Sarà la distanza, ma il fatto che da lontano osservatori curiosi (se non attenti) come il sottoscritto non riescano a capirci più alcunché della politica italiana forse dovrebbe far suonare un campanello d’allarme. Gli altri, all’estero, e forse anche in Italia, ne capiranno ancora meno.

Forse occorre cominciare con le grandi linee. La polemica sull’Europa aveva già Grillo e Salvini fra i gli accorati tifosi e a cui ora si è aggiunto anche il premier Renzi. A parte che c’è una differenza non banale tra le polemiche antieuropeiste di governo e opposizione, qualcuno in Italia ha fatto seriamente i conti su quello che significherebbe per l’Italia uscire dall’euro?

Il fatto è che senza Ue tutti, ma soprattutto l’Italia, staranno peggio.

Forse ha ragione Lucio Caracciolo il quale da anni predica che la Ue è un sogno mal concepito e portato avanti peggio. Certamente su questo poi c’è la storia dell’Italia stessa che insegna. Con il senno di poi, e con il lume del solo raziocinio, gli italiani sarebbero stati meglio divisi. Di certo sarebbero stati meglio i meridionali: secondo un’indagine del Sole 24 Ore, intorno al 1847, cioè poco prima dell’inizio delle guerre di indipendenza, il Regno di Napoli era ben più ricco e avanzato del Piemonte. L’unità d’Italia ha rovesciato i rapporti e in quasi 170 anni le cose non sono mai più tornate come prima. Detto questo la soluzione per gli ex sudditi di Napoli non è certo il ritorno dei Borbone: se oggi il sud diventasse indipendente sarebbe peggio per tutti, compresi i leghisti che vogliono la secessione.

Così per l’Europa. Senza euro gli italiani sarebbero stati meglio, d’accordo, ma è come dire: se avessimo fatto gol avremmo vinto la partita. Si gioca con le carte che si hanno in mano, e in queste condizioni uscire dall’Europa o fare un passo indietro su Schengen o sugli immigrati è più pericoloso che andare avanti.

Quindi non è popolare, ma è solo populista e demagogico assecondare certe tendenze. Lo si fa però, e lo fa anche Renzi, perché l’obiettivo di tutti è vincere le prossime amministrative. Per Renzi la scommessa è doppia poi, perché vuole associare la scelta dei sindaci al voto per le riforme costituzionali.

Queste riforme non sono un fine di per sé ma la promessa che saranno lo strumento di trasformazioni importanti nel paese. Quali saranno tali trasformazioni non lo sappiamo, e forse è anche giusto così, per non alimentare convulsioni impazzite di polemiche che avvelenerebbero un’aria di dibattito già pestilenziale a sufficienza.

Ma questo ci riporta a una passeggiata sulla corda, in bilico tra l’abisso dell’uscita dall’Europa e l’arrivo al potere di “barbari” pronti al sacco del Paese dopo la sconfitta di Renzi alle amministrative.

Qui tutto appare estremamente fragile, molto più fragile che in passato. Ciò non solo perché, come abbiamo scritto, il premier si è privato dell’essenziale sponda europea, ma perché una serie di polemiche interne a settimane di distanza appaiono ancora non sopite.

La questione di Banca Etruria, con il coinvolgimento del padre del ministro Boschi, è stata placata, forse solo temporaneamente, dal fatto che il renziano di ferro Michele Anzaldi si è scagliato lancia in resta contro un giornalista (Massimo Giannini, ndr) reo di avere infangato il ministro.

La vicenda Boschi non tocca alcuna delle questioni strategiche di fondo del paese, ma c’è comunque una alea doppia. 1) Il governo cammina su un filo, per tutte le questioni che sappiamo e abbiamo detto, 2) il governo ha un cerchio magico fatto da Renzi, la Boschi, Lotti e forse qualcun altro.

In questo castello di equilibri altamente instabili, difese del governo come quella del pretoriano Anzaldi paiono il dito del ragazzino infilato nel foro della diga. Renzi forse dovrebbe almeno pensare a come rafforzare le difese del suo pretoriano, perché chiaramente da sinistra e destra l’attacco sarà ora contro di lui. Senza Anzaldi la Boschi è più fragile; la fragilità della Boschi è quasi immediatamente anche la fragilità di Renzi.

Quindi per amici e nemici, forse nelle prossime settimane tutto potrebbe risolversi in questo: come proteggere o eliminare Anzaldi. Nell’Italia dei geni della tattica, forse più di ogni altra cosa nelle prossime settimane sarà la sua salute pubblica a dirci della salute generale del governo.