Fisco e giustizia, da sempre al centro del programma di Berlusconi, sono le due riforme che Antonio Tajani, vicepresidente di Forza Italia, propone per uscire dalla crisi della pandemia. I partiti rinuncino alle divisioni di parte: con un sistema maggioritario unito a un correttivo in senso proporzionale, potrebbero fare meglio nel garantire la governabilità. In più devono mettersi al servizio dei copri intermedi. Lo dice Tajani rispondendo alle domande del Sussidiario in vista dell’incontro di oggi al Meeting su “Il ruolo dei partiti nella democrazia”. Alle stese domande rispondono anche Matteo Salvini, leader della Lega, e Enrico Letta, segretario del Pd.
Come uscire dalla pandemia ridando vigore e unità al nostro paese? Quali i provvedimenti necessari?
Per l’Italia, il Covid ha conseguenze disastrose: quasi 4,5 milioni di casi, oltre 129mila decessi. Nel 2020, il Pil è crollato dell’8,9%, abbiamo perso mezzo milione di posti di lavoro, hanno chiuso 390mila imprese, un patrimonio di abilità imprenditoriali. Oltre 5,6 milioni di italiani vivono in povertà. Oggi servono misure urgenti per contrastare la crisi e un percorso di riforme che consentano all’Italia di essere competitiva in futuro. Bene il rinvio delle cartelle esattoriali, ma Forza Italia chiede di più: proponiamo un anno fiscale bianco e ribadiamo il nostro no alla tassa di successione. Serve una riforma fiscale per favorire la crescita e la ricapitalizzazione delle imprese italiane. È necessario rivedere l’Ires, la tassazione sui dividendi e lavorare alla progressiva abolizione dell’Irap. Così potremo favorire sviluppo e crescita economica. Solo diminuendo le imposte su imprese e famiglie potremo far ripartire i consumi. I nostri obiettivi sono la flat tax, che porta benefici alla classe media, e una no tax area per i redditi inferiori a 12mila euro. Viviamo la rivoluzione digitale e andiamo verso un nuovo patto verde, necessario per tutelare l’ambiente, come ricordato anche da Papa Francesco. Dobbiamo mettere imprese, cittadini, commercianti, artigiani e agricoltori in condizione di affrontare queste transizioni: servono investimenti in formazione per riqualificare i lavoratori, e premi alle imprese che vanno in direzione di maggiore sostenibilità ambientale e digitalizzazione.
Il Pnrr sarà attuato mediante una struttura commissariale. C’è ancora spazio per un apporto del suo partito? E quali sono le sue riserve più importanti su quanto previsto dal Piano?
Forza Italia è stato il primo partito a presentare un proprio Pnrr, già ai tempi del Governo Conte. A prescindere dal necessario coordinamento, i partiti continueranno a giocare un ruolo fondamentale. Per attuare il Pnrr rispettando i tempi prestabiliti, non si può fare a meno di approvare riforme in tempi rapidi. Penso al Codice degli appalti: per attuare il Pnrr serve riformarlo in tempi brevi, magari applicando la Direttiva europea sugli appalti. Il Pnrr deve creare posti di lavoro e colmare il nostro gap infrastrutturale, soprattutto al Sud. Per questo, avremmo desiderato che vi fosse inserito anche il ponte sullo stretto di Messina, per attivare il volano socio-economico in tutto il Mezzogiorno e creare migliaia di posti di lavoro tra imprese coinvolte e indotto (ferriere, acciaierie, cementiere, commercio, turismo, terziario, hi-tech). Un volano di sviluppo anche turistico che porterebbe anche una maggiore capacità di attrarre quote di commercio nel Mediterraneo. Condividiamo l’impostazione del Pnrr e lavoriamo per garantire che i fondi rilancino l’economia reale per dare nuove opportunità ai giovani ed estirpare così la cultura dell’assistenzialismo.
Quale cambiamento spetta ai partiti in questa fase di grande emergenza?
