C’è uno “ying e yang” delle politiche sociali e forse dei grandi cicli storici, come pensavano i cinesi e un grande storico forse ispirato dagli studi della Scuola dei Cinesi a Napoli, Giambattista Vico.

In Italia negli anni Ottanta serviva il welfare state, finanziato con il deficit di bilancio, per arrestare il terrorismo. In poco più che dieci brevissimi anni il rapporto tra prodotto interno lordo e debito pubblico è passato da meno del 60 per cento nel 1979 a oltre il 120 per cento nel 1992!

È stato un mare di denaro che ha generato fiumi di corruzione (quello combattuto da Mani Pulite negli anni Novanta); ma ha anche affogato il deserto morale e materiale che volevano portare in Italia i terrorismi di destra e di sinistra. Certo meglio un’Italia grassa e corrotta che coi conti a posto ma fascista o stalinista.

Il danno sarebbe stato ripagato, si pensava, alla vecchia maniera, quella usata negli anni Settanta, con inflazione e svalutazione, e la maggiore produttività concessa alle aziende con i nuovi finanziamenti. Del resto erano tutti a bordo, Dc, socialisti, Pli, Pri e anche i comunisti, non più all’opposizione.

Invece l’entrata dell’euro ha bloccato queste due vecchie vie d’uscita. La moneta unica e la Banca centrale europea impediscono la svalutazione della lira o una politica di inflazione che assottigli il debito, rilanci le esportazioni e l’efficienza del sistema.

Ora il debito pubblico bisogna pagarlo con quello che in sostanza è la ristrutturazione profonda del modo di essere italiano dalla fine degli anni Settanta ad oggi, e quindi anche con la drastica riduzione di quel welfare state che aiutò il paese a sconfiggere il terrorismo.

Del resto oggi quella sfida terrorista non c’è più ma c’è il problema di integrare gli emigrati che sono in Europa, oggi spesso in condizioni peggiori degli emigranti del sud al nord negli anni Cinquanta e Sessanta, e di controllare i flussi di profughi ora totalmente in mano a schiavisti moderni.

Questa la sfida reale del paese, con o senza Matteo Renzi. Renzi sembra deciso a prendere di petto la situazione, ma vi sopravviverà? si chiedono in tanti, a cominciare dall’ottimo Stefano Folli.

Forse la domanda è parziale perché forse i cicli storici ritornano anche su uno spettro molto ampio. In un tempo ancora più lontano degli anni Ottanta il potere in Europa era diviso tra papa e imperatore del Sacro romano impero. Ora certamente non sono quei tempi, con precisa esattezza. Ma Papa Francesco ha riportato una preminenza e un’influenza del papato su scala globale che non si vedeva forse da secoli, e anche le tensioni per arrivare a una maggiore unità e coordinamento europeo, intorno alla Germania, sono una cosa che mancava da centinaia d’anni.

Due sono i possibili scenari. Renzi non ce la fa con le sue riforme e non solo l’Italia ma l’Europa si frantuma, e il mondo si avvita in una crisi economica globale… e si ritorna in qualche modo all’Europa dei comuni: tutti in guerra con tutti, e poi vedremo se ciò sarà per andare verso il Rinascimento o per rituffarsi nel cupo alto Medioevo.

L’altro scenario è che Renzi ce la faccia e allora dovrà cominciare una politica davvero di maggiore coordinamento europeo intorno alla Germania per affrontare i tre ordini di problemi urgentissimi per l’Europa (insieme all’America).

1. Una strategia di lungo termine verso la Russia, che non può né essere distrutta né tornare a ricattare e tiranneggiare mezzo mondo; 2. una strategia di lungo termine in Medio Oriente (di cui l’ondata di profughi è la punta dell’iceberg); 3. una strategia articolata verso la Cina e il resto di Asia in crescita. Il loro sviluppo non può essere fermato, poiché porta ricchezza a tutti, né però questa crescita deve travolgere tutti e creare un deserto intorno a sé. Per questo il vice premier cinese Wang Yang nei mesi scorsi ha detto di accettare il ruolo di guida americano nel presente ordine mondiale. Ma occorre anche un ruolo europeo, perché queste affermazioni non rimangano pure affermazioni di principio.

Intorno a queste esigenze vanno ripensate strutture politiche, sociali ed economiche, non più italiane ma europee. A quel punto il problema di Renzi o chi per lui è di scala non italiana ma europea: per esserci deve riuscire a essere uno dei o il leader dell’Europa.