In quei giorni il mondo non penserà all’Italia. Allora sarà la vigilia di una scelta estremamente critica per tutti, perché gli Usa potrebbero eleggere come presidente Donald Trump, un miliardario gradasso e spaccone emerso dalle feste estreme di Manhattan e dall’insofferenza di tanti americani per la propria classe dirigente. Trump promette di rivoluzionare gli Stati Uniti, e il resto del mondo già trema al pensiero, incerto su cosa effettivamente potrebbe fare.

Quindi nessuno, o quasi, fuori da Roma penserà al referendum invece cruciale per il futuro dell’Italia, quello sulla riforma costituzionale.

Pur in teoria oscurato da cotanta prospettiva, che il potere imperiale americano sterzi bruscamente verso l’ignoto, il voto italiano potrebbe essere il primo importante passo per rimettere l’Italia in direzione con se stessa e con l’Unione Europea.

La Ue è infatti minata da tante cose, ma anche dalla difficoltà italiana a rimettere la propria economia e società a posto. Visto che Roma è ben più importante della Grecia e non può essere semplicemente gettata fuori dall’Unione o commissariata.

La costituzione attuale poteva essere ideale per quando venne varata, dopo la seconda guerra mondiale, sotto la minaccia di fascismo e del comunismo, con un sistema di governo bloccato, che escludeva gli estremi. Oggi però è una radice dell’incapacità italiana a governarsi.

La nuova costituzione non deve essere perfetta, o un’opera d’arte decantata da poeti o attori illustri. Deve solo servire a rimettere in moto un motore politico che si è iceppato una generazione fa circa, quando finì la guerra fredda e si sbriciolarono le condizioni di funzionamento della costituzione attuale.

Per questo, per l’Italia e per l’Europa è essenziale che la nuova riforma costituzionale venga approvata. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi che l’ha spinta con grande determinazione ha certamente un merito storico importantissimo, e lo diciamo senza piaggerie, visto che su queste pagine non gli abbiamo certo risparmiato critiche.

Detto questo, il referendum è sulla costituzione e non può essere pro o contro Renzi. Renzi merita o meno di governare al di là della riforma costituzionale, e la nuova costituzione per quanto imperfetta merita di passare al di là della simpatia o meno per Renzi.

Se si associano invece le due cose si moltiplicano inutilmente i rischi. Su entrambi, la nuova costituzione e Renzi, ci sono obiezioni incrociate tanto forti che chi non vuole la nuova costituzione potrebbe votare “no” anche se ha in simpatia Renzi, e viceversa. Se a questa atmosfera particolare si somma un’alea generale, l’altro referendum a cui il mondo assisterà in quei giorni, pro o contro Trump, ecco che le ragioni di pericolo e confusione si moltiplicano all’ennesima potenza.

Il rischio, visto da qui, è infatti che il governo esca penalizzato dalle elezioni amministrative di giugno, con destra e M5s in rimonta. A quel punto nel Pd, già spaccato, potrebbe cominciare a montare un golpe interno che anche se non affoga il governo lo mina profondamente. Tutto questo potrebbe esplodere poi intorno al referendum. 

Il calcolo oggi sembra essere che il referendum debba e possa passare a dispetto delle eventuali antipatie per Renzi, e quindi il premier si rafforzerebbe. Ma in realtà dato che sulla nuova costituzione nessuno capisce alcunché tranne una manciata di esperti, i timori per cambiamenti radicali, ventilati dagli oppositori della nuova costituzione potrebbero coagularsi sul governo. Alla fine l’Italia rischia così di trovarsi senza governo e con la costituzione vecchia.

Inoltre, c’è la possibilità concreta che se pure la riforma costituzionale viene approvata, ciò non avverrà con maggioranze plebiscitarie, ma oscurata da un alto astensionismo, che come è già successo potrebbe essere poco meno del 50%. Quindi la nuova costituzione rischia di essere approvata da un mero 26-27% degli aventi diritto al voto, tale da far traballare la nuova carta e da rappresentare una pietra al collo per il governo.

In questa situazione allora forse Renzi dovrebbe prendere le distanze come governo dal referendum costituzionale. Ciò rafforzerebbe il governo e la nuova costituzione.

Ammesso, poi, che a ottobre il referendum passi e il governo sopravviva si apre la fase più delicata in assoluto, e qui il mistero è veramente fitto.

La nuova costituzione garantisce che il vincitore delle elezioni prenda praticamente quasi tutto. L’assunto finora era che il Pd trionfasse, ma ciò potrebbe non essere più oggi. Potrebbe trionfare il M5s, con la sua voglia di rinnovamento radicale, così come Trump potrebbe sconvolgere ogni cosa negli Usa. Potrebbe rimontare una destra moderata, come sembra possa fare alle elezioni per il sindaco di Milano o ancora meglio a Cosenza, dove in una città per decenni “rossa” la destra sembra pronta a vincere addirittura al primo turno.

Potrebbe però anche essere che il Pd di Renzi, come il premier spera, ce la faccia. Potrebbe essere che le amministrative non gli vadano poi male e che il referendum sia un trionfo. Qui arriva la domanda più grand: allora Renzi che cosa vorrà fare?

Renzi ha dimostrato di essere un principe della tattica, ma la sua strategia qual è?

Questa domanda è fondamentale perché è dietro al successo attuale di Trump e anche all’onda montante del M5s. Se in un momento storico straordinario, come quello attuale, i partiti di governo non propongono idee e strategie altrettanto straordinarie molta gente semplicemente si vota al nuovo, per quanto folle e incoerente esso sia. Renzi è andato al potere promettendo rottamazione, benissimo; e dopo? Dopo avere preso tutto il potere in Italia in autunno cosa farà? L’Italia e l’Europa hanno bisogno di saperlo, ma forse ne ha bisogno anche lui, per sopravvivere a una vittoria, o anche a una sconfitta elettorale.