La nuova legge elettorale è stata approvata dal parlamento italiano e da adesso in poi il cammino del governo di Matteo Renzi dovrebbe procedere più tranquillo, almeno per un annetto. Ma c’è una nuova bomba a orologeria che ha cominciato a ticchettare, quella annunciata nella bordata di Enrico Letta appena qualche giorno fa.
Prima le ragioni della tranquillità a breve. L’economia, come tanti hanno rilevato, oggi viaggia con il vento in poppa di bassi tassi d’interesse, petrolio a prezzi stracciati ed euro svalutato. È una combinazione magica per dare ossigeno all’Italia stremata, ma che non durerà in eterno e non curerà da sola i mali strutturali del paese: la burocrazia assillante o l’immenso debito pubblico.
Ma la congiuntura positiva, più il nuovo successo parlamentare sulla legge elettorale, dovrebbero dare l’abbrivio a Renzi per far passare definitivamente la riforma costituzionale che abolisce il Senato e mette lui, o chiunque altro, in grado di andare al voto con la certezza di uscirne con un sistema in grado di governare. Ciò potrebbe essere appunto tra un annetto, quando tutto potrebbe incepparsi.
Allora Renzi potrebbe sfilare dal mazzo l’asso di bastoni della minaccia del voto e rimettere ognuno in riga o andare effettivamente alle elezioni, e a quel punto vincere e governare con una maggioranza tutta sua. Ma potrebbe anche non andare così, perché qui potrebbe scattare la bomba che appunto sta ticchettando.
La bordata di Enrico Letta potrebbe non essere una semplice alzata d’ingegno. Uomo prudente, che si è fatto dimettere semplicemente storcendo la bocca, che si è ritirato sull’Aventino di un esilio parigino, Letta, a differenza di Renzi, è stimato e ha larghi appoggi a livello internazionale.
Ora, forze interne ma ancor più internazionali volevano una nuova struttura di governo per l’Italia in grado di prendere decisioni e di portare avanti le riforme richieste da Bruxelles. Questo è ciò che dovrebbe esserci in Italia dopo la grande spinta di Renzi. Ma a quel punto non è poi del tutto certo che sarà Renzi a governare.
Letta ha appoggi e stima internazionale che Renzi non ha né avrà mai se non struttura il suo apparato decisionale in modo diverso. Le forze internazionali vogliono una struttura di governo italiano più forte, ma non vogliono un’Italia autoritaria. Il Renzi decisionista, l’uomo-rullo compressore è adatto a spingere adesso per le riforme strutturali, ma una volta che queste saranno a posto forse Renzi potrebbe non essere l’uomo adatto a governare: la combinazione di poteri forti e di un uomo forte potrebbe prospettare una scia autoritaria sgradita nelle varie cancellerie. A quel punto forse allora meglio governare con Letta, uomo di relazioni internazionali, fidato, prudente, la cui cautela sarà opportunamente rinforzata dalle nuove strutture parlamentari.
Non è chiaro se questo è il senso dell’attacco di Letta a Renzi. Di certo Letta ha aspettato un anno dopo le sue dimissioni per parlare, e potrebbe aspettare un altro annetto per raccogliere i frutti di questo suo discorso attuale.
In teoria Renzi avrebbe tutto il tempo per cambiare direzione, e in effetti proprio lui in passato è stato in grado di farlo. Dall’autunno del 2014 ha smesso l’assalto indiscriminato e velleitario alle mille riforme e si è concentrato su un punto: la riforma elettorale con il passaggio dell’elezione del presidente. Quindi i giochi non sono certo fatti e la bomba che ora risulta innescata potrebbe non saltare mai.
Ma qui viene un’altra domanda profonda per il premier Renzi. Genio della tattica e dell’improvvisazione, finora non è apparso particolarmente brillante nei programmi a lungo termine. Forte e di polso, non ha però una squadra con divisioni di compiti e ruoli, e sembra circondarsi di fedelissimi dove ogni decisione la vuole prendere lui.
Queste caratteristiche portano alla stipsi governativa (quante sono davvero le decisioni che un uomo può fisicamente prendere in maniera ponderata?) o alla ridondanza degli annunci (annuncio tanto perché riesco a decidere poco).
Per i geni della tattica, se manca la strategia ogni battaglia quotidiana è un esame fondamentale. Quindi visto che prima poi si sbaglia la caduta prossima è inevitabile.
La struttura politica cinese è esattamente il contrario. I leader di Pechino hanno difficoltà di fronte alle emergenze, sono in imbarazzo se si tratta di decidere su due piedi. Ma sono dei geni della programmazione a lungo termine. Fanno piani a 20, 30 anni e poi li affinano sul quotidiano per approssimazioni successive. Se il programma è ben studiato gli errori di tattica, incidentali, sono quasi irrilevanti, come provano i quasi 40 anni di sviluppo inarrestabile cinese.
Questo è quello che servirebbe in realtà all’Italia dopo la cavalcata di Renzi, e Letta si propone come il candidato più efficace per fare ciò, o almeno ha tanti amici all’estero che lo credono. Renzi qui quasi non c’è. La domanda è se tra un anno ci sarà. Ha un annetto per prepararsi.