Sembra ormai chiaro che il Pd affiderà la guida delle sue liste per l’Europa a figure esterne e indipendenti. Dalla giornalista Lucia Annunziata, che guiderà la lista al Sud, a Cecilia Strada, la figlia de fondatore di Emergency, a cui sarà affidata la lista per il Nord-Ovest, dal cattolico Marco Tarquinio, ex direttore dell’Avvenire ed espressione della Comunità di Sant’Egidio, candidato del Pd in Italia Centrale, a Ilaria Salis, la giovane militante antifascista trattenuta nelle carceri ungheresi da oltre un anno, che probabilmente guiderà la lista del Pd per la Sardegna e la Sicilia.



È proprio la discreta e prudente trattativa condotta con la famiglia Salis, ancora non conclusa in via definitiva, a segnare un nuovo punto a favore del lavoro di Elly Schlein. La giovane attivista di origini sarde è nelle ultime settimane diventata un simbolo di quello che in Europa non si può più tollerare. Al di là di quelle che sono le accuse mosse dagli inquirenti ungheresi, appaiono del tutto calpestate le elementari regoli del processo civile e del trattamento dei detenuti in linea con le direttive europee. Ed ormai è chiaro che il caso ha per lo stesso Orbán un valore politico e la vicenda avrà conseguenze sul ruolo dell’Ungheria nell’Unione.



Molti ricordano, per analogia, il caso di Enzo Tortora nel 1984, quando i radicali candidarono nelle loro liste il noto presentatore televisivo finito in carcere per una vicenda giudiziaria da cui uscì completamente innocente. Come fu per Tortora, l’eventuale elezione della Salis al Parlamento europeo le garantirebbe l’immunità, che determinerebbe l’immediata liberazione e la sospensione del processo ungherese.

Altrettanto carica di significati è la candidatura di Lucia Annunziata. La nota giornalista, che in passato ha ricoperto anche il ruolo di presidente della Rai, ha sciolto positivamente la sua riserva, mossa soprattutto dalla volontà di contribuire al dibattito sulla difesa e al rafforzamento dell’autonomia europea. Portando al dibattito della sinistra europea una competenza fuori discussione. Del resto l’Annunziata gode di un apprezzamento unanime nel gruppo dirigente del partito, anche perché oltre a essere un noto personaggio pubblico, è – come ha ricordato lei stessa recentemente – figlia di un funzionario del Pci di Salerno, ancora amato e apprezzato da molti.



Più controversa la scelta di candidare il cattolico di sinistra Marco Tarquinio. Sono note le sue posizioni e quelle della Comunità di Sant’Egidio su temi delicati come quelli relativi agli inviti alla pace che provengono dal mondo cattolico e dal Papa, sia per la guerra in Ucraina che per quello che succede nella striscia di Gaza. Sono posizioni distanti dalle posizioni ufficiali del partito, come sono distanti le posizioni sostenute su temi delicati come quelli della famiglia e dei diritti civili. Eppure la sua candidatura può rappresentare per il Pd una significativa volontà di dialogo con un mondo cattolico assai sofferente in questi mesi di scelte difficili.

L’unico capolista espressione diretta del partito sarà invece il presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, che guiderà la lista Pd nella circoscrizione Nord-Est. Altri candidati “pesanti” sono alcune figure di amministratori di grandi città come il sindaco di Bari Antonio Decaro e quelli di Firenze Dario Nardella e di Bergamo Giorgio Gori. E poi sembra aver sciolto ogni dubbio lo stesso Nicola Zingaretti, ex segretario de Pd ed ex presidente della Regione Lazio.

Così, tra l’ampio spazio che la segreteria Schlein intende riservare alla folta pattuglia di figure indipendenti e la discesa in campo di nuovi ed elettoralmente forti pezzi da 90, si è inevitabilmente innervosito il gruppo dei parlamentari uscenti, che dava un po’ troppo per scontata la riconferma. Vale un po’ per tutti, da Benifei a De Castro, ma quelle più risentite e pronte a dare battaglia sono principalmente le donne (Picierno, Moretti, Gualmini, Tinagli, Bresso) molte delle quali elette con Renzi nel 2014 e che in qualche modo hanno conservato le loro posizioni per più di una legislatura. E per la cronaca, tutte schierate contro la Schlein e per Bonaccini alle ultime primarie.

In effetti le candidature esterne hanno fatto storcere il naso soprattutto ad alcuni ambienti ostili alla svolta che ha avuto inizio con la vittoria alle primarie del 2023 di Elly Schlein e che hanno puntato da subito sul rapido fallimento della sua segreteria. Il Pd invece cerca da oltre un anno di interpretare il ruolo di principale partito di opposizione conciliando la linea del cosiddetto campo largo con il bisogno di ridare una identità più chiara a un partito che ancora oggi viene indicato come responsabile di ogni scelta di governo dell’ultimo decennio. In compenso per la prima volta i sondaggi sembrano indicare, dopo molti anni, una risalita oltre il fatidico 20%. E questo di per sé rappresenta una soglia di sicurezza per il futuro della Schlein e il suo giovane gruppo dirigente.

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