Da lontano non si capisce se la polemica tra Italia e Ue è più questione europea o questione italiana. Cioè, se essa incide più sui delicati equilibri europei, messi già sotto pressione dalla tripla minaccia di immigrazione, economia e borse traballanti e uscita della Gran Bretagna dalla Ue; o sulla fragilissima Italia, dove il governo di Matteo Renzi rischia per elezioni amministrative (che dovrebbe perdere), l’ondata di immigrati dalla Libia, in arrivo con la primavera, e il referendum costituzionale.
In ogni caso da qui a ottobre, la data prevista oggi per il referendum costituzionale, Renzi di certo è sottoposto a una moltiplicazione di pressioni tra Italia e Europa, qualcosa che a prima vista dovrebbe spingerlo a frenare le polemiche evitabili, con il presidente della commissione Jean-Claude Juncker, per esempio.
In realtà dal suo punto di vista tattico Renzi ha ragione: la sua polemica con la Ue non gli fa male, anzi, e duole solo all’Unione. Infatti, diversamente dal 2012 per esempio quando, con Berlusconi al governo, c’era un partito europeista militante all’opposizione, oggi Renzi è il più europeista di tutti e gli altri sono intrattabili.
La destra è minata da Berlusconi stesso (una specie di anticristo per Ue e Usa) e Salvini che si è allineato su posizioni lepeniste, di estrema destra e filorusse, che ugualmente lo rendono indigesto a Bruxelles come a Washington. Dall’altro il M5s di Grillo sbandiera il suo antieuropeismo come fosse una coccarda al valore.
Quindi Juncker, o chi per lui, non può che parlare con Renzi. Così in questo momento di estrema fragilità europea Renzi può fare la voce grossa sapendo che l’Europa ha bisogno di lui, mentre la Ue non lo può scaricare per mancanza di alternative.
In questo senso la visita che ormai è prevista per febbraio di Juncker a Roma può essere un’esibizione di muscoli doppia per il pubblico italiano: dimostra che Renzi ha l’Europa alle spalle e che questo sostegno arriva da una posizione di forza di Roma.
Tutto questo però sta avvenendo non per una forza propria ma per un combinato disposto di debolezze italiane ed europee. Sarebbe superficiale trascurarle. In passato la capacità di Renzi è stata proprio quella di individuare con chiarezza le enormi debolezze politiche del sistema e degli altri e quindi muoversi rapidamente su queste linee di frattura. In questo modo è passato da sindaco di una città minore come Firenze a presidente del Consiglio.
Naturalmente allora il suo gioco di sponda si muoveva sull’Europa che, in parte bluffando, era mostrata dai renziani come un elemento solido che guardava con simpatia al giovane sindaco. Ora Renzi, pure con i bluff, non ha sponde solide su cui giocare. L’Europa è parte del suo gioco di equilibri instabili, idem l’America.
Solo la Russia potrebbe essere solida, ma giocare con Mosca è molto rischioso: se Renzi ci si avvicina troppo, la neutralità di Bruxelles e Washington si trasformerebbe in anatema e a quel punto per Ue e Usa Renzi varrebbe come Salvini o Grillo, e quindi si potrebbe facilmente cambiare cavallo.
Senza punti fissi, e con minacce che arrivano da destra e manca chiunque sarebbe spacciato, ma Renzi che per quasi vent’anni ha costruito la sua carriera politica in queste condizioni forse non lo è; a meno che…
A meno che uno qualunque, da destra o dai grillini, alzi la mano e si pronunci filo-europeo. Per ora quest’eventualità pare remota, perché l’Europa è una carta bacata nelle polemiche italiane, essendo vista come l’origine di tutti i mali italiani. Inoltre Renzi non ha rotto con Bruxelles, e in caso di tentativo di sorpasso sull’Europa lui farebbe sempre in tempo a riposizionarsi. Né all’Europa, assediata da tensioni da mille parti, vale la pena di forzare le polemiche con Roma.
Quindi si torna alle elezioni amministrative e alla minaccia dell’ondata di immigrazione dalla Libia. Qui Renzi ha ora circa cinque mesi di assedio continuato. In realtà poi, viste come stanno le cose, Renzi potrebbe sopravvivere anche all’ondata di immigrazione e alla perdita di tante città, tranne Roma. La capitale, che per di più ora ospita l’anno santo, sembra il premio vero delle amministrative, nulla conta come vincere o perdere qui.
Così oggi, come quasi un secolo fa per altri, anche per Renzi alla fine quello che conta è: o Roma o morte.
(traduzione dal cinese di Francesco Sisci)