In queste ultime settimane il leader della Lega Nord Matteo Salvini ha ripulito e accorciato la barba incolta, apparendo più presentabile e ordinato. Inoltre, stempera la retorica “nordista” e si apre sempre più al diffuso malessere tutto italiano verso gli emigrati che ci sono e ci saranno.

Nella sinistra il misto caotico di barba e capelli di Beppe Grillo ha ceduto il video alla giacca e cravatta coi congiuntivi a posto di Luigi Di Maio; e Grillo stesso oggi si dice Francescano, volendo strizzare quindi l’occhio al Papa, cuore dei moderati italiani. I due gareggiano quindi verso il centro, rendendosi conto che il 50% di quelli che non ha votato alle ultime elezioni è gente che non crede più al premier Matteo Renzi, ma resta comunque spaventata dagli estremismi di destra e sinistra.

È però un’operazione solo agli inizi, molto difficile per sua stessa natura, perché non è chiaro quanto i radicali, che sono l’anima dei partiti di Salvini e Grillo, siano disposti a cedere di sostanza, oltre che di facciata, nella rincorsa ai moderati di centro. Quindi sabato Renzi ha avuto vita facile nel dire che il centro è lui, lo occupa in maniera centrale, e i suoi avversari stanno in Gran Bretagna: l’estremista Farange sta al moderato Cameron, e come in Francia la Le Pen sta a Sarkozy.

A ribadire la sua centralità per l’anno prossimo promette la pietra filosofale dei moderati: l’abolizione della tassa sulla prima casa, un balzello che colpisce oltre l’80% degli italiani e che per i tanti piccoli risparmiatori sa di iniquo nel profondo, come la tassa sul seminato che colpiva i contadini dell’800. Poco importa che per far quadrare i conti si possano poi aumentare altre tariffe e imposte. La tassa sulla prima casa è rispetto per il piccolo risparmio, il sacrificio individuale, il senso della famiglia che resta unita e fa economia insieme. Insomma, questa tassa è un insulto ideologico, ancor prima che materiale alla pietra angolare delle famiglie italiane. Quindi Renzi dà concretezza alla sua affermazione di centralità e cerca di recuperare anche lui i moderati che gli sono sfuggiti negli ultimi mesi di governo e non hanno votato.

Naturalmente, come in tutte le operazioni, non è chiaro se questa di Renzi avrà successo e in che misura. Al di là delle intenzioni il premier ha preso atteggiamenti guasconi con gli insegnanti, i sindacati e con tutte le altre categorie che ha dovuto affrontare e vincere sul suo cammino. La sostanza delle riforme è giusta, anche perché una cattiva riforma è meglio di nessuna riforma in questo momento in Italia, ma il trionfalismo sugli avversari sa di spietatezza da vae victis, guai ai vinti. Quindi dato che nessuno è senza colpa in Italia e tutti sanno di dover cambiare marcia, tutti A) possono temere di trovarsi sul cammino del rullo compressore Renzi B) tutti possono pensare: ma solo tu Matteo Renzi sei senza colpa? Allora cosa dobbiamo inventarci per travolgerti?

Questo nel breve periodo non intacca certo la stabilità del governo ma spunta l’arma più importante del premier fino ad oggi, quella di ricattare mezzo parlamento dicendo: o mi obbedite o vado alle elezioni e sarete eliminati. Oggi il ricatto delle elezioni è spuntato perché con un’onda montante di astensioni quelli che votano sono i radicali, cioè i fedeli di Salvini o Grillo, non i moderati di Renzi. Allora Renzi rischia come gli altri nel voto anticipato, cosa che lo espone alle richieste e trattative interne ed esterne al partito. Ciò a sua volta allora rallenta la sua marcia di riforme e venendo meno la spinta delle riforme, viene meno anche la sua promessa maggiore, quella di cambiare rapidamente l’Italia, cosa che lo ferisce ulteriormente.

Questa diventa tutta acqua per il mulino di Enrico Letta, che dal suo semi eremo parigino può aspettare che i cadaveri dei suoi vari nemici gli scivolino davanti sul fiume. Per lui, la pecca dell’inazione certo è proprio quella: l’inazione. Ma le battaglie si vincono anche per errori altrui, non solo per meriti propri e Letta sembra scommettere che Renzi alla fine farà troppi sbagli per sopravvivere a se stesso. Per dargli torto e per battere davvero destra e sinistra estremi e riconquistare il centro moderato, forse Renzi dovrebbe fare quello che fecero i democristiani tanto tempo fa. Forse deve dotarsi di una squadra vera, non solo una banda di “amici miei”, deve delegare poteri e responsabilità, e deve cambiare toni, imparare la modestia e l’umiltà della comunicazione, perché anche i vinti si arrendano a lui e ci collaborino. Non è chiaro se ci riesca, visto che forse questo è contro la sua natura. Ma Renzi ci ha sorpreso altre volte e anche stavolta potrebbe cambiare.

Infine, si sta vedendo dalla Cina un qualcosa che sa di veramente storto in tutta la politica italiana. Renzi, Salvini, Grillo paiono un gran coro nell’insultare e accusare i giornalisti di parzialità. Ciò sarà anche vero, nessuna categoria può essere rimasta sana nel cancro diffuso della società italiana, ma gli insulti ai giornalisti li ha smessi anche la Cina, capendo che al di là della veridicità o meno dell’accusa, il dito puntato contro i giornalisti in generale (non il singolo cronista o commentatore) sa di voglia di dittatura, di bisogno di penne assoldate, di bavaglio all’informazione in generale.

Questa voglia sottile di dittatura poi è un ultimo favore che Renzi rischia di concedere ai Salvini e Grillo, che con gli atteggiamenti autorevoli e forse autoritari scherzano da un po’ di tempo.