodotto “originale”, l’antesignano dell’antisistema, Grillo appunto.
In questo coro di proteste estreme, di destra o sinistra, naturalmente Renzi ha tutto da guadagnare. Il suo peggior nemico resta solo la prospettiva di qualcuno ragionevole ma duro, che a destra o sinistra emerga per sfidarlo. Di persone così però finora non c’è ombra.
Ma al di là dei nomi forse restano interessanti i fenomeni di lungo termine, e lo spostamento della comunicazione sui nuovi mezzi, sul Fatto, sui nuovi media o anche su questa testata indicano un invecchiamento della “vecchia” televisione e dei vecchi giornali. Su questo versante M5s ha una forza preponderante rispetto alla destra o a Renzi. Questo e l’insoddisfazione profonda per la vecchia politica dovrebbero dare ai grillini una marcia in più.
Per fortuna degli altri i grillini hanno Grillo che non riesce a rompere il circolo dei suoi fan. Poi il rispettabile Di Maio è onestamente troppo giovane, senza essere un Alessandro o un Napoleone.
Questo impedisce di fatto un’alternativa di governo. Il nemico all’opposizione diventa improponibile, e questo spinge a un monopolio della politica che ne riduce la qualità e il livello. Questo alla fine accadde proprio alla Dc, come accade a tutte le aziende che non sono sfidate da una vera concorrenza e vivono in comode situazioni di monopolio di mercato.
In questa situazione le tre formazioni appaiono tutte con delle debolezze e ci potrebbe essere un lungo stallo, come fu per il quarantennio della Dc; oppure come in Cina, dove dopo la crisi del III secolo a.C. della dinastia Han l’impero rimase diviso in tre, e poi in più parti per quasi mezzo millennio, prima della riunificazione dei Tang.
Ma può anche andare diversamente. Può essere che alla fine anche in Italia, come in tutte le altre democrazie parlamentari, ci potrà essere un’alternativa tra due partiti entrambi rispettabili, come laburisti e conservatori inglesi. Questo potrebbe garantire una sana concorrenza, finalmente una selezione di qualità della classe dirigente. Ma forse oggi pochi in Italia, tra tutti e tre i partiti di governo od opposizione, vogliono una vera concorrenza e preferiscono i loro piccoli monopoli. Forse per questo davvero la maggior parte degli italiani si rifiutano di andare a votare.
Nel breve termine poi ci sono una serie di paradossi. Ancora in mezzo a un’emergenza, che potrebbe portare al tracollo economico dell’Italia e a un’implosione finanziaria globale, Renzi sta spingendo avanti le riforme costituzionali. Lo sta facendo molto da solo e di forza perché gli altri fingono di ignorare o di essersi dimenticati che l’Italia è ancora sull’orlo di un abisso, ma anche perché manca quell’afflato unitario e patriottico che c’era nella Costituente del 1946, al di là delle fortissime divisioni ideali e ideologiche.
Questa mancanza di idealità profonda ha poi un contrappasso immediato. In sostanza l’argomento più forte dei renziani è quello che Montanelli espresse nella fase calante del potere Dc: tappiamoci il naso e votiamo democristiano. Ma questo avveniva dopo oltre un ventennio di governo che aveva prodotto il miracolo industriale italiano. Renzi bisognerebbe invece votarlo tappandosi il naso ora che quasi non ha neanche iniziato, segno profondo della debolezza del suo mandato.
Detto questo, il fatto che Renzi stia riuscendo a navigare in mezzo a tanti flutti contrastanti e dopo il fallimento miserabile di tanti suoi predecessori ben più blasonati, gli ha certamente già meritato un posto nella storia. Le mosse sue e dei suoi avversari nei prossimi mesi ci diranno quale sarà questo posto.