Uno spettro aleggia per l’Italia, chiome grigie, irsute e fluttuanti su un velo, di pragmatica, bianco, lo spettro di Gianroberto Casaleggio. Pareva morto e invece è redivivo nella persona del figlio Davide che ha presieduto come erede politico e materiale il nuovo direttorio del M5s.
Da qui, lo confessiamo, la nuova presenza in groppa al fantasma del padre pare una copia italiana della dittatura ereditaria nordcoreana dove da tre generazioni i Kim controllano il paese in base a un culto sciamanico-comunista.
Non sono certo i soli. Anche altrove i titoli politici, come quelli nobiliari di una volta, si passano tra parenti, a cominciare dalla democraticissima America dove Bush figlio ha preso la presidenza dal padre e ora Clinton moglie mira alla presidenza del marito. In Asia è pratica più comune. Il premier giapponese Shinzo Abe deve la sua carriera alla famiglia e in particolare al nonno materno, Nobosuke Kishi, primo ministro negli anni 1957-1960; la dinastia Nehru-Gandhi ha dominato la politica indiana per un secolo, e l’attuale presidente cinese Xi Jinping deve i suoi primi galloni al padre, Xi Zhongxun, compagno d’armi di Mao e capo della difesa di Deng.
Ma gli altri eredi hanno cominciato dal basso e hanno dovuto provare a tutti il proprio valore. Non ci sono stati automatismi per cui morto il padre subentra il figlio allo stesso posto. Questo privilegio, diciamolo, finora è stato riservato solo ai Kim nordcoreani che lo hanno affermato grazie a pratiche misteriche, quasi da faraoni egiziani, per cui Kim Il-Sung nonno e Kim Jong-il figlio sono leader del paese in eterno, quasi come fossero ancora vivi, quasi che il loro spettro aleggi ancora a Pyongyang.
Forse è la stessa cosa per l’anima di Gianroberto? Gli M5s hanno copiato il rito attuale dalle pratiche vetuste della steppa siberiana, da dove i coreani arrivano? O forse il culto antico e lontano è stato adattato in versione neo-gallo celtico.
O forse c’è qualcosa di più banale, e concreto. La proprietà, registrata, quella coi bolli del notaio e che porta guadagni con tasse da pagare all’erario o da aggirare a Panama o giù di lì, del centro nevralgico degli M5s è dei Casaleggio e soci. Nel paese dei legulei e degli Azzeccagarbugli un partito (che dovrebbe organizzare idee nella società) di proprietà privata pare la religione più vera, molto di più di rituali della steppa trapiantati in val Padana.
Forse il motivo vero della promozione al direttorio è questa. Il figlio ha ereditato dal padre le quote della società che controlla la parte internet del partito, vera spina dorsale dell’organizzazione.
Questa, da lontano, pare una religione più pagana e profana di quella della Nord Corea. È la religione del potere e del denaro che sarà pure onesta, ma impossessandosi delle strutture organizzative, il partito, e strutturandole in proprietà privata, violenta ogni spirito della politica. Pare l’onestà dei dittatori, che non rubano niente, e non accettano mazzette, ma è perché tutto è e deve essere loro. Si sostituisce la corruzione parziale a quella assoluta.
Forse non è così, è uno sbaglio di prospettiva. Il partito-proprietà sarà stato un marchingegno dell’inizio per affrettare l’organizzazione ma forse ora dovrebbe essere abbandonato.
Ora che il M5s si appresta a raccogliere grandi successi alle prossime amministrative deve cambiare struttura e diciamolo apertamente: deve abbandonare il fantasma di Casaleggio padre e la carne di Casaleggio figlio, l’uno perché è morto, l’altro perché la politica non può essere l’intestazione di una società per affari. Senza di questo il movimento e l’Italia che si voterà ad esso rischia di impazzire, come chi cerca di mettere insieme due sostanze che non si amalgamano, e alla fine il nuovo composto esplode.