Sarà un problema di distanza, ma dalla Cina davvero non si capisce cosa succeda in questi giorni sul presunto conflitto di interessi del ministro Maria Elena Boschi che sta scuotendo il governo di Matteo Renzi.
Infatti, mentre la storia del conflitto di interessi di Berlusconi era chiara (come fa il più grande proprietario tv a diventare anche a premier?) meno chiari sono stati i conflitti che nei mesi scorsi hanno spinto alle dimissioni il ministro della giustizia Annamaria Cancellieri o di quello delle infrastrutture Maurizio Lupi.
Lupi si dimise per la storia di un regalo di laurea vistoso a suo figlio da parte di un industriale. La Cancellieri lasciò per alcune sue telefonate con la compagna di Ligresti, Gabriella Fragni, a proposito della scarcerazione della figlia Giulia Maria per ragioni di salute. Non mi è chiaro cosa ci sia di uguale o diverso nella storia della Boschi e di suo padre, vicepresidente di una banca fallita per cattiva gestione e salvata per un intervento pubblico.
Forse bisognerebbe stabilire una regola che tutti i familiari di un ministro non devono avere rapporti con uomini d’affari, ma anche qui si entra in un vizio formalistico, tipico spesso dell’Italia o della Cina. La domanda successiva sarebbe poi fino a che grado i parenti devono essere esclusi, quando poi esistono anche i prestanome.
Con cinismo, allora, forse bisogna forse ammettere che vale la regola politica. Le dimissioni della Cancellieri o di Lupi rafforzavano il controllo di Renzi sul suo governo; le dimissioni della Boschi invece lo indebolirebbero, visto il rapporto speciale che esiste tra i due. Ma tale distinguo cinico non può certo essere esplicitato in questi termini in pubblico, dove prevalgono invece la sottigliezza e la difficoltà degli argomenti che separano la situazione della Boschi da quella di Lupi o Cancellieri.
La vittoria del voto in aula sulla Boschi allora potrebbe dimostrarsi un pericoloso boomerang per Renzi. Nei prossimi mesi il premier potrebbe essere tormentato dall’ombra della bella Boschi, che potrebbe prendere contorni mostruosi tali da mettere a rischio tutto il suo percorso di governo. Infatti in questa vicenda Renzi ha perso il suo tocco finora quasi magico con l’informazione. Ha attaccato la stampa, che finora è stata la sua maggiore alleata e che per la verità non aveva condotto affondi devastanti sulla Boschi. Ha detto poco e in ritardo sui risparmiatori travolti dallo sfascio della banca, e questi sono i suoi elettori primi, nella sua regione, la Toscana.
Visto dalla distanza questo errore è dovuto a una doppia, antica debolezza di Renzi: la mancanza di strategia e la mancanza di una squadra forte e ampia. Le due cose si incastrano l’una nell’altra: in assenza di una strategia tutto quello che succede deve essere risolto all’istante, in maniera estemporanea, contando sulle persone dell’inner circle.
Questo per un po’ può andare, visto poi in questo caso il talento e la mancanza di alternative, ma dopo un po’ semplicemente non funziona più. Tutto è un’emergenza e diventa chiaro che non c’è orizzonte chiaro per il dopo.
Ciò anche perché la politica è un gioco di squadra dove serve una panchina lunga e una società forte alle spalle del cannoniere che va davanti alla porta e deve fare gol. In Cina si direbbe: yao zuo shi, xian yao zuo ren, che più meno si può tradurre come: per avere dei risultati bisognerebbe prima lavorare sugli uomini.
Durante una visita in Cina all’inizio dell’anno Renzi disse appunto che voleva fare l’allenatore, che è un ruolo fondamentale ma che significa scegliere la strategia, i giocatori e poi farli giocare. Non significa che l’allenatore cerca di sostituirsi a tutti i giocatori e si fida solo dell’attaccante e del portiere.
Oggi il nuovo patto tattico con il M5s, con cui ha scelto i giudici della Consulta, e quello precedente con pezzi dell’elettorato di Berlusconi (con Alfano e Verdini) certo mettono Renzi al sicuro da scossoni improvvisi di voti in parlamento. Ma la piaga della Boschi potrebbe non risanarsi in fretta e anzi riaprirsi al peggio durante la campagna per le amministrative, che dopo le vacanze natalizie potrebbe entrare già nel vivo.
Pare che i piani di Renzi fossero varare strategia e squadra dopo aver approvato la riforma costituzionale e dopo le nuove legislative, quando avrebbe avuto il pieno controllo del partito e la libertà di non dovere cercare consensi a destra e sinistra. Forse la crisi Boschi dovrebbe costringerlo a ripensarci: una strategia e una squadra forse non aspettano.