O prendere l’Italia o sparire. Questa, in pochissime parole, la sfida che affrontano i loquaci M5s nei prossimi mesi. Non ci sono infingimenti, né c’è più tempo per aspettare.

Alle prossime elezioni amministrative il movimento dell’ex attore diventato politico, Beppe Grillo, secondo alcuni sondaggi potrebbe conquistare alcune grandi città come Roma e Napoli, da cui provengono anche i suoi due maggiori leader al parlamento, rispettivamente Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio.



Eppure non è chiaro se il movimento candiderà Di Battista e Di Maio forse per il timore di perdere, e quindi bruciare uno dei capi. O forse anche per paura, in caso di vittoria, di dovere gestire città molto complicate, dove è facilissimo sbagliare e quindi eliminare ogni speranza di andare poi a guidare l’Italia.



Sono preoccupazioni comprensibili e ragionevoli, ma alle quali purtroppo per il M5s non ci sono sconti. L’Italia è infatti più difficile e tortuosa di Roma e Napoli messe insieme quindi gli italiani hanno diritto di toccare con mano se e in che misura il movimento è capace o meno di affrontare le sfide enormi del paese.

Nell’ultimo secolo almeno le nuove formazioni sono arrivate al governo sempre con una qualche esperienza o con una forma di tutela da poteri forti, nel bene o nel male.

I fascisti, uomini nuovi, presero il parlamento grazie alla benedizione attiva del re e di alcuni generali. I democristiani, anche loro digiuni di gestione di un paese, furono guidati per mano dalla Chiesa e dagli americani. Forza Italia ereditò in maniera massiccia i quadri della Dc e dei socialisti, mentre il PDd arrivò a prendere Palazzo Chigi dopo molti anni di tante entità locali guidate in maniera saggia ed efficiente.



In Cina l’intero processo è organizzato in maniera sistematica. I futuri leader del paese sono selezionati attraverso un cursus honorum che li porta ad essere esaminati e giudicati passando dalla guida di amministrazioni sempre più grandi e difficili.

L’attuale presidente Xi Jinping alla fine degli anni 80 era capo del distretto di Zhengding, una contea non lontano da Pechino. Da qui passò a essere vicegovernatore della provincia meridionale del Fujian, quindi capo del partito del Fujian, e poi leader del partito dello Zhejiang, più grande e più ricco, intorno a Shanghai. Da qui fece un breve periodo alla guida di Shanghai per poi passare a capo della Scuola centrale del partito e vice presidente dello stato. Solo alla fine è arrivato a governare la Cina. Certo il sistema cinese non è esportabile, né i cinesi pensano di esportarlo, ma anche in America, nelle attuali elezioni presidenziali, la mancanza di esperienza nel governo è diventato un discrimine importante per la scelta del futuro capo dello Stato.

Di Maio e Di Battista, che potrebbero ambire alla presidenza del Consiglio, secondo le ambizioni del movimento, non hanno né poteri forti che li sostengono e li guidano, né hanno alcuna esperienza di governo. Inoltre non appaiono perfetti. Di Maio è più articolato, con la sintassi a posto, è davvero giovanissimo, meno che trentenne. Con tutta la buona volontà, è giusto dare il paese in mano a un ragazzino? Di Battista, più vecchio e in teoria più maturo, ha un eloquio passionale e sgrammaticato, al limite dell’incomprensibile. Incespica sulle ipotassi e tradisce scuole con scarso profitto o vere vacanze logiche.

Entrambe le cose possono essere peccati veniali, apparenze. Ma come dicevano in Inghilterra all’inizio della rivoluzione industriale: solo i superficiali non badano alle apparenze. Esse sono sempre messaggi profondi, subliminali, come sanno bene i leader manipolanti del M5s che hanno scelto per sé immagini iconiche; cespuglio di capelli e barba lunga per Grillo, e bianca chioma irsuta e spiritata per Casaleggio.

Quindi per sciogliere nodi e dubbi il duo Di Maio e Di Battista deve candidarsi a Napoli e Roma: che vinca e mostri e al mondo come il M5s saprà poi governare lo Stato. Se i due falliscono il paese si è risparmiato un altro esperimento di dilettanti allo sbaraglio; se hanno successo potranno prendersi l’Italia a mani basse.

Se infine il M5s cerca di sottrarsi a questo esame merita di sparire, perché sarebbe come il bambino che evita l’interrogazione e poi vuole comunque essere promosso. Molti italiani in cuor loro hanno sempre desiderato per sé questo risultato, ma poi nessuno vuole essere curato dal dottore che si è comprato la laurea. Inoltre, come dimostra il caso del medico-sindaco Marino, governare Roma è molto più complicato che curare un paziente.