Che le cose si stessero mettendo male per Catello Maresca lo si è capito l’altro giorno, quando l’europarlamentare di Forza Italia e uomo forte a Napoli del centrodestra Fulvio Martusciello ha fatto circolare nelle redazioni dei giornali locali un sondaggio commissionato a Tecnè-Dire, che ha testato tutte le diverse ipotesi alternative alla candidatura del magistrato anticamorra.
Dal sondaggio risulta che Maresca, senza il sostegno dei partiti del centro-destra, non supererebbe uno striminzito 8% e non andrebbe neanche al ballottaggio, perché scavalcato da Rastrelli (FdI) e Bassolino (Ind.). Al contrario la candidatura del figlio del defunto ex presidente della Regione con il solo sostegno di Fratelli d’Italia raggiungerebbe comunque il 14% e se si schierasse con lui tutto il centrodestra potrebbe arrivare al ballottaggio con il 25%.
Così Martusciello ha consumato la sua vendetta nei confronti del magistrato napoletano. Maresca si era fidato troppo del sostegno leale di Salvini e delle rincuoranti telefonate avute con Berlusconi. Ancora una volta bisogna prendere atto – e dispiace che a pagarne le conseguenze sia un giovane e valido magistrato anticamorra – che Forza Italia è un partito in disfacimento e che i signorotti che contano ancora qualcosa, soprattutto al Sud, sono intenzionati a vendere cara la pelle. E in particolare non hanno nessuna intenzione di venderla a Salvini.
La strana alleanza che si è costituita a Napoli tra la Meloni e i gruppi di sbandati di Forza Italia ha così ottenuto il risultato di affondare la candidatura di Maresca, il candidato che aveva detto chiaramente che non avrebbe voluto i simboli di partito (togliendo voti alla personale corsa alla leadership della Meloni) e che avrebbe tolto dalle liste gli inquisiti (quasi tutti gli amici di Martusciello & co).
Rimane da capire come è possibile che il centrodestra sia così autolesionista e stia gestendo le prossime amministrative rinunciando ovunque a battersi per la vittoria. A Napoli, una volta tanto che aveva trovato disponibile un candidato forte e di qualità, se lo è lasciato sfuggire nel modo peggiore. A Milano ancora non riesce ad esprimere un nome, a Roma Salvini e Berlusconi si sono lasciati imporre un candidato scadente come Michetti dalla Meloni.
Le possibili spiegazioni sono due. La prima è che ormai il centrodestra è saldamente nelle mani della Meloni, che sta capitalizzando la posizione di opposizione al governo Draghi, e sta aggregando tutti i pezzi del centrodestra che fuggono da Salvini e non credono più in Berlusconi.
La seconda ragione riguarda Salvini. La svolta con cui si è predisposto al sostegno del governo Draghi non sta dando i risultati sperati. È un pesce fuor d’acqua. Così oltre un terzo dei voti presi alle europee del 2019 sono volati via e la Lega oggi combatte per il primo posto con Pd e FdI. Lo sfondamento al Sud non c’è stato e al Nord la svolta di governo ha consegnato la Lega a Giorgetti. In una situazione normale sarebbe già stato costretto alle dimissioni.
Rimane da dire solo che le cose nel centrodestra si stanno mettendo proprio come sperava Enrico Letta. La politicizzazione voluta dal nuovo segretario del Pd in questi mesi ha oggi una spiegazione logica, visto che probabilmente il futuro scontro elettorale sarà con un centrodestra a guida fascista. E bisogna dargli atto di averci visto giusto.
C’è poco da aggiungere. La vita del governo non sarà facile nei prossimi mesi, i partiti pensano già al dopo-Draghi mentre tocca al premier fronteggiare le scelta più difficili ora che la straordinarietà della situazione sta lasciando il passo ad un sempre più critico ritorno alla normalità.
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