Dunque, Giuseppe Conte balla, ma non cadrà. L’idea che qualcuno, in questo momento di estrema delicatezza, possa assumersi la responsabilità della gestione della pandemia appare, infatti, assai remota.
La strategia, fuori e dentro la maggioranza, risulta univoca: continuare il tiro al piccione con il premier. Incalzarlo sulla sospensione del lockdown per poi criticarlo sul mancato coraggio o, dal versante opposto, per l’imprudenza. Un’ottima tattica per far ricadere comunque ogni responsabilità sul presidente del Consiglio e sul suo partito di riferimento. Preservando il resto della maggioranza.
In questo senso vanno letti i molti e autorevoli distinguo sul famigerato Dpcm, il Decreto del presidente del Consiglio dei ministri per la riapertura del 4 maggio: dalle accuse di timidezza del leader Pd, Nicola Zingaretti – asse portante per la tenuta del governo giallo-rosso -, alle bordate a palle incatenate di Matteo Renzi, che ha liquidato il provvedimento di domenica scorsa come “incostituzionale”, alle severe parole dei capigruppo dem alla Camera, Graziano Del Rio, e al Senato, Andrea Marcucci, sino alla presa di distanza del misurato ministro dei Beni culturali e vero perno dell’alleanza di governo, Dario Franceschini, fortemente contrariato sui tempi degli annunci del premier. Insomma, un “tutti contro uno”.
Sì, ma estremamente oculato, ben calmierato. Scientifico, persino: a sinistra come a destra dove – guarda caso – tutto sembra andare in pezzi proprio nel momento più propizio per un disarcionamento. Così, mentre Giorgia Meloni rimprovera a Matteo Salvini l’imprudenza e l’inopportunità di una (solo annunciata) manifestazione di piazza e il leader leghista stigmatizza (non poteva essere altrimenti) il flash mob inscenato nelle stesse ore, e proprio in piazza, dalla stessa Meloni assieme a tutti i parlamentari di Fratelli d’Italia, Silvio Berlusconi appare sempre più impegnato nel deciso smarcamento dal sovranismo europeo (Orban) e italiano (Salvini), reso palese dalla rinuncia a firmare e votare la mozione di sfiducia contro il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, presentata dalla Lega. Dunque, Giuseppe Conte (per il momento) non cadrà!
Il premier camaleontico e incassatore di razza (come si addice a ogni ferreo “regnante”) appare forte della fragilità del suo governo, ma anche della brutalità di un’emergenza da cui tutti si mantengono a debita distanza, la quale – nonostante le non invidiabili gaffe – gli ha comunque permesso di conquistare ampia fiducia tra gli italiani (i sondaggi accreditano a Giuseppe Conte un consenso personale molto alto) ed enorme (quanto inattesa) udienza presso i tavoli che contano in Europa.
Paradossi e dinamiche di cui la politica italiana ci onora da tempo.