La fotografia a sette giorni dalle primarie del Pd è praticamente questa: la Schlein rimonta giorno dopo giorno lo svantaggio accumulato nel voto dei circoli tra gli iscritti; i sondaggisti litigano tra di loro prevedendo risultati praticamente opposti; nonostante la sconfitta alle regionali, il Pd ha dimostrato di essere ancora vivo e di essere in grado di respingere il “fuoco amico” degli alleati. Ma quello che sta aiutando ancora di più a rianimare il clima del congresso, e a spingere alla partecipazione il popolo di sinistra, sono le scelte e i comportamenti del governo Meloni.
Andiamo con ordine. La Schlein recupera voti. Ieri sono arrivati anche il sostegno di Emma Marrone, Paola Turci e Selvaggia Lucarelli. Alla manifestazione di ieri sera a Roma in un’affollata piazza Testaccio, per la prima volta la giovane candidata è apparsa brillante. Vale ancora la regola che chi insegue ha sempre un vantaggio in più. E la Schlein sembra aver messo decisamente la freccia per sorpassare Bonaccini.
In particolare sta pesando nel dibattito tra gli elettori del Pd il tema di chi tra i candidati alla segreteria dà le maggiori garanzie che non si ripetano gli errori del passato. Il tema ha una sua attualità. Perché è vero che sono trascorsi appena cento giorni o poco più dalla nascita del governo Meloni, ma già iniziano a vedersi le prime serie crepe tra i partner della maggioranza di centrodestra. Insomma ritorna di attualità la minaccia (il fantasma) di nuovi governi di emergenza, di unità nazionale, di responsabilità, del presidente è così via. Gli elettori de Pd non ne vogliono più sapere. E sono in pochi a credere che con Bonaccini ciò non riaccadrebbe.
In questi giorni hanno pesato molto nel dibattito le dichiarazioni – tra cui quella di Letta – di alcuni dirigenti che si sono espressi positivamente sulla Meloni. Ma a tranquillizzare il Pd sul suo futuro ci hanno pensato anche Calenda e Renzi. Da un lato i due hanno ripreso a litigare e sembra vacillare l’idea di un partito unico, dall’altro Renzi è sempre più preoccupato di dialogare con il centrodestra e di giocare un ruolo nell’attuale maggioranza.
Torniamo ora al voto degli iscritti. Il risultato parziale (mancano molti circoli del Lazio e della Lombardia, dove è data in vantaggio la Schlein) non lascia dubbi su chi saranno i due candidati chiamati al ballottaggio nelle primarie del 26 febbraio. Sorprende però il risultato delle grandi città – da Milano a Napoli – dove vince la Schlein, risultato accompagnato da una certa ripresa della partecipazione giovanile.
Come andranno le primarie di domenica prossima? Partiamo dalle previsioni di partecipazione. In una situazione considerata catastrofica da molti solo qualche settimana fa, si attendono ai seggi tra un minimo di 850mila ad un massimo di un milione e 200mila elettori. Sarebbe un risultato di tutto rispetto. Se poi il numero dovesse aumentare si potrebbe addirittura parlare di successo.
Per l’esito finale le certezze sulla vittoria di Bonaccini sono rimesse in discussione. A sorpresa Federico Benini della Winpoll ha reso noto venerdì un sondaggio che vede in testa la Schlein 56 a 44. La cosa ha fatto scalpore perché in netto contrasto con il sondaggio di Filippo Masia di MG che invece vede Bonaccini al 65%. I due si sono “beccati” durante la trasmissione “Un giorno da pecora” su Rai1 e si sono lasciati con un salomonico “a futura memoria” e alla verifica dei dati reali la mattina del 27 febbraio.
Quello che è certo è che il congresso/primarie del Pd – a dire il vero unico processo democratico rimasto in vita, quantomeno a sinistra – sembra ancora una volta fare il miracolo e resuscitare un cadavere. Che poi la soluzione che gli elettori del Pd sceglieranno domenica 26 febbraio sia davvero quella giusta, lo capiremo solo con il tempo.
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