Non c’è solo la guerra sul terreno, c’è anche quella diplomatica. Secondo quanto ha reso noto il Financial Times, l’Unione Europea sarebbe pronta a sospendere l’accordo con Mosca per impedire ai cittadini russi di recarsi in Europa con visti turistici. Si tratterebbe, secondo quanto dice il giornale inglese, citando un’alta fonte dell’Ue, di un modo “per punire il popolo russo richiamandolo in questo modo a quanto il suo governo sta facendo in Ucraina”. Una idea che in realtà non trova d’accordo tutti i responsabili esteri dell’Europa, a cominciare dall’Alto rappresentante per la politica estera Ue, Josep Borrell, che ha detto che “vietare l’ingresso a tutti non sarebbe una buona idea”.



Lo pensa anche Enzo Cannizzaroordinario di diritto internazionale nell’Università di Roma La Sapienza, che in questa intervista ci ha detto come “trattandosi di una decisione di politica estera, l’Ue ha la competenza giuridica di prendere una tale decisione, che però non so dire quanto sarebbe saggia”. Insieme a lui abbiamo affrontato anche altri punti inerenti al conflitto.



L’Unione Europea sta discutendo l’idea di sospendere i visti di ingresso nei Paesi membri a tutti i cittadini russi, una idea che non trova tutti d’accordo. Anche lo stesso Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri, Josep Borrell, non si dice del tutto favorevole. Dal punto di vista giuridico e del diritto internazionale che valore avrebbe una decisione del genere?

Ciascuno Stato può sospendere i visti di ingresso nel proprio territorio, a meno che non ci sia un divieto derivante da un trattato. Anche in questo caso, uno Stato può disporre una sospensione dei visti a titolo di contromisura in relazione ad un illecito altrui.



C’è competenza dell’Ue in materia?

L’Unione ha competenza a determinare gli elenchi dei Paesi per i quali gli Stati hanno l’obbligo di richiedere un visto. La Russia è inclusa in tale elenco, quindi gli Stati membri hanno l’obbligo di non ammettere sul proprio territorio cittadini russi sprovvisti di visto. La concessione del visto a un cittadino russo rientra, però, nell’ambito della discrezionalità di ciascuno Stato membro. Tuttavia, la sospensione dei visti adottata in via generale nei confronti dei cittadini russi è però una decisione politica,  può essere presa dall’Unione sulla base della politica estera comune. In altre parole, non si tratta di stabilire se concedere a un cittadino russo un visto, ma di sospendere in via generale la concessione dei visti a tutti i cittadini russi in ragione della guerra mossa dalla Russia all’Ucraina. Tale decisione è lecita sia dal punto di vista internazionale che dell’Unione Europea; se essa sia saggia, non sta a me dirlo. 

Chi la propone vuole in questo modo che i cittadini russi si rendano conto di quello che il loro Paese sta facendo in Ucraina. Chi è contrario dice che non si deve punire per questo tutto il popolo russo. Tra l’altro grazie all’accordo di Schengen i russi riescono ad aggirare il divieto di ingresso che alcuni Paesi hanno già imposto, facendo triangolazioni tra una nazione e l’altra.

Questo non è esatto, a meno che non si abbia la cittadinanza di uno dei Paesi membri dell’Unione. È vero che alcuni Stati dell’Unione, come Malta ad esempio, fanno una politica di facilitazione nell’acquisto della cittadinanza, suscitando le proteste degli altri Stati, nonché della Commissione europea. Il cittadino russo certamente non è un poveraccio, ma chi ha a disposizione forti fondi economici acquisisce agevolmente la cittadinanza maltese e a quel punto nessuno può impedirgli di entrare nel Regno Unito o in Italia. 

Tornando all’idea di punire un intero popolo, c’è una motivazione giuridica valida?

Ogni volta che si tratta di prendere contromisure internazionali il dilemma è sempre se colpire anche i cittadini per gli illeciti operati dai loro rappresentanti al governo ovvero, al contrario, dirigere le contromisure direttamente sulle élites, quelli che prendono decisioni, insomma, e salvaguardare i cittadini innocenti. Ambedue gli argomenti hanno un nucleo di ragionevolezza. I governanti rappresentano i cittadini, i quali sono responsabili per le proprie scelte politiche. D’altro lato, sarebbe incongruo scaricare sui cittadini innocenti le scelte di regimi illiberali, le prime vittime dei quali sono proprio i cittadini. Difatti, degli atti che stabiliscono sanzioni economiche rivolte agli Stati vengono disposte le eccezioni umanitarie. Ad esempio, il blocco del commercio con uno Stato dittatoriale salva l’esportazione di medicine salva vita, e così via.

Un altro argomento in primo piano è quello dei referendum che la Russia vuole tenere nelle zone dell’Ucraina occupate, come già fatto nel 2014 in Crimea. Hanno validità internazionale?

Non hanno alcuna base giuridica internazionale. Una cosa è il significato politico, un’altra quello giuridico, di un referendum. Il diritto internazionale ha come principio l’intangibilità delle frontiere la cui modifica non sia concordata. Che la Crimea abbia una popolazione maggioritaria di etnia russa e che questa voti per l’annessione a Mosca, non cambia il carattere illecito dell’annessione.

Quindi?

I referendum si possono fare per ascoltare la voce del popolo allorché siano organizzati dalla comunità internazionale e cioè dalle Nazioni Unite o tenuti con la presenza di osservatori internazionali indipendenti. Un referendum organizzato dalla sola Russia giuridicamente non vale nulla. 

Putin ha sempre detto dall’inizio del conflitto, e lo ha ripetuto anche recentemente, che “il mondo unipolare è ormai obsoleto e sarà sostituito da un nuovo ordine globale basato sulla giustizia, l’uguaglianza e il percorso sovrano di sviluppo”. Alla luce del conflitto in corso, quanto siamo più vicini o più lontani da queste parole?

Sono parole che classificherei come propaganda. Quando dice queste cose Putin richiama le varie violazioni del divieto dell’uso della forza fatte da Stati occidentali in Afghanistan, in Libia, in Iraq e in Kosovo. Putin sostiene che tali interventi sono illegittimi giuridicamente e non ha torto. Ha torto nel dichiarare che anche la Russia possa fare la stessa cosa. L’unipolarismo che ha sostituito il bipolarismo della guerra fredda è una giustificazione politica. Bisogna riconoscere che gli occidentali non hanno amministrato giuridicamente in modo saggio il proprio potere, lo  hanno disperso e sprecato con guerre senza una chiara strategia che ha irritato il resto del mondo, che non a caso adesso si è avvicinato a Russia e Cina. Ma giuridicamente dobbiamo respingere l’idea che se gli Usa hanno sbagliato in Iraq la Russia ha ragione a sbagliare in Ucraina. Forse siamo sulla linea di un nuovo bipolarismo, ma è argomento che interessa la geopolitica.

(Paolo Vites)

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