In questa fase, abbiamo deciso di rinunciare alle divisioni di parte. Il nostro ingresso al Governo ha portato cambiamenti positivi. Penso al piano da mezzo milione di vaccinazioni al giorno, coordinato dal generale Figliuolo. Quel piano è stato preparato dal dipartimento Sanità di Forza Italia. Per essere davvero al servizio dei cittadini, dobbiamo proporre progetti concreti, come abbiamo fatto in Europa nel Partito popolare europeo. Siamo stati i primi a proporre il Next Generation Eu, un passaggio storico: per la prima volta emettiamo debito in comune, fino a 18 mesi fa era impensabile. Questa è l’Europa che funziona. Ora dobbiamo riflettere su come dare continuità a questi strumenti. Sono ottimista: siamo già riusciti a convincere anche i più riottosi tifosi dell’austerità. A livello nazionale, dobbiamo andare verso una grande riforma della Pubblica amministrazione, per eliminare quei lacci e lacciuoli burocratici che ostacolano imprese e cittadini. In questo senso va anche la riforma della giustizia. È un buon punto di partenza. Oggi, le lentezze della giustizia italiana costano 2,4 punti percentuali di Pil. Per questo, Forza Italia sostiene i quesiti referendari per una giustizia – finalmente – giusta.
Qual è il sistema elettorale che ritiene più adeguato al paese?
È difficile pensare oggi alla legge elettorale perché servono prima di tutto le riforme per il rilancio del Paese. Personalmente, sono sempre stato a favore di un sistema maggioritario, per un sano bipolarismo fra il centrodestra e le sinistre. Si può pensare a qualche correttivo in senso proporzionale, ma l’importante è una legge elettorale che garantisca governabilità.
Come ripristinare un rapporto costruttivo tra partiti, istituzioni, società civile e corpi intermedi? Il governo Draghi va in questa direzione?
Il Governo Draghi sta ripristinando un principio di serietà della politica. Come ha ricordato ieri il cardinale Bassetti, i cittadini vogliono fatti concreti. Lottare tutti insieme contro il Covid e la crisi economica non limita l’azione dei partiti che, anzi, in questa fase drammatica devono riavvicinare cittadini e istituzioni. Il contributo di cooperative, sindacati, imprese, enti di ricerca è prezioso: serve un dialogo più stretto fra tutti per rispondere alle esigenze dei cittadini. In questa direzione va anche l’ambizioso progetto del partito unico del centrodestra per il 2023. Dobbiamo mettere in campo contenuti chiari: la nostra stella polare è l’Europa. L’unità del centrodestra è fondamentale per il futuro del nostro Paese. Dobbiamo progettare l’Italia del 2050. Questo ci farà contare di più anche in Europa. I fatti drammatici in Afghanistan ci dimostrano quanto è importante il ruolo dell’Ue in Africa e Medio Oriente. Per evitare che il Sahel si trasformi in nuovo Afghanistan, con esodi incontrollabili sulla rotta mediterranea, è necessario cambiare metodo. Per questo, all’Ue serve un dispositivo di difesa comune. Al contempo, dobbiamo finanziare le infrastrutture in Africa (ospedali, linee ferroviarie etc.) attraverso un grande piano pari ad almeno la metà del Next Generation Eu. Le risorse si potrebbero reperire attraverso ulteriori emissioni di eurobonds. Così facendo, rilanceremmo la presenza europea a livello globale, daremo all’Italia un ruolo privilegiato e creeremo le condizioni per far cessare le onde migratorie, creando valore aggiunto e portando benessere nel Mediterraneo.
Pluralismo e sussidiarietà sono da sempre principi ispiratori della politica difesi dal Meeting di Rimini. Cosa significa per lei metterli al servizio del bene comune?
Pluralismo e sussidiarietà sono i fondamenti della democrazia. Senza questi due principi non funziona la società. Tutti i cittadini devono sentirsi rappresentati. Mi auguro che il processo in corso della Conferenza sul futuro dell’Europa possa dare voce alle istanze di tutti gli europei, a partire dagli italiani. Il principio di sussidiarietà consente un bilanciamento dei poteri e una ripartizione delle competenze. Per gestire al meglio la cosa pubblica serve che i corpi intermedi che si trovano tra il singolo cittadino e lo Stato siano protagonisti. Servizi come l’istruzione, l’assistenza sanitaria, i servizi sociali vanno sostenuti a livello locale. Solo così garantiremo che il fulcro dell’ordinamento giuridico sia la persona, l’individuo inteso nelle sue relazioni familiari, scolastiche e sociali. Il Covid ci insegna quanto è prezioso il contributo di chi è più vicino alle persone. Penso al lavoro straordinario che medici, infermieri e operatori sanitari stanno facendo da un anno e mezzo in questa guerra al virus. Sono, semplicemente, insostituibili. Ma anche ai tanti sindaci e amministratori che in questi mesi di pandemia sono stati il primo baluardo dello Stato nei territori, rischiando anche in prima persona.
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