Il presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi ha incontrato a Cagliari il presidente cinese Xi Jinping, in uno scalo che avrebbe dovuto essere tecnico e invece si è riempito alla meglio di un informe significato politico.

Si tratta, ahinoi, di un incontro sostanzialmente fatto sul predellino, proprio perché fermandosi in Italia Xi non poteva rifiutare Renzi che si è detto disposto a correre da lui. Renzi del resto non è il primo in queste avventure. Un paio di anni fa il suo predecessore Enrico Letta era andato a Trieste per vedere il presidente russo Vladimir Putin che non aveva tempo per incontrarlo a Roma.



In entrambi i casi paiono incontri costruiti per dire al pubblico italiano: il vostro capo del governo è importante. In realtà, a chi gratta appena la superficie si dimostra purtroppo il contrario, perché questi capi di governo stranieri non si prendono il tempo per una visita di stato a Roma.

Non sappiamo perché Putin non volesse incontrare Letta, ma perché Xi non volesse incontrare Renzi pare semplice: perché non ci sono contenuti. Diversamente, ci sarebbe stata una visita vera e propria.



Xi infatti ha duramente represso tutte le visite turistiche, mascherate da impegni di stato o di governo, dei suoi sottoposti. Quindi il presidente per fare una visita di stato (per esempio in Italia) deve dimostrare a sé e ai suoi che ce n’è bisogno, che è davvero una questione di stato. Ma per questo occorre preparazione, contenuti, cose da fare e decidere. Tutto questo non c’è. E per la verità non c’era nemmeno prima di Renzi.

Dopo la fine del vecchio sistema dei partiti, l’Italia non ha organizzato alcuna politica di ampio respiro, nessuna strategia verso l’estero. Verso altri paesi che questa politica non ci sia è meno importante, perché nei confronti di Stati Uniti, Europa o Russia i rapporti sono comunque incanalati e la cosa essenziale è non deviare. Ma con paesi come la Cina si tratta invece di costruire programmi, cosa che non è stata nemmeno cominciata nonostante se ne parli da circa 20 anni!



La Cina sta facendo tanti investimenti ma sono iniziative individuali, che non hanno bisogno dell’accordo del presidente. Pechino sarebbe stata interessata al porto di Taranto, dove società di Taiwan e Hong Kong avevano investito, ma per motivi misteriosi dopo quasi vent’anni i lavori infrastrutturali non sono neppure cominciati.

Renzi ha chiuso un accordo per la vendita del vino sulla piattaforma online Ali Baba. Benissimo, ma cosa c’entra Xi con questo? Xi non può fare la pubblicità del vino italiano o di un altro paese. Il vino francese domina il mercato cinese perché Parigi è arrivata in Cina 40 anni fa, con investimenti massicci in terreni, produzioni locali e con un processo di educazione che ha insegnato ai cinesi che il vino si beve a partire dal sapore del Bordeaux. L’Italia avrà bisogno di molti anni per fare lo stesso. 

La storia dei treni italiani mancati in Cina non comincia certo con Renzi, il quale è solo l’ultimo, più recente, vagone. Se l’Italia volesse mai fare qualcosa di serio dovrebbe attrezzarsi a correre una maratona, perché la Cina lavora così: sugli scatti, le improvvisazioni, dove l’Italia è maestra, la Cina non c’è. Un tempo, quando l’Italia era una potenza media e la Cina un’affaticata emergente, si sarebbe potuto spingere Pechino ad adattarsi ai modi italiani, ma oggi pare molto più difficile.

Infine, questo mezzo incontro servirà a dare al premier un po’ di titoli in un momento per lui delicato, e forse andrà bene così. Per l’Italia sarà un po’ peggio perché al prossimo incontro si dovrà dimostrare con più forza e fatica che davvero c’è qualcosa per cui occorre parlarsi di persona.