Nella faida in corso nell’amministrazione comunale di Roma è chiaro che il M5s per rimanere fedele a se stesso avrebbe dovuto licenziare la Raggi e tenere l’assessore al bilancio Minenna.
Il fatto che sia successo il contrario pone oggi il movimento davanti alla turpe alternativa tra scaricare Virginia, la pupetta mannara, come è chiaro che la donna è oggi, e tenersi la purezza dell’idea; oppure tenersi la sindaca e in questo sporcare l’idea fino forse al punto di compromettere il movimento.
La questione Roma è infatti ormai molto difficilmente recuperabile. A poco più di due mesi dall’elezione la nuova giunta non ha fatto in tempo a formarsi che è stata subito squassata da cinque dimissioni (e ora l’assessore all’ambiente Paola Muraro è indagata). Esse gettano un’ombra lunga e molto scura sul “core business” del movimento, onestà-onestà. Allora il movimento dovrebbe in teoria abbandonare la giunta romana o abbandonare l’idea che si possa governare solo con “onestà-onestà”.
Per esempio: la questione dei rifiuti a Roma ad agosto non è stata risolta, è stata tamponata. La Raggi è tornata a piegarsi ai signori del pattume ma non si ha idea di quale sia il progetto di medio lungo termine per la spazzatura della metropoli.
Ci possono essere compromessi e vie di mezzo, la politica è l’arte del possibile, ma il movimento comunque sta subendo, giorno dopo giorno, una ferita profonda dalla vicenda Roma.
In leader carismatico, Beppe Grillo, si è rivelato incapace di scegliere gli uomini giusti. Se ha sbagliato con Virginia Raggi, il personaggio al posto più importante che il movimento stava prendendo in quel momento, che ne sappiamo di altre scelte?
Di certo anche la candidata a Milano era sbagliata, si è ritirata fra i pianti dopo pochi giorni; e la Appendino, chi dice che sia giusta? Torino è una città che si governa da sé, lei cosa sta facendo nella sostanza? Sono giusti Di Maio e Di Battista? Sono rampanti, ma sono competenti? Saprebbero governare? Di certo non hanno esperienze o un curriculum professionale.
Forse Grillo dovrebbe ripensare la struttura stessa del suo movimento, perché è questa che viene messa in crisi dalle ombre di Roma. Qui gli esempi del passato non sono certo da imitare pedissequamente ma possono essere utili.
Ci sono gli esempi dei partiti tradizionali, fatti da nuclei concentrici di dirigenti e militanti tenuti insieme da una disciplina di partito, più o meno stretta. Questi sono creati da un gruppo di “fondatori”, circondati da altri che sono cooptati o vi fanno richiesta sulla base di competenze specifiche. In Italia questi dirigenti di “seconda battuta”, dopo i fondatori, sono stati intellettuali o alti professionisti, come Minenna appunto.
A spanne lo stesso schema è stato anche usato a Berlusconi e Forza Italia dove il primo nucleo era formato da dirigenti di Mediaset e poi da professori. Quando i partiti tradizionali, o Forza Italia, hanno perso questo schema organizzativo si sono sfasciati.
La forza e longevità di istituzioni complesse è stato sempre basarsi non sugli uomini ma sulle strutture. In Cina tale idea ha il suo fondamento filosofico in Xunzi, il quale teorizza che la natura umana era originariamente cattiva e andava forzata verso il bene da una serie di costrizioni esterne. Questo principio creò un cambiamento fondamentale nell’organizzazione dello stato cinese, che dall’affidarsi alle persone “buone” passò all’affidarsi alle strutture “buone”.
Nel leggere questa idea poi anche alla luce delle evoluzioni successive, si può pensare che la natura umana cattiva sia solo l’assunto per convincere stati e governanti ad affidarsi a sistemi burocratici efficienti più che credere esclusivamente a uomini carismatici che operino miracoli impossibili.
In questo senso, per esempio, il successo di Papa Bergoglio non è solo il miracolo dell’uomo, ma il miracolo che quest’uomo opera con quella struttura e quell’organizzazione che è la Chiesa cattolica. Essa è capace far rimbalzare, moltiplicare e riempire di contenuti crescenti gli spunti del pontefice. Così il successo del Papa è prova dell’efficienza del “sistema Chiesa cattolica”.
Certo tutto può cambiare e migliorarsi, ma l’idea di un movimento destrutturato, come vuole essere M5s, non è poi troppo credibile. Ciò a lume di logica e di passato, come diciamo da anni, e anche a lume dell’esperienza di Roma.
Grillo ha provato ad essere uomo dalle mille risorse e forza vitale, contro ogni attesa. Il movimento ha individuato uno spazio politico di scontento profondissimo che è stato lasciato vuoto da destra e sinistra. In teoria quindi Grillo potrebbe avere forza e capacità di ricominciare.
Ma dovrebbe cominciare a ripensare tutto se non da zero quasi. Non è solo la Raggi o solo Roma il problema e se Grillo, il fondatore, non lo affronta, lui e il suo movimento potrebbero sparire non in una bolla di sapone ma travolti da una valanga di fango dalla quale sarebbe estremamente difficile tirarsi fuori. Il fango c’è, è pronto, è la città di Roma.