L’Italia è sembrata sfilacciarsi tutta di colpo. A Roma la giunta Raggi è stata azzoppata dallo scandalo del suo capo di gabinetto Marra, arrestato per corruzione. A Milano il sindaco stesso Sala si è autosospeso (e poi è rientrato) per uno scandalo che sembra ormai investire in pieno l’Expo del 2015. Il governo Gentiloni è stato colpito dalla bizzarra vicenda di un ministro dell’Istruzione certamente senza la laurea e forse senza nemmeno una licenza liceale.
La destra resterà forse indenne da questo fuoco di fila, semplicemente perché ha quasi smesso di esistere.
L’ex premier Matteo Renzi, forse ex speranza d’Italia, si è dimesso. Eppure forse l’ha fatto solo a metà, perché ha lasciato i suoi Dioscuri al governo: la Boschi e Lotti. Il lascito potrebbe essergli forse fatale visto quanto è controverso. La loro presenza al governo dimostra che Renzi è debole o si sente debole. Se non si fida di Gentiloni, suo grande sodale da tempi antichi, che cosa può fare? C’è un dato cinico della politica: la gente ti volta le spalle? Certo! Ma bisogna non dargli motivo per farlo. Quindi o Renzi ritrova (o forse trova per la prima volta) se stesso e si dà una vera scossa, o non ne esce più.
Sulla base di tutto questo, davvero si può dire che è la fine della seconda repubblica, come per esempio Antonio Polito ha tanto bene spiegato di recente?
Se è così, come la fine della prima repubblica e l’inizio della seconda furono sanciti dai giudici che indagavano su Mani Pulite, allo stesso modo, circa 25 anni dopo, la fine della seconda e l’inizio della terza sarà sancito sempre dai giudici, stavolta della Corte costituzionale.
Essi decideranno nelle prossime settimane sulla questione più importante, la legge elettorale: condizione chiave per scegliere il nuovo parlamento e quindi anche per determinare chi vincerà e governerà. Dopo una generazione la politica dimostra di essere ancora molto debole e la magistratura è ancora supplente.
Questa debolezza della politica è un fattore chiave nel considerare la futura legge elettorale. I partiti oltre a pensare alle cose facili, tipo i numeri da prendere per non perdere, devono capire come fare a recuperare il loro abisso di inaffidabilità complessiva (compresi in maniera per ora iniziale quelli di M5s).
Oggi tutti si dimenticano di questo elemento e invece lottano come se si dovesse votare tra due giorni. Quindi sono divisi su una legge che in sostanza, grazie ad un abnorme (e probabilmente incostituzionale) premio di maggioranza, regalava la maggioranza assoluta dei seggi a chi conquistava il 40% dei voti al primo turno.
Prima non piaceva ai grillini, che temevano la vittoria del Pd, ora è il contrario, per questioni di convenienza. Ma bisogna pensare una legge elettorale nel bene del paese, perché semplicemente nessuno sa la propria forza quando si arriverà davvero ai seggi. La vicenda Marra in pochi giorni o poche settimane potrà minacciare davvero il movimento di Grillo che già deve barcamenarsi per provarsi innocente, se pure sciocco, oppure astuto e allora già complice del malaffare.
Quindi resta la questione più ostica: l’Italia cos’è, bipolare, destra e sinistra, o tripolare, aggiungendo i grillini? Forse per dare una risposta sincera a questa domanda dobbiamo capire prima come pensiamo di dividere il modo di sentire in Italia. Esso va separato secondo le tematiche sociali — più o meno attenzione per il mercato o per i disagiati (la vecchia partizione in destra e sinistra) — oppure occorre spaccare il paese in onesti e disonesti, come vorrebbe Grillo?
Vista dalla Cina, pare che la divisione in tre della politica italiana sia il frutto non di una vera tripartizione del sentire ma di una sovrapposizione non digerita del vecchio e del nuovo modo di sentire, sociale o meno, onesti o meno. Questa spaccatura è testimonianza che Grillo, pur non vincitore in assoluto, ha con successo introdotto una nuova visione delle cose. Ma è anche un suo limite, perché questa visione non ha spazzato via la vecchia visione né è riuscita finora nel suo disegno più insidioso e forse anche inconscio — unire in unico bandolo il vecchio sistema destra-sinistra (tutti “disonesti”) contro il nuovo sistema (tutti “onesti”).
Il “finora” poi forse è destinato a essere “mai più”, perché la vicenda Marra a Roma prova che la sindaca Raggi, che sia incapace oppure disonesta, di certo non funzionerà mai. Infatti in sei mesi di governo dopo un anno di campagna elettorale (cioè ormai 18 mesi) la Raggi non ha prodotto un piano sull’ordinaria amministrazione della città, trasporti o rifiuti. Lasciamo perdere poi le iniziative in più che le città si aspettano dai grandi sindaci. Perciò quanto il disastro Raggi contaminerà il Movimento 5 Stelle?
Da lontano pare che il M5s potrebbe prendersi il paese, come se lo era preso Renzi, proprio per il fallimento attuale di Renzi.
Lui diceva di essere rottamatore competente e gli italiani gli hanno dato fiducia. Non stiamo qui a vedere perché ha perso le amministrative e il referendum, ma se i M5s vogliono davvero arrivare al potere devono dimostrare di essere rottamatori (probabile, anche se Marra fa crescere dubbi a proposito) ma anche competenti. Su questo secondo tema i dubbi crescono più velocemente perché ora i leader del movimento, Di Maio e Di Battista (che avevano sostenuto la Raggi), paiono pupi caduti dal pero, e parlano per slogan. Se i grillini non sono sicuri di riuscire su entrambi i fronti, fra sei mesi potrebbero essere molto più deboli. Cosa che li dovrebbe far ripensare a un maggioritario assoluto, come la legge elettorale attuale.
Questi tormenti collettivi riportano a uno spazio che è il vecchio centro moderato, al di là di nomi, sigle e slogan. Nessuna delle due o tre parti può sterminare l’altra, anche perché molti sono intimamente invischiati. Quindi occorre unire l’Italia, serve a tutti, due o tre che siano. Ma come?
C’è un valore etico, è precondizione necessaria ma purtroppo non sufficiente.
Forse occorre finirla con le recriminazioni sul passato e sugli altri. Come il meridionalismo deteriore accusava il Nord per il proprio sottosviluppo, oggi un italianismo deteriore accusa la Germania e l’Europa per le proprie pecche. Sarà tutto vero, per carità, ma poi che si fa? Facciamo una controspedizione dei mille che da Palermo occupi Milano e poi da lì marci verso Berlino? Il nord ci ruba la roba, la Germania ci ruba la roba? Basta! No?
In Cina la divisione della guerra civile durò per decenni, anche come strumento politico maoista per mantenere al potere un sistema forse non corrotto ma certamente inefficiente. Questo venne seppellito con le riforme alla fine degli anni 70. L’Italia vuole passare attraverso decenni tormentati di rivoluzione culturale? Le lotte pro o contro Berlusconi, forse in piccolo e senza il sangue per le strade, sono state questo in Italia.
In Cina la spaccatura tra comunisti e nazionalisti, che aveva ferito il cuore del paese per oltre mezzo secolo, fu cancellato senza atti pubblici formali ma con gesti di sostanza, dando il benvenuto agli ex nemici nazionalisti.
Cioè, ci può essere una decisione pubblica o meno ma occorre tirare una linea. Così fece Togliatti con l’amnistia dopo la seconda guerra mondiale, così fecero i Savoia alla fine dell’800 dopo la repressione del brigantaggio al Sud… e così non ha saputo fare l’Italia dopo la semi-insurrezione nazionale che cominciò nel 1968 e si concluse in sostanza solo nel 1989, con la fine dell’impero sovietico.
In sostanza se la politica non riprende davvero la guida ideale dei grandi processi ci saranno sempre interessi supplenti e bande pronte ad accaparrarsi competenze non proprie. Il tema su cui dibattere, per cui serve una legge elettorale (mezzo e non fine) è: che Italia vogliono gli italiani fra 20 anni? E che mondo ci sarà fra 20 anni? Per questo bisogna lavorare oggi, giorno per giorno, sul terremoto e sulle altre emergenze, ma con l’occhio ad oggi e a domani. Se non si ha questa doppia visione qualunque scelta frana.
Forse solo chi ha questo strabismo salverà l’Italia dallo sfilacciamento progressivo di oggi. Solo con questa visione possiamo scegliere tra le tante formule di leggi elettorali, tutte imperfette, presentate di recente da Luca Ricolfi sul Sole 24 Ore.
Certo tutti devono aspettare la Corte costituzionale, ma tanto è anche parte dell’alto progetto delle leadership del potere. In America o in Inghilterra il sistema schiaccia minoranze forti, del 15-30% dei voti per imporre un sistema bipolare. All’estremo opposto la legge elettorale del dopoguerra favoriva i partitini. Entrambe nascono da preoccupazioni specifiche. Se i leader italiani non sanno cosa vogliono e non sanno prendere atto di dove vogliono essere fra 20 anni, fra sei mesi l’Italia rischia di affondare